Turni massacranti, fabbriche svuotate e subappalti: perché scioperavano gli operai della moda pestati a Montemurlo

  • Postato il 16 settembre 2025
  • Lavoro
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Pugni, calci e un lavoratore portato via in ambulanza. Al terzo giorno di presidio ai cancelli della fabbrica, i dipendenti dell’Alba di Montemurlo, in provincia di Prato, si sono ritrovati davanti a una scena che mai avrebbero immaginato nel corso della loro lotta che, alcuni mesi fa, sembrava anche aver avuto una svolta. E invece sono dovuti tornare a farsi sentire. Quello interrotto dall’aggressione subita era il terzo giorno di presidio: i lavoratori – quasi tutti afgani e bengalesi – erano in sciopero per difendere i propri posti di lavoro e i diritti conquistati, quando si sono trovati davanti la stessa titolare dell’azienda che distruggeva i gazebo del presidio e aggrediva fisicamente gli operai, seguita dall’arrivo di una macchina con persone animate dall’intento di picchiare i manifestanti.

La vertenza dell’Alba Srl – stireria e confezione tessile – affonda le radici in un sistema che il sindacato Sudd Cobas definisce di “sfruttamento”, orchestrato attraverso “scatole cinesi” aziendali. Fino allo scorso gennaio, i lavoratori erano formalmente assunti dalla Forservice Srls, sebbene operassero nello stabilimento dell’Alba sotto la direzione della stessa. Paghe da fame con il contratto delle pulizie applicato a stiratori e cucitori, straordinari non retribuiti e precarietà estrema caratterizzavano le loro condizioni. Prima ancora, erano stati dipendenti della ReStiro Srl, sparita senza pagare Tfr, tredicesime e quattordicesime. Dopo i primi scioperi, a febbraio era stato raggiunto un accordo che portava all’assunzione diretta da parte dell’Alba Srl con contratti a tempo indeterminato e l’applicazione del contratto collettivo nazionale Tessile Industria.

Ma le speranze si sono presto infrante: ad aprile una parte delle macchine da cucire è stata trasferita in un nuovo stabilimento intestato alla stessa Forservice, dove i lavoratori, reclutati da un caporale anche in altre città, sempre secondo i Sudd Cobas, sarebbero costretti a turni di dodici ore e a vivere tra fabbrica e alloggio. “Si tratta di una situazione grave, che rischia di bruciare decine di posti di lavoro regolare sostituendoli con altrettanti posti di sfruttamento”, denuncia il Sudd Cobas Prato Firenze. L’azienda avrebbe infatti avviato un progetto sistematico di svuotamento dello stabilimento principale attraverso subappalti a società controllate, aggirando così l’accordo sindacale.

A confermare questi sospetti, il mancato pagamento da mesi del canone d’affitto dello stabilimento storico e l’apertura contemporanea di altri due stabilimenti sotto diverse ragioni sociali. Gli operai aggrediti cuciono e stirano capi di importanti brand della moda del made in Italy, “quelli che in negozio arrivano a costare quanto un loro stipendio”, sottolinea il sindacato. Per questo motivo, Sudd Cobas non esclude di coinvolgere direttamente i committenti nella vertenza: “I brand non pensino di essere estranei. Quello che è accaduto all’Alba Srl li riguarda direttamente”.

L’episodio si inserisce in un quadro più ampio di violenza contro chi esercita il diritto di sciopero nel distretto pratese: “Ad un anno dall’assalto a bastonate al presidio di Seano, ancora scene di violenza”, ricorda il sindacato, riferendosi a precedenti aggressioni contro lavoratori in lotta. Ora i sindacalisti annunciano l’intenzione di richiedere l’intervento dell’Ispettorato del Lavoro e fanno appello alle istituzioni locali: “Prato non può più essere la città dei diritti negati e della violenza contro chi sciopera. Facciamo appello a tutta la cittadinanza, alla società civile e alle istituzioni a reagire. Siamo pronti alla mobilitazione”. Una battaglia che non riguarda solo una singola fabbrica, ma l’intero sistema della moda Made in Italy, dove “diritti negati, società che chiudono e riaprono sotto altri nomi e violenza contro chi protesta” rappresentano la quotidianità di troppi lavoratori.

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