Trump vuole chiudere la guerra a Gaza. La nuova proposta per Hamas
- Postato il 8 settembre 2025
- Esteri
- Di Formiche
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Gli Stati Uniti hanno avanzato a Hamas una nuova proposta che punta a fermare l’offensiva israeliana su Gaza City e aprire la strada a un accordo di fine guerra dopo 23 mesi di sangue. Secondo fonti israeliane, il piano, proposto in questi giorni, prevede la liberazione di tutti i 48 ostaggi ancora in mano a Hamas in cambio di un cessate il fuoco immediato e della sospensione dell’operazione terrestre in corso. In parallelo, Israele rilascerebbe tra i 2.500 e i 3.000 prigionieri palestinesi, inclusi centinaia di condannati all’ergastolo per omicidi. Una volta fermati i combattimenti, partirebbero negoziati su questioni di fondo: la richiesta israeliana del disarmo di Hamas e quella della controparte palestinese, il ritiro completo delle forze israeliane dalla Striscia. La proposta, recapitata attraverso canali informali, sottolinea che Donald Trump si impegnerà a garantire la prosecuzione del cessate il fuoco finché le trattative resteranno aperte. In caso di rifiuto da parte di Hamas, il messaggio è chiaro: l’alternativa sarà una vasta operazione militare israeliana (implicitamente sostenuta da Washington).
Contesto della proposta
Il nuovo piano è stato inviato da Steve Witkoff, emissario della Casa Bianca, tramite l’attivista israeliano Gershon Baskin, figura di lungo corso nei contatti con Hamas. La mossa è arrivata dopo che Trump, venerdì, ha dichiarato che gli Stati Uniti sono “in profonde negoziazioni con Hamas” e ha avvertito il gruppo: la liberazione immediata degli ostaggi aprirebbe a “buone cose”, mentre il rifiuto porterebbe a conseguenze “dure e spiacevoli”. L’iniziativa si inserisce nel momento in cui l’esercito israeliano ha dato avvio all’offensiva su Gaza City, demolendo interi edifici con l’obiettivo dichiarato di smantellare le infrastrutture militari di Hamas. Per quanto noto, Hamas ha trasmesso a Witkoff, attraverso il businessman palestinese-americano Bishara Bahbah, la disponibilità a discutere un accordo complessivo, ma condizionato a un cessate il fuoco permanente e al ritiro totale delle forze israeliane. Restano forti i dubbi sulla tenuta dei canali paralleli aperti da Washington, che bypassano Qatar ed Egitto e che Hamas considera poco affidabili.
Clima regionale e necessità per Trump
Il pressing americano si spiega anche con la crescente tensione regionale. Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno reagito con fermezza alle dichiarazioni del premier israeliano Benjamin Netanyahu sulla possibile espulsione dei palestinesi da Gaza. Riad ha denunciato “in violazione del diritto internazionale” ogni tentativo di deportazione forzata, esprimendo pieno sostegno all’Egitto e rilanciando la richiesta di uno Stato palestinese con capitale Gerusalemme Est. Abu Dhabi ha ribadito che la protezione dei diritti palestinesi non è più solo una scelta politica, ma un obbligo morale e giuridico, e che la stabilità duratura passa solo da una soluzione a due Stati. Questo quadro complica le ambizioni israeliane e rende più urgente, per Trump, chiudere un conflitto che rischia di incrinare i rapporti con i partner arabi di Washington — che durante il viaggio del presidente nella regione hanno offerto investimenti monstre negli Usa.