Ue, non passa la sfiducia a von der Leyen. Ma per la presidente è una débâcle: crollo dei consensi, solo metà dell’aula vota per salvarla
- Postato il 10 luglio 2025
- Zonaeuro
- Di Il Fatto Quotidiano
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La poltrona di Ursula von der Leyen è salva, il sostegno nei suoi confronti, invece, continua a mostrarsi non così solido. Come previsto, il Parlamento europeo ha respinto la mozione di censura nei confronti della presidente della Commissione Ue presentata dalla destra nell’ambito dello scandalo Pfizergate. Ma il voto di giovedì mattina aveva tutt’altra importanza: serviva a capire di quanta popolarità godesse ancora la capa del Berlaymont all’interno della plenaria. E con 175 voti a favore della mozione, 360 contrari e solo 18 astenuti, il risultato assume i contorni della débâcle. Sono 167 gli eurodeputati che sono usciti dall’aula senza votare, abbassando così la quota dei due terzi dei presenti necessaria per la sfiducia, e solo la metà esatta della Plenaria, 360 su 720, ha deciso di sostenerla.
Anche se ha mantenuto la sua posizione al comando del Berlaymont, la politica tedesca ha assistito a un crollo dei consensi che, oggi, l’ha portata a un livello che non le consentirebbe nemmeno di insediarsi come presidente di Commissione. Dai 401 voti ottenuti a luglio 2024 dopo la sua candidatura da parte del Consiglio Ue, con l’intera squadra di commissari che ne ottenne 370 a settembre, si è passati ad appena 360 eurodeputati che le hanno rinnovato la fiducia, la metà esatta dell’aula, 41 in meno di un anno fa. Che il clima intorno a lei non fosse dei migliori lo si era intuito già da settimane. Le pesanti politiche di riarmo sostenute, se non forzate scavalcando il Parlamento, in questi primi mesi di mandato non sono piaciute alle opposizioni che sono diventate sempre più aggressive, ma anche a una parte della maggioranza, su tutti i Socialisti spagnoli, per niente d’accordo nel sostenere uno sforzo monstre a vantaggio dell’industria della Difesa. Anche lo smantellamento nei fatti del Green Deal ha provocato le proteste, soprattutto nelle ultime settimane, di Socialisti, Verdi e liberali di Renew che non hanno più garantito esplicitamente il proprio sostegno alla presidente.
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