Tutte le ragioni per cui non votare l’8 e il 9 giugno è saggio. L’opinione Bonanni

  • Postato il 24 maggio 2025
  • Politica
  • Di Formiche
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Tanti sono i motivi per cui, l’8 e 9 giugno, non recarsi alle urne rappresenta non solo un diritto, ma anche una scelta consapevole e responsabile. Innanzitutto, colpisce il ruolo assunto dalla Cgil in questa consultazione: un sindacato che, nel raccogliere le firme per il referendum, si è fatto megafono dei partiti di opposizione, piegando la propria missione sindacale a finalità squisitamente politiche. Una torsione che ha incrinato l’unità sindacale con le altre sigle e compromesso l’autonomia, fondamentale per una credibile azione negoziale con governi e imprese.

Ma c’è di più. Dietro la retorica di voler combattere la precarietà, si cela una volontà di riportare indietro le lancette della modernizzazione del lavoro. Se davvero l’obiettivo fosse garantire occupazione stabile e salari dignitosi, allora il fronte del Sì si batterebbe per ben altre priorità: una seria politica industriale, un cambio di passo sull’istruzione e sulla formazione professionale, e un nuovo approccio alla contrattazione, fondato su produttività e valorizzazione del merito. E invece, si punta il dito contro le riforme, senza proporre alternative credibili né sostenibili.

Il ricorso frequente al referendum abrogativo per temi tecnici, scollegati da grandi battaglie civili e sociali, come furono in passato il divorzio o la scelta tra monarchia e repubblica, rischia di banalizzare lo strumento referendario e, al tempo stesso, indebolire il Parlamento. La democrazia si alimenta nella dialettica tra maggioranza e opposizione, nel confronto tra partiti e istituzioni. Sostituire tutto ciò con il “referendum a gettone” è un impoverimento, non un progresso.

In questo clima, anche la disinformazione gioca la sua parte. Si è persino sostenuto, con superficialità, che astenersi sarebbe illecito. Falso. Al contrario, il quorum del 50% previsto dalla legge non è un orpello, ma una garanzia: serve a evitare che minoranze organizzate abroghino leggi votate dal Parlamento, luogo centrale della sovranità popolare. L’astensione, in questo contesto, è dunque pienamente legittima e, in certi casi, necessaria.

Oggi l’Italia affronta sfide decisive: la transizione tecnologica, la competizione globale, la sicurezza energetica, il ruolo da costruire in una dimensione europea che sia davvero all’altezza dei tempi. Davanti a queste urgenze, dedicarsi a un referendum di retroguardia non solo è un lusso che non possiamo permetterci, ma anche una distrazione pericolosa. Per tutto questo, scegliere di non votare è un atto di responsabilità. Non è disinteresse: è la ferma volontà di guardare avanti.

Autore
Formiche

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