Ue, stretta sui visti Schengen: stop ai Paesi che violano diritti umani e norme internazionali. Israele a rischio?

  • Postato il 10 ottobre 2025
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Il 7 ottobre il Parlamento Ue ha dato il via libera definitivo alla riforma del meccanismo di sospensione della deroga che consente ai cittadini di 61 Paesi terzi, dove figurano anche Israele, Ucraina, Venezuela e Serbia, di viaggiare nello spazio Schengen senza visto per soggiorni brevi. La stretta, definita il “freno di emergenza” dei visti, estende significativamente i motivi per la reintroduzione dell’obbligo di visto, rendendo il meccanismo più flessibile e facile da attivare. Oltre a criteri già esistenti legati alla sicurezza interna, all’aumento dei reati gravi o al mancato allineamento alla politica dei visti del Paese terzo, la revisione introduce le minacce ibride, come la strumentalizzazione dei migranti, i programmi di vendita della cittadinanza noti come “passaporti dorati” (citizenship-by-investment) e, per la prima volta, le gravi violazioni del diritto internazionale, dei diritti umani o del diritto umanitario.

Già nei mesi passati, fonti del Parlamento europeo hanno riferito alla stampa che Israele potrebbe essere uno dei primi Paesi a subire valutazioni sulla base delle nuove regole. Il riferimento è alle accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità in relazione al conflitto a Gaza. L’Unione europea potrà anche sospendere specificamente l’esenzione dal visto per i funzionari governativi ritenuti responsabili di gravi violazioni dei diritti umani. L’applicazione della riforma però non è automatica, ma discrezionale e richiede una valutazione tecnica da parte della Commissione Ue. Tuttavia, la procedura può essere avviata anche su sollecitazione degli Stati membri o attraverso una risoluzione non vincolante del Parlamento. Proprio la dinamica procedurale e il ruolo degli Stati membri potrebbero rappresentare un nuovo banco di prova per l’Unione, dopo la mancata sospensione dell’Accordo di associazione con la Ue soprattuto per la contrarietà di Germania e Italia.

La riforma ha poi obiettivi legati alla gestione dei flussi migratori, con l’intento di esercitare un “effetto dissuasivo” sui Paesi attualmente beneficiari delle esenzioni dal visto e a collaborare con le politiche di contenimento dei flussi e di rimpatrio dei Paesi Ue. Le nuove regole, infatti, abbassano le soglie di attivazione del meccanismo che, ad esempio, può scattare in caso di un aumento del 30% dei cittadini del Paese terzo che soggiornano irregolarmente nella Ue o in caso di un tasso di riconoscimento delle domande d’asilo basso, con la soglia innalzata dal 4% al 20%. Scelta che, secondo i dati dell’Agenzia europea per l’asilo (EUAA) potrebbe avere implicazioni dirette per diversi paesi della lista. Tra questi, nel 2024 risultavano con un tasso di riconoscimento delle domande d’asilo uguale o inferiore al 20% la Colombia, il Perù, il Venezuela e la Georgia.

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Il Fatto Quotidiano

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