Ucraina, dall'invasione al logoramento

  • Postato il 23 febbraio 2025
  • Di Agi.it
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Ucraina, dall'invasione al logoramento

AGI - Il 24 febbraio 2025 segna il terzo anniversario dall'invasione russa dell'Ucraina, l'inizio di una lunga guerra costata centinaia di migliaia di morti da entrambe le parti. Dal fallimento dell'attacco a Kiev all'assedio di Mariupol, dalla carneficina di Bakhmut all'offensiva ucraina nel Kursk, abbiamo ripercorso gli snodi principali di questi tre anni di conflitto insieme a Giuseppe Spatafora, Research Analyst presso l'EU Institute for Security Studies.

L'invasione

Dopo aver accumulato truppe al confine per mesi, il 24 febbraio 2022 l'esercito russo entra in territorio Ucraino da tre direttrici. Decine di migliaia di soldati puntano da Nord verso Kiev, da Est verso il Donbass e dalla Crimea verso i territori limitrofi alla penisola annessa nel 2014. La cosiddetta "operazione militare speciale" impegna decine di migliaia di uomini e sia Vladimir Putin che molte intelligence occidentali prevedono che le autorita' ucraine collassino in pochi giorni. La realtà si rivela subito molto diversa dalle aspettative del presidente russo.

L'attacco a Kiev viene respinto

Putin spera di prendere la capitale rapidamente e installare un presidente fantoccio al posto di Volodymyr Zelensky. L'esercito ucraino non è più, però, quello raccogliticcio e mal addestrato che nel 2014 si fece soffiare la Crimea dagli "omini verdi" e grosse porzioni delle regioni di Donetsk e Lugansk dai separatisti filorussi. Gli istruttori occidentali hanno fatto bene il loro lavoro e la lunga colonna di carri armati russi diretta verso Kiev subisce gli attacchi di piccoli plotoni di sabotatori e si impantana.

Il compito di costituire una testa di ponte per l'attacco alla capitale viene affidato ai paracadutisti ma il tentativo di prendere l'aeroporto militare di Hostomel fallisce e il contingente russo viene presto circondato dai difensori. L'insuccesso, spiega Spatafora, è dovuto agli "errori di percezione" del leader. "Putin credeva che gli ucraini non fossero un popolo e pensava che non avrebbero resistito di fronte allo strapotere russo", osserva l'analista. Un altro fattore è l'organizzazione militare, prosegue Spatafora: "Quella russa si basa su una centralizzazione delle decisioni mentre, al contrario, le unita' ucraine, almeno quelle che avevano ricevuto un addestramento più occidentale, potevano muoversi in maniera piu' indipendente".

La ritirata dal nord, le stragi e il negoziato

A fine febbraio le forze russe vengono bloccate poco prima che riescano a raggiungere Kiev e si ritirano da molti settori settentrionali dell'Ucraina. Gli ucraini riprendono il controllo di queste aree e scoprono i cadaveri di numerosi civili. I massacri di Bucha e Irpin, la cui responsabilita' e' negata da Mosca, sono una delle ragioni principali, insieme alle esose richieste del Cremlino, che fanno saltare le trattative per un cessate il fuoco avviate ad aprile 2022 con la mediazione della Turchia.

L'avanzata a sud e la battaglia di Mariupol

Se l'attacco da Nord è fallito, molto più successo ha l'iniziativa russa nelle altre due direttrici, ovvero quelle che nei piani di Putin erano secondarie. A Est prosegue l'avanzata nel Donbass, gia' in parte sotto controllo delle milizie separatiste. Ma è a Sud che, nella primavera del 2022, Mosca registra i progressi piu' significativi. Larghe porzioni degli oblast di Zaporizhzhia e Kherson, incluso il capoluogo, cadono nelle mani del Cremlino in seguito a una rapida avanzata. Il 20 maggio 2022, dopo tre mesi di assedio, costato la morte di oltre 20 mila civili, cade la citta' portuale di Mariupol e si arrendono i superstiti del battaglione Azov che ancora opponevano una strenua resistenza nei sotterranei dell'acciaieria Azovstal. Mariupol è ormai ridotta a un cumulo di macerie ma la sua conquista consente alla Russia di raggiungere uno dei suoi obiettivi principali: ottenere un collegamento terrestre tra la Crimea e il territorio della Federazione. -

Le controffensive di Kharkiv e Kherson

Nel settembre 2022, con le forze russe sempre più concentrate sul quadrante Sud Est, l'esercito ucraino libera dall'occupazione quasi tutta la regione nordorientale di Kharkiv. Aggirati lungo un fronte sterminato, i russi, colti di sorpresa, arretrano. Una controffensiva inattesa e spettacolare che, a novembre, viene seguita da una seconda che consente la liberazione di Kherson, occupata pochi mesi prima. "È in questo momento che Putin agita con più forza le minacce nucleari e dichiara l'annessione delle regioni di Kherson, Zaporizhzhia, Donetsk e Lugansk, pur non controllandole del tutto", sottolinea Spatafora. 

La guerra di logoramento

La liberazione di Kherson e la ritirata russa sulla sponda Est del fiume Dnipro sono l'ultimo spostamento davvero significativo della linea di contatto. "Da allora non è cambiato tantissimo", spiega ancora l'analista, "la Russia inizia a trincerarsi in Donbass, dove ha costruito un sistema di fortificazioni formidabile che gli ucraini non sono mai riusciti a superare". "Il conflitto", continua Spatafora, "diventa una guerra di logoramento, destinata a favorire l'attore con maggiori disponibilita' di uomini e risorse", ovvero la Russia, che mobilita i riservisti e svuota le carceri, gettando i detenuti nella mischia. Inizia una campagna di costanti attacchi aerei sulle infrastrutture energetiche ucraine. L'Occidente, da parte sua, colpito dal successo delle controffensive di Kharkiv e Kherson, si convince che Zelensky possa riconquistare tutti i territori perduti e inizia a stanziare miliardi di dollari per fornire a Kiev le armi necessarie.

L'offensiva nel Donbass e il tritacarne di Bakhmut

Nell'estate del 2022 le forze russe erano riuscite a conquistare quasi tutta la regione del Lugansk e buona parte del Donetsk, ovvero quelli che erano stati identificati da Putin come obiettivi principali dell'"operazione speciale" una volta fallito l'attacco a Kiev. In inverno la linea di contatto inizia però a stabilizzarsi anche in questo settore. Epicentro di quella che è ormai diventata un'estenuante guerra di trincea diventa una cittadina che, dopo la caduta in estate di Lysycansk e Severodonetsk, non aveva più grande rilevanza strategica. Nel novembre 2022 inizia la battaglia di Bakhmut, "la più sanguinosa dalla Seconda Guerra Mondiale". Alla conquista di Bakhmut vengono lanciati gli ex galeotti inquadrati nei corpi mercenari del gruppo Wagner. Le macerie della città diventano il palcoscenico dal quale il capo della formazione, Evgenij Prigozhin, lancia strali contro le autorità russe che non gli forniscono abbastanza munizioni. Bakhmut diventa un simbolo di resistenza anche per i soldati ucraini ma, nel maggio 2023, viene espugnata. Il mese successivo Prigozhin avrebbe tentato una marcia su Mosca, seguita due mesi dopo dall'incidente aereo, poi attribuito a un attentato esplosivo, nel quale l'ex "cuoco di Putin" avrebbe trovato la morte insieme ai suoi fedelissimi.

Il fallimento della controffensiva a est

Forte di un sostegno occidentale senza precedenti, nell'estate del 2023 l'esercito ucraino cerca di ripetere nel Donbass il successo delle controffensive di Kharkiv e Kherson. "Fu un errore grossolano sperare che l'Ucraina potesse farcela", spiega Spatafora, "i russi avevano messo su un'eccezionale linea di fortificazioni e schierato una maggiore quantita' di soldati, nove brigate del tutto autosufficienti, e gli ucraini non potevano opporsi a un dispiegamento su scala cosi' grande". Va inoltre considerato, aggiunge l'analista, che Kiev aveva inviato su questo fronte "forze fresche, con poca esperienza sul campo di battaglia, che non sapevano bene che fare". "E' in questo momento che viene compreso in Occidente che la guerra sarebbe durata tanto e da allora molti Paesi hanno avviato discussioni su come produrre munizioni su una scala gigantesca", sottolinea ancora Spatafora, "ed e' qua che inizia quello che e' stato il momento piu' duro per l'Ucraina, a parte le ultime settimane". A novembre il generale, Valery Zaluzhny, capo di stato maggiore ucraino, parla apertamente di "stallo". Zelensky lo accusa di disfattismo e inizia uno scontro che si concludera' con la rimozione di Zaluzhny, oggi ambasciatore di Kiev a Londra.

La caduta di Adiivka e la ripresa dell'iniziativa russa

All'inizio del 2024 si inceppa per qualche mese la macchina degli aiuti occidentali a Kiev. Il Congresso degli Stati Uniti si oppone all'invio di nuovi armamenti e in Europa l'Ungheria di Viktor Orban fa ostruzionismo. La Russia approfitta della situazione e a febbraio si impadronisce della citta' di Adiivka, il piu' significativo successo del Cremlino nel Donetsk dai tempi della conquista di Bakhmut. "Ormai la differenza tra Ucraina e Russia nella disponibilita' di munizioni e' nella scala di un rapporto di uno a dieci", spiega Spatafora, "a maggio una nuova offensiva russa su Kharkiv cerca di aprire un secondo fronte ma viene bloccata dopo 10 chilometri. E' qua che parte la discussione in occidente sul consentire all'Ucraina l'utilizzo di missili a lungo raggio". (AGI)Rus (Segue) (AGI) - Roma, 22 feb.

Gli attacchi ucraini in territorio russo

Le pressanti richieste di Zelensky di armi che consentissero di colpire obiettivi militari in Russia erano sempre state respinte dai suoi alleati per evitare un'escalation. Nel novembre 2024, questa linea rossa viene archiviata per impedire che il fronte di Kharkiv cada e Kiev, grazie ai sistemi missilistici Atacms forniti dagli Usa, inizia a lanciare attacchi nelle regioni russe al confine, come Belgorod, Rostov e Voronezh.

L'offensiva nel Kursk

Alla fine dell'agosto 2024, gli ucraini lanciano un attacco a sorpresa nel Kursk, impadronendosi di vaste aree della regione russa. Le forze del Cremlino, impreparate a un'iniziativa ucraina nel loro territorio, arretrano e sono costrette a ricorrere, a novembre, al sostegno di un contingente nordcoreano per recuperare parte delle zone finite sotto il controllo di Kiev. Zelelnsky intende usarle come moneta di scambio in un negoziato con Mosca che, con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, inizia a diventare una realtà concreta. L'offensiva nel Kursk ha però distolto le ormai dissanguate forze ucraine dal Donbass, dove l'avanzata russa è lenta ma inarrestabile. Slovyansk e Kramatorsk, i principali avamposti ucraini rimasti nel Donetsk, sono però, a oggi, ancora lontani dalla linea del fronte. Mosca, nel frattempo, riprende l'iniziativa anche nella regione di Sumy.

E ora?

"E' difficile aspettarsi un cambiamento di rilievo del fronte in questi giorni", afferma Spatafora, "Trump vuole chiudere la guerra il prima possibile e Putin non intende concedere nulla, vuole che tutte e quattro le province ucraine dichiarate annesse diventino parte integrante del territorio russo, anche se solo il Lugansk è controllato quasi del tutto da Mosca". "A Trump non interessa dove sia il confine e il presidente americano ritiene Zelelsnky un ostacolo alla trattativa", prosegue l'analista, "la sua linea rossa sta nell'impedire il crollo del fronte a Kiev perché sarebbe, per gli Usa, simile al ritiro dall'Afghanistan ma Trump non sembra convinto di dover fare i sacrifici necessari perché questo non avvenga: non vuole che cada Kiev ma non vuole nemmeno fornire le armi per impedirlo".

"Quanto a Putin", conclude Spatafora, "non ha alcun incentivo ad accettare un compromesso e a rispettarlo. Se gli Usa accetteranno un accordo di pace debole e basilare e si ritireranno dall'Ucraina, nulla impedirà alla Russia di riprovarci, una volta conclusa la presidenza di Trump. E, se in futuro Putin riuscirà a impadronirsi dell'Ucraina, la volta successiva potrebbe toccare alla Georgia o ai baltici". 

 

 

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Autore
Agi.it

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