Ucraina, l’Europa si attiva ma c’è lo stop di Mosca: no a soldati Ue in campo

  • Postato il 27 febbraio 2025
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Ucraina, l’Europa si attiva ma c’è lo stop di Mosca: no a soldati Ue in campo

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L’Europa prende in mano la situazione per l’Ucraina ma Mosca non ci sta: niente soltati Ue in campo. La proposta britannica: uno strumento comune per finanziare il settore difesa dei Paesi europei tramite un fondo comunitario


Si è aperta nella giornata di ieri a Città del Capo, in Sudafrica, la riunione dei ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali dei Paesi del G20, ma, nonostante il format economico, questa volta sarà la difesa a tenere banco. Il Cancelliere allo Scacchiere (il ministro del tesoro britannico) Rachel Reeves userà tale occasione per discutere con i partner europei una proposta di Londra per accelerare sul tema della difesa continentale.

L’idea ruoterebbe attorno alla creazione di uno strumento comune per finanziare la ripresa del settore difesa dei Paesi europei, anche se il format non è ancora ben definito. Nelle intenzioni inglesi, questo dovrebbe avere la forma di fondo comunitario, mentre il ministro delle Finanze polacco, Andrzej Domanski, ha parlato di una «banca europea per il riarmo» più orientata, verosimilmente, a una politica di investimenti. La proposta avrebbe comunque carattere extra-comunitario per permettere la partecipazione anche di Paesi (come Londra e Oslo) non appartenenti alla Ue, che ne sarebbe comunque parte.

Che sia necessario uno sprint continentale sembra del resto essere ormai consenso comune. Mentre il premier inglese Keir Starmer ha annunciato martedì l’intenzione di portare al 2.5% la quota del Pil destinata alla difesa entro il 2027, in Germania il Cancelliere in pectore Friedrich Merz ha promesso uno stanziamento straordinario da 200 miliardi di euro per la difesa.
Lo stesso Merz – nel suo primo viaggio all’estero dopo la vittoria elettorale – è andato ieri a Parigi per una cena privata con il presidente francese Emmanuel Macron, con l’evidente intento di cercare di coordinare una risposta comune ai crescenti rischi securitari per l’Europa.

Nella stessa direzione, del resto si è mossa la videoconferenza dei leader dell’Unione convocata ieri dallo stesso Macron per riferire del suo colloquio con Donald Trump avvenuto lunedì.
Il vecchio continente affronta infatti una congiuntura estremamente difficile, stretto tra la persistente minaccia russa a oriente e la brutale indisponibilità segnalata a Ovest dagli Usa di Trump a farsi carico della difesa del continente, prospettiva che solleva gravi dubbi sulla tenuta di Kiev anche in caso di conclusione del conflitto con Mosca che si trascina da tre anni.

Proprio per discutere dello scenario post-bellico, Starmer incontrerà oggi Trump alla Casa Bianca: come Macron prima di lui, anche l’inquilino di Downing Street sottolineerà l’importanza dei legami transatlantici e del contributo europeo alla difesa di Kiev, nonché la necessità di una pace onorevole e con adeguate garanzie di sicurezza per l’Ucraina.
Il leader inglese dovrebbe discutere la possibilità di inviare un contingente di pace europeo di circa 30.000 unità a sorvegliare un’ipotetica zona smilitarizzata nel dopoguerra, proposta già sollevata con Trump dal presidente francese e formalmente avvallata dal tycoon ma che ieri ha ricevuto uno duro stop da parte di Mosca. Il ministro degli Esteri russo Sergeij Lavrov ha infatti escluso perentoriamente che i Paesi europei possano prendere parte a qualsivoglia forza di pace nell’Ucraina post-bellica, dicendo che con queste proposte Londra e Parigi stanno «alimentando il conflitto».

Il messaggio è piuttosto chiaro: il Cremlino ha condotto una guerra lunga e brutale con il dichiarato scopo di prevenire l’adesione di Kiev al blocco occidentale, e dunque la presenza di soldati avversari a ridosso dei propri confini, e ritiene questa linea rossa una precondizione per qualunque intesa di pace, oltre al fatto che – per ovvie ragioni – la Federazione Russa non possa ritenere le nazioni europee come dei sorveglianti imparziali della linea del fronte.
La dura presa di posizione di Mosca, in realtà prevedibile, sembra così far naufragare la prospettiva di una forza di pace europea in Ucraina. Forse anche con un certo sollievo da parte italiana, che verso l’idea dell’invio di truppe sul campo si era sempre mostrata fredda. Il veto russo riapre così la discussione su quantità e qualità delle garanzie di sicurezza che potranno essere offerte a Kiev dopo la guerra.

L’ingresso dell’Ucraina nella Nato, promesso in precedenza, è già stato escluso per la contrarietà di vari Paesi, tra cui gli Stati Uniti stessi. Il Cremlino ha espresso la sua non ostilità a un’adesione all’Unione europea, che però – almeno per il momento – manca degli strumenti per poter garantire una difesa dell’Ucraina in caso di aggressione.

Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky aveva richiesto che precise clausole di garanzie sul piano securitario fossero incluse nell’intesa sulle risorse minerarie ucraine fortemente voluto da Trump, ma la richiesta è stata respinta ieri al mittente: «Non intendo dare molte garanzie di sicurezza. Lo farà l’Europa, l’Europa è il loro vicino» ha dichiarato infatti il Presidente americano.

L’accordo sulla partecipazione di Washington allo sfruttamento delle risorse minerarie di Kiev è rimasto in dubbio fino all’ultimo e dovrebbe essere firmato domani nella capitale americana alla presenza dello stesso Volodymyr Zelensky. L’intesa, dunque, non prevedrebbe accordi di carattere militare, ma soltanto la creazione di un fondo comune ucraino-americano per la gestione dei minerali, dopo la rimodulazione delle richiese più punitive presentante dagli Stati Uniti.
Anche se l’incontro con Trump potrebbe essere l’occasione per il leader ucraino per discutere nuove misure, le parole del tycoon sembrano rimandare chiaramente la palla in campo europeo, in attesa che le tante iniziative che sono state annunciate dal vecchio continente coagulino in qualcosa di concreto.

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