Trump di nuovo all’attacco del presidente della Fed Powell. “Ci danneggia e non lo capisce”
- Postato il 23 luglio 2025
- Economia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Non si ferma lo stillicidio di dichiarazioni di Donald Trump sul presidente della Federal Reserve Jerome Powell. Pure oggi arriva il post sulla piattaforma personale Truth. “Le famiglie sono danneggiate perché i tassi di interesse sono troppo alti, e persino il nostro Paese si trova a pagare un tasso più alto del dovuto a causa di “Troppo Tardi” Powell. Il nostro tasso dovrebbe essere di tre punti inferiore a quello attuale, risparmiandoci mille miliardi di dollari all’anno. Questo cocciuto della Fed non capisce proprio nulla – non l’ha mai capito e non lo capirà mai. Il board dei governatori dovrebbe intervenire, ma non ha il coraggio di farlo!”, tuona Trump dal suo social.
In quello che sembra il gioco del polizotto buono e del cattivo, poche ore prima il segretario al Tesoro Scott Bessent (uno dei candidati alla guida della Fed) aveva affermato che “Non c’è alcun motivo per cui Powell debba dimettersi ora“, ribadendo però la sua richiesta per una “revisione interna” delle scelte di politica monetaria della banca centrale statunitense.
Trump critica Powell da quando ha messo piede alla Casa Bianca. Ritiene che il costo del denaro statunitense sia troppo alto e penalizzante per la crescita economica. Ma la Federal Reserve teme che l’impatto dei dazi possa causare una spinta all’inflazione che verrebbe favorita da tassi più bassi di quelli attuali. Inoltre, gli indicatori sullo stato di salute dell’economia statunitensi, inclusi quelli sul mercato del lavoro, per ora, non segnalano particolari problemi mentre l’inflazione ha dato segni di ripresa. Non sembrano quindi esserci elementi tale da indurre un tempestivo intervento della Fed a sostegno dell’economia.
Il presidente della Fed viene nominato dal presidente Usa su proposta del Senato con maggioranza qualificata. Una volta in carica non può essere rimosso dall’Esceutivo se non per giusta causa, che sinora non è però mai stata intesa come un contrasto con il governo sulle politiche monetarie. Diversamente verrebbe meno il principio di indipendenza della banca centrale che è ritenuto fondamentale da chi investe sui mercati. Politiche monetarie asservite ad esigenze politiche possono infatti causare pesanti interferenze sull’andamento dei mercati. A maggior ragione se si parla dell’istituzione che gestisce il dollaro, la moneta più importante del mondo e largamente più utilizzata per le transazioni globali.
La scorsa settimana le prese di posizione di Trump contro la Fed avevano provocato scossoni sui mercati valutari e ricevuto le critiche di banchieri e media statunitensi, inducendo il presidente ad una parziale marcia indietro dai suoi propositi di rimuovere Powell prima della scadenza del mandato, nel maggio 2026.
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