Truppe Usa in Sudamerica. Dall’Ecuador all’Argentina: i soldati di Washington nei Paesi alleati per contrastare l’avanzata cinese
- Postato il 24 dicembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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L’impronta degli anfibi militari Usa è già in terra sudamericana: minaccia l’uso della forza contro Caracas e i suoi alleati, porta – a suon di miliardi di dollari – le truppe nei Paesi alleati con il pretesto della lotta al “narcoterrorismo“, ma ha un’unica vera finalità: far fuori la Cina, e in minor grado la Russia, tenendo il cortile di casa a riparo da “potenze extraemisferiche”, come previsto dalla National Security Strategy 2025. Quanto all’uso della forza: sappiamo che i riflettori restano accesi sul massiccio dispiegamento statunitense nel Mar dei Caraibi e in una porzione del Pacifico – blocco aereo e navale del Venezuela e raid su imbarcazioni civili – costato oltre un milione di dollari ai contribuenti Usa e che nel lungo periodo potrebbe raggiungere i 40 milioni di dollari, complice la presenza del gruppo d’attacco della portaerei Gerard R. Ford, oltre a decine di destroyer, F-35, B-52B e circa 20mila soldati. Tuttavia il meccanismo più efficace non è tanto l’escalation al Largo del Venezuela, ora incentrata sul petrolio, bensì l’incursione nella regione attraverso i Paesi amici – tra cui Ecuador, Perù e Argentina, dove anche la Cina ha i propri interessi – chiamati a cedere sovranità in cambio di miliardi di dollari.
L’ingresso in Ecuador, Paraguay e Perù.
Poche ore fa l’ambasciata statunitense a Quito ha dato il benvenuto a un primo contingente statunitense delle Forze aeree per prendere parte a “un’operazione temporanea” e “riservata” nella città costiera di Manta per affiancare i militari nella “lotta contro il narcotraffico“, come il capo di Stato Daniel Noboa. L’ingresso di soldati Usa, basato su accordi siglati tra i due Paesi nel 2023, prevede un valore aggiunto di oltre 214 milioni di dollari in assistenza militare, equipaggiamento e programmi di formazione per i soldati. Per gli Usa sarà una convivenza forzata con i cinesi, che prevedono un investimento di 156 milioni di dollari al fine di trasformare la città nella porta d’ingresso del Sudamerica. Proprio a Manta, città che ospiterà le operazioni, vi è una base militare Usa la cui riattivazione era stata sottoposta alla volontà popolare, attraverso il referendum dello scorso 16 novembre, nel quale più del 60% degli elettori ha votato “no”. Anche il Perù, Paese confinante con l’Ecuador, ha annunciato sabato l’ingresso, a partire dal 2026, di soldati statunitensi nel suo territorio in cambio di investimenti per circa 3 miliardi di dollari. Lo schema è quello di Manta, con le mire poste sul porto del “Callao“, dove Pechino ha investito 500 milioni di dollari e la cinese Cosco controlla il 40% del flusso commerciale. La presenza militare Usa si espande anche in Paraguay, dove quest’anno l’import di Pechino ha raggiunto il 34% sul totale, cioè oltre 4 miliardi di dollari. La Asunción ha recentemente sottoscritto uno Status of forces agreement che concede immunità ai soldati statunitensi nel Paese. Nel nome di una “maggiore stabilità nell’emisfero” – parole di Marco Rubio -, l’accordo trasformerà il Paese nell’epicentro della Nsa nella regione.
I casi di Cile e Argentina
Ma l’ossessione Usa in chiave anticinese non è una sorpresa per l’America Latina e, nel passato recente, ha già raggiunto il Cile e l’Argentina, che completano il quadro militare Usa nell’emisfero. Nel caso del Cile, dietro la dicitura innocua di “Esercizio di solidarietà“, è prevista l’integrazione dell’esercito con la dottrina di difesa degli Stati Uniti per un investimento di 5 miliardi e mezzo in materia di difesa. L’obiettivo, esplicitato dall’ammiraglio del SouthCom, Alvin Hosley, è quello di “proteggere il litio” dal predominio cinese, che ammonta a quasi 5 miliardi di dollari. A tale proposito il segretario del Tesoro Usa, Scott Bessent, ha vincolato i sussidi Usa per il Paese alla “diversificazione” del mercato del litio, cercando di evitare il monopolio cinese. Bessent è lo stesso che, in Argentina, ha legato i 40 milioni di prestiti sul Paese – di cui beneficiano anche fondi di investimento come Blackrock e Pimco – all’operazione Tridente mediante la quale Buenos Aires ha consegnato aprendo ai militari Usa le località di Ushuaia. Sul piatto ci sono anche l’estrazione del litio argentino e l’estrazione di gas e petrolio a Vaca Muerta. Il mandato di Bessent è chiaro a tutti: “Il presidente Milei ha il dovere di cacciare la Cina dall’Argentina”. E ancora: “Non vogliamo uno Stato sotto l’influenza cinese in America Latina; altrimenti si rischia lo scontro, con imbarcazioni militari, come succede in Venezuela”. La risposta cinese non si è fatta attendere là dove Pechino ha accusato il segretario del Tesoro Usa di “atti di egemonia e bullying” e “mentalità da guerra fredda“.
Corsa alle armi
L’espansionismo militare Usa risveglia vecchi fantasmi in una regione che nell’ultimo anno ha quasi raddoppiato la sua spesa militare media, passando da 53 a 95 miliardi di dollari, con imprese come Lockheed Martin e Boeing in cima ai guadagni. “C’è un dirottamento criminale dei fondi pubblici”, hanno denunciato la Confederazione di lavoratori dell’Energia e la rete geopolitica del Sud, sottolineando che la corsa al riarmo “finanzia i guardiani delle corporazioni che saccheggiano il nostro sottosuolo”.
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