Trump ha subito, ora Zelensky e l’Europa devono ingoiare: le ragioni di Putin, le paure dei Baltici
- Postato il 18 agosto 2025
- Politica
- Di Blitz
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Trump ha già accettato ciò che Putin impone per fermare l’invasione della Ucraina.
Ora il compito del presidente americano è di fare ingoiare a Zelensky le condizioni della pace. Gli inetti europei si accoderanno.
Cerchiamo di vedere il quadro generale, partendo dalla domanda base: Cosa offre Putin?
La sostanza dell’accordo di pace discusso da Trump e Putin rimane poco chiara. I pochi dettagli noti provengono dal racconto dello stesso Trump in una successiva telefonata ai leader europei.
Putin chiede il ritiro delle forze ucraine dal Donbass. In cambio, Putin si offre di congelare il conflitto nel resto dell’Ucraina lungo le attuali linee del fronte e di fornire una promessa scritta di non attaccare più.
Trump ha invitato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ad accettare l’accordo. “La Russia è una potenza molto grande, e loro non lo sono” ha detto.
Perché Putin vuole il Donbass?

Dall’invasione dell’Ucraina nel 2022, Mosca ha annesso quattro regioni ucraine dopo aver tenuto referendum ampiamente denunciati come farsa. Queste regioni includevano Donetsk e Luhansk, che insieme costituiscono il Donbass. Delle quattro regioni annesse, la Russia ne controlla pienamente solo una, Luhansk.
Le forze di terra di Putin hanno combattuto in altre otto regioni ucraine dal 2022, ritirandosi da alcune e occupandone solo alcune.
È il Donbass, tuttavia, al centro della visione di Putin della guerra, plasmata dalla sua fede nell’unità storica dei russofoni nell’ex Unione Sovietica.
Putin ha inizialmente presentato l’invasione come una difesa dei separatisti filo-russi della regione, che avevano combattuto contro il governo di Kiev con il supporto militare e finanziario del Cremlino dal 2014.
Questa promessa rende il controllo del Donbass una condizione cruciale affinché Putin possa dichiarare conclusa la sua missione in Ucraina.
I Cremlinologi hanno ipotizzato che Putin potrebbe essere disposto a scambiare altri territori occupati per ottenere il resto del Donbass.
Donetsk è percepita come molto più “nostra” di Dnipro, Sumy o Kharkiv.
Su cosa si basano le pretese di Putin?
Il Donbass è stato oggetto di contesa fin dalla nascita dell’Ucraina come stato all’inizio del XX secolo, quando nazionalisti ucraini, comunisti e monarchici russi si contesero le ricchezze industriali della regione in un periodo caotico successivo alla Rivoluzione bolscevica.
La maggior parte della popolazione della regione era ucraina, fino a quando le campagne di industrializzazione forzata e terrore di Stalin portarono alla migrazione di lavoratori russi verso le miniere di carbone e le fabbriche della regione, all’uccisione di massa di contadini ucraini e alla soppressione della lingua ucraina.
Al momento del crollo dell’Unione Sovietica, circa due terzi degli abitanti del Donbass consideravano il russo la loro prima lingua, secondo i dati del censimento. L’identità culturale russa e la lingua divennero ancora più dominanti durante i primi decenni successivi all’indipendenza ucraina.
Circa il 90% degli elettori del Donbass ha votato per Viktor F. Yanukovych, un candidato filo-russo, alle elezioni presidenziali ucraine del 2010. La destituzione di Yanukovych, allora presidente, da parte dei manifestanti a Kiev, quattro anni dopo, spinse Putin a sottrarre la Crimea all’Ucraina e a fomentare un’insurrezione nel Donbass.
L’insurrezione creò una reazione anti-russa nella regione. Nelle ultime elezioni presidenziali ucraine, nel 2019, la parte ucraina del Donbass votò a stragrande maggioranza per Zelensky, un russofono che aveva promesso di portare la pace senza sacrificare la sovranità ucraina.
Putin, nel frattempo, si stava orientando verso un nazionalismo sempre più bellicoso per cercare di ottenere sostegno interno dopo anni di stagnazione economica. La sua macchina propagandistica cercò di radunare i russi alla causa del Donbass, un percorso che alla fine portò a una guerra su vasta scala.
Questi sforzi propagandistici non ottennero mai un ampio consenso in Russia.
Un sondaggio indipendente condotto pochi giorni prima dell’invasione rivelò che solo un quarto dei russi era a favore dell’annessione di Donetsk e Luhansk alla Federazione Russa.
Putin si fermerà al Donbass?
Putin ha ripetutamente accennato alla conquista di altre parti dell’Ucraina, portando funzionari ucraini e molti politici e analisti occidentali a sostenere che la guerra sarebbe continuata dopo la presa del Donbass da parte della Russia, con la forza o con la diplomazia.
Le loro opinioni sono condivise dai nazionalisti russi e da molti soldati russi, che hanno invitato Putin a continuare a combattere per il resto del territorio nelle altre due regioni annesse, Kherson e Zaporizhzhia.
Altri commentatori favorevoli alla guerra hanno affermato che la Russia avrebbe continuato a combattere fino a quando non avesse rovesciato il governo di Zelensky e ne avesse insediato uno più flessibile. Molti analisti indipendenti, tuttavia, dubitano che la Russia abbia le risorse economiche e militari per spingere la sua offensiva ben oltre il Donbass. L’economia russa è stagnante e le sue entrate sono in calo. Ciò renderà difficile per il Cremlino mantenere l’attuale ritmo dei combattimenti nel prossimo anno senza ridurre significativamente il tenore di vita dei russi.
Il regime autoritario di Putin e le prospettive economiche in peggioramento potrebbero convincerlo ad accontentarsi del Donbass, almeno per ora.
La società russa versa in uno stato così deplorevole che sarebbe disposta ad accettare quasi qualsiasi esito della guerra.
I baltici nel mirino russo
Cosa ne pensino su a nord è noto. Hanno già subito l’occupazione russa e sono convinti di essere il prossimo obiettivo di Putin.
In Germania è uscito un romanzo di fantapolitica che prefigura lo scenario. Ne è autore un analista militare tedesco, Carlo Masala. Masala immagina nel suo romanzo (pubblicato in Italia da Rizzoli) lo scenario: operazioni ibride, l’invasione di Narva, al confine fra Russia ed Estonia, un presidente americano che «non vuole rischiare la guerra mondiale per una piccola città estone»
Nota Paolo Valentino, sul Corriere della Sera che in Estonia ci sono due brigate Nato di soldati inglesi e francesi. Ma, aggiunge, è un fatto che con Donald Trump l’avvenire dell’impegno americano in Europa sia sempre più incerto. Per questo l’autore invita i Paesi europei e prendere molto sul serio la minaccia russa.
Negli ultimi cinque secoli Mosca ha invaso uno dei suoi vicini in media ogni 20/25 anni. Solo se il Cremlino si rende conto che l’Alleanza è determinata a difendere i suoi confini ad ogni costo, sarà scoraggiato dal tentare ogni avventura.
Nel 1700 proprio a Narva, la coalizione guidata dalla Svezia, di cui erano parte anche la Polonia, i cosacchi ucraini e l’Impero Ottomano, ottenne una vittoria decisiva sulla Russia. Fu l’inizio della Grande Guerra del Nord, che si sarebbe però conclusa ventuno anni dopo con il trionfo finale dello Zar Pietro il Grande e la conquista russa del Baltico. «Si riprese ciò che apparteneva alla Russia», ha detto Putin nel 2022. Ed ha aggiunto: «Sembra che ora tocchi a noi recuperare quello che ci appartiene».
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