“Ucciso e bruciato per timore che diffondesse un video hot”: tre fermi per l’omicidio del cognato del boss della mafia turca
- Postato il 20 settembre 2025
- Cronaca Nera
- Di Il Fatto Quotidiano
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Avevano paura che diffondesse un video hot. Per questo motivo lo hanno ucciso e hanno dato alle fiamme il cadavere. È una storia di violenza efferata quella ricostruita dagli investigatori dietro all’omicidio di Hayati Aroyo, 62enne italo-turco trovato carbonizzato il 23 luglio scorso in un appartamento a Sesto San Giovanni, in provincia di Milano. La polizia, coordinata dalla procura di Monza, ha fermato tre persone: due uomini di 38 e 33 anni e una donna di 36, accusati di omicidio aggravato, rapina aggravata, incendio e distruzione di cadavere. Dalle indagini è emerso che la vittima era stata colpita da circa trenta coltellate. I suoi aggressori avevano poi tentato di distruggere le prove dando fuoco al corpo senza vita e all’appartamento teatro del delitto. Il movente? Temevano che Aroyo diffondesse un video hot.
La vittima, tra l’altro, era il cognato di un boss della mafia turca, Huseyin Sarai: era stato ucciso a Crotone il 31 gennaio 2005, mentre si trovava su un auto guidata proprio da Aroyo. L’omicidio di quest’ultimo, però, non sarebbe però connesso agli affari criminali del clan. Visto lo stato della salma, carbonizzata, gli agenti erano riusciti ad identificare Aroyo solo alcuni giorni dopo il ritrovamento, grazie alle impronte digitali e alla collaborazione dell’Autorità giudiziaria turca. L’italo turco si trovava in un appartamento che gli era stato prestato da uno studente ventenne, andato in vacanza per due mesi.
Gli investigatori hanno ricostruito la storia della vittima e la sua rete di amicizie, individuando i tre indagati. Residenti nella zona di Busto Arsizio, due di loro sono marito e moglie. Con l’analisi delle telecamere, dei tabulati telefoni e le attività di intercettazione, è stato poi possibile ricostruire gli spostamenti dei tre, individuando i vari ruoli nella notte dell’omicidio. Gli indagati hanno raccontato che Aroyo possedeva un video in cui la donna 36enne era ritratta in atteggiamenti intimi e c’era il timore potesse diffonderlo. Il video, però, non è stato ritrovato. Secondo la ricostruzione degli agenti della Squadra mobile, dopo aver preso un appuntamento, la donna stessa è entrata per prima in casa della vittima e ha lasciato la porta aperta al terzo uomo, di origini albanesi, che ha fatto irruzione nell’appartamento colpendo l’italo-turco con una trentina coltellate. Il marito della donna faceva da palo fuori della casa. Il corpo senza vita di Aroyo sarebbe stato portato sul letto e cosparso di candeggina: la salma veniva poi data alle fiamme, che si diffondevano nell’intero appartamento.
Dalle ricostruzioni emerge anche che la donna con altre persone aveva poi tentato di utilizzare le carte di credito della vittima in alcune sale scommesse e altri esercizi pubblici: da qui era arrivato il primo spunto investigativo agli agenti della Squadra mobile di Milano. Dall’appartamento in cui Aroyo risiedeva, i tre avevano preso denaro, carte di pagamento, un tablet e un telefono cellulare, sospettando che negli apparecchi elettronici vi fosse il filmato intimo. Nel telefono del giovane originario dell’Albania, sequestrato dagli agenti della Squadra mobile in un’altra operazione, sono stati trovati messaggi della donna che commentava l’omicidio dicendo di non aver avuto “la minima impressione” nonostante l’efferatezza dell’accaduto. “Avevo paura di provare pietà ma non l’ho provata. Quando guardavo era per vedere se provavo qualcosa ma nulla”, scriveva la 36enne. La conversazione è agli atti dell’inchiesta. Gli uomini sono stati portati nel carcere di Busto Arsizio e la donna nel carcere di Milano in attesa che il provvedimento di fermo venga convalidato dal giudice per le indagini preliminari.
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