Un contemporaneo “Avaro” in scena al Manzoni

  • Postato il 19 febbraio 2025
  • Di Panorama
  • 4 Visualizzazioni
Un contemporaneo “Avaro” in scena al Manzoni



Alla domanda: “Perché L’Avaro di Molière?”, il regista Luigi Saravo non ha la minima esitazione: “Fondamentale per la scelta di Molière è stata la presenza nella compagine attoriale di Ugo Dighero e Mariangeles Torres."

"Nel gergo teatrale, esiste un ruolo, chiamato “promiscuo”: è un primo attore con doti da caratterista. I grandi personaggi di Molière hanno bisogno di “promiscui”, di ruoli che non possono essere attribuiti a comici puri, attori che sappiano viaggiare su binari molto delicati, capaci di affiancare al percorso della comicità, un approfondimento psicologico del personaggio. Ugo e Mariangeles, in questo, hanno attitudini molto potenti. Ed ecco la prima (grande) ragione per cui ci siamo indirizzati in primis verso Molière. Dopodiché, abbiamo scelto “L’Avaro”, perché non è un testo perfetto, e soprattutto gode della possibilità di essere ricondotto alla nostra epoca.”

C’è stato un grande lavoro sul riadattamento del testo, realizzato da Letizia Russo, che è stata capace di far dialogare il testo molieriano della Parigi di allora, con la nostra contemporaneità, seppur una contemporaneità non ben precisata, che richiama “un oggi, ma non proprio oggi”.

La trama de “L’Avaro” non ha bisogno di grandi spiegazioni. Tutto ruota attorno a due dei grandi temi della vita: l’amore, ma soprattutto il denaro. In una chiave meno poetica e decisamente più moderna, Arpagone incarna lo stereotipo di un’economia conservatrice, ossessionato dall’accumulare, dal non spendere, e pronto per questo a sacrificare la felicità dei propri figli, che si scontra invece con schietti rappresentanti di una visione consumistica, non meno disposti a offrire in sacrificio le gioie del proprio padre (o padrone nel caso dei servi Freccia e Frosina – interpretati da Mariangela Torres), pur di raggiungere i propri scopi.

In scena al Teatro Manzoni da martedì 18 febbraio fino a domenica 2 marzo, lo spettacolo giostra riferimenti temporali diversi, dagli smartphone, agli abiti anni Settanta, agli spot, visti da Arpagone come demoni capaci di fargli dissipare i suoi tesori.

“Arpagone dal punto di vista attoriale è un personaggio interessantissimo.” - racconta Ugo Dighero - “La scrittura è talmente efficace e i meccanismi comici così impressi sulla carta, che non c’è nulla da aggiungere. Questo passare continuamente dalla commedia alla tragedia, crea dei paradossi: gli spettatori si immedesimano e seguono la vicenda di quest’uomo, che sicuramente è un personaggio estremo. Il pubblico empatizza, ride, senza che ci sia bisogno di caratterizzare, o atteggiarsi a macchiette.”

E nonostante la meschinità, l’ossessione e la durezza del personaggio, l’empatia abbraccerà anche Arpagone, perché come sosteneva Franz Kafka: “L’avarizia è sicuramente uno dei sintomi più attendibili di una profonda infelicità.”

Continua a leggere...

Autore
Panorama

Potrebbero anche piacerti