Tutti gli errori della Figc, dal no di Ranieri fino all’ultimo dubbio: la settimana che ha portato a Gattuso ct

  • Postato il 16 giugno 2025
  • Calcio
  • Di Il Fatto Quotidiano
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L’uomo è di tutto rispetto, l’allenatore non è stato finora all’altezza del calciatore e della persona: nove squadre e un solo successo (la Coppa Italia 2020) dal 2013 a oggi. Gennaro Gattuso è il 22esimo ct unico della storia della nazionale. Negli ultimi undici anni, ben sei tecnici (Conte, Ventura, Di Biagio, Mancini, Spalletti e ora Rino), tanto per ribadire la fragilità e la crisi del nostro sistema, con l’unica eccezione della fiammata dell’Europeo 2020 (giocato causa Covid nel 2021). La federazione ha ufficializzato la nomina domenica 15 giugno. Gattuso sarà presentato in una location storica del nostro calcio, l’hotel romano parco dei Principi, dove si sono consumati eventi e intrighi di Palazzo.

L’avvento del nuovo commissario tecnico ha chiuso una settimana di profonda crisi istituzionale, in cui, al netto del sofferto 2-0 sulla Moldova di lunedì 9 giugno, colpi di scena, imprevisti e cadute di stile sono stati il reale filo conduttore. Nel caos, è saltato anche il comunicato di esonero di Luciano Spalletti: non è dettaglio da poco. In altri tempi, uno scivolone come questo non si sarebbe verificato. L’ex ct toscano, con un colpo di mano – e anche con un colpo basso -, aveva annunciato il suo licenziamento nella conferenza stampa di vigilia di Italia-Moldova, scombinando i piani della federazione che aveva però già commesso il primo passo falso, stordita dalla legnata (3-0) ricevuta dagli azzurri in casa della Norvegia. Nel marasma, è infatti mancata la lucidità: perché tutta quella fretta nell’esonerare Spalletti, o anche solo nel comunicare all’allenatore quale sarebbe stato il suo destino? Perché non aspettare il 10 giugno per procedere alla destituzione e poi prendersi il tempo necessario per eleggere il nuovo ct? La nazionale torna in campo il 5 settembre: quasi tre mesi a disposizione per valutare e decidere.

L’auto-annuncio di Spalletti, una roba mai vista a questi livelli, ha dato il via a 48 ore folli, in cui la situazione è scivolata di mano a diversi protagonisti: dai vertici federali a Claudio Ranieri, passando per la Roma dei Friedkin. Il prescelto per il dopo-Spalletti è stato subito individuato in Ranieri, sulla scia anche dei consensi “bulgari” sui social. L’allenatore romano, lusingato dalla possibilità di allungare all’improvviso la carriera con un incarico di prestigio come la panchina dell’Italia, si è messo a disposizione, ma subito dopo, sono scattati i problemi. Come gestire il doppio incarico di ct e di dirigente della Roma? L’apertura iniziale dei Friedkin è stata di breve durata. Le reazioni della piazza romana, critiche nei confronti di un salvatore della patria come Ranieri – ma come, hai rifiutato la conferma con la Roma e ora vai a guidare la Nazionale? – hanno scosso l’allenatore e hanno spinto i Friedkin a un rapido dietrofront. Il no di Ranieri, comunicato via mail alla federazione, è stato dettato soprattutto dalla proprietà statunitense, impegnata nell’ennesima rivoluzione tecnica con l’assunzione di Gian Piero Gasperini – contratto triennale di un certo peso per l’ex allenatore dell’Atalanta – e nella pratica, infinita, dello stadio.

A quel punto, tutto da rifare. Gravina si è ritrovato alla casella di partenza e sono fioccati diversi nomi: Gattuso, De Rossi e Cannavaro come rappresentanti dell’Italia mundial del 2006, Pioli e il ritorno, clamoroso, di Roberto Mancini. L’ex ct aveva fatto atto pubblico di pentimento in una serie di interviste. Gravina è stato tentato dall’opzione-Mancini e alla fine è diventata corsa a due: l’ex ct e Gattuso. La storia del figliol prodigo si rivelata però di non semplice gestione. Le scorie dell’addio dell’agosto 2023 sono ancora vive e l’ipotesi è tramontata. Via libera quindi per Gattuso. L’operazione è andata spedita, con l’unica discussione sulla durata del contratto. Alla fine, si è imposta la linea della federazione: impegno di un anno e eventuale proroga legata all’esito della corsa mondiale. L’Italia ha disposizione sei gare per prenotare almeno i playoff, scenario più probabile di fronte alla differenza reti che ci vede lontani dalla Norvegia, lanciata a punteggio pieno verso Usa, Canada e Messico. Il 5 settembre, il debutto della nazionale “gattusana” a Bergamo, contro l’Estonia. Il 16 novembre, l’ultimo atto, all’Olimpico, contro la squadra scandinava. Poi, come sembra, gli spareggi, che ci hanno già bocciato due volte.

Gravina ha puntato non solo su Gattuso, ma sulla mozione degli affetti: ecco allora il ruolo di super coordinatore di Cesare Prandelli e l’inserimento, in vari ruoli, di Simone Perrotta, Gianluca Zambrotta, Leo Bonucci e Andrea Barzagli. Operazione soccorso azzurro, nella speranza di evitare l’ennesimo naufragio. Lo stato di emergenza impone ora di dare priorità alla qualificazione mondiale, ma per rigenerarsi, il nostro sistema dovrà avviare profondi cambiamenti strutturali e culturali, in grado di impattare sulla crisi tecnica e di vocazione del nostro calcio. L’Italia è davvero all’anno zero. Pensare di risolvere i problemi con la scelta di un ct significa non aver cognizione della realtà. Gravina, l’uomo delle riforme promesse e non mantenute, sta giocando con il fuoco: rischia di passare alla storia come il presidente che ha bucato due mondiali e ha lasciato solo macerie.

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Il Fatto Quotidiano

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