Trump all’Iran: “Negoziamo sul nucleare, un nostro intervento militare sarebbe terribile”. Teheran: “Nessun colloquio se ci minacciano”
- Postato il 7 marzo 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Donald Trump è tornato a invitare l’Iran a riaprire le trattative sul nucleare, ma lo ha fatto a mode suo. “Ho scritto loro una lettera in cui dico: ‘Spero che negozierete, perché se dovessimo intervenire militarmente sarebbe una cosa terribile'”, ha detto il presidente Usa riferendo in un’intervista a Fox Business News di avere inviato una lettera all’ayatollah iraniano Ali Khamenei per negoziare un accordo allo scopo di scongiurare l’eventualità che la Repubblica islamica si doti dell’arma atomica. La Casa Bianca ha confermato le dichiarazioni del tycoon. “Preferirei negoziare un accordo. Non sono sicuro che tutti siano d’accordo con me, ma possiamo fare un accordo che sarebbe altrettanto buono come se si vincesse militarmente”, ha detto ancora Trump. “Ma il momento è adesso. Il momento si avvicina. Qualcosa accadrà in un modo o nell’altro”, ha aggiunto. Al momento la Guida suprema dell’Iran, che ha l’ultima parola su tutte le questioni di Stato, non ha confermato la ricezione della lettera. Ma una risposta è arrivata dal ministero degli Esteri di Teheran.
L’Iran non riprenderà “nessun negoziato diretto con gli Stati Uniti finché continueranno con la loro politica di massima pressione e le loro minacce“, ha affermato il capo della diplomazia Abbas Araghchi a margine di una riunione dell’Organizzazione per la cooperazione islamica a Jedda. “Il programma nucleare iraniano non può essere distrutto tramite operazioni militari . Questa è una tecnologia che abbiamo raggiunto, e la tecnologia è nei cervelli e non può essere bombardata”, ha aggiunto in un’intervista a France Presse. E’ “il solito show di Washington”, ha invece commentato l’agenzia di stampa Nour, vicina all’apparato di sicurezza di Teheran. “Il modello di Trump in politica estera è: slogan, minacce, azioni temporanee e marcia indietro!”, si legge nell’articolo.
Il 3 marzo il Cremlino si era offerto di fare da facilitatore delle relazioni tra Washington e Teheran. “La Russia ritiene che gli Stati Uniti e l’Iran debbano risolvere tutti i problemi attraverso il negoziato“, aveva detto il portavoce Dmitry Peskov, sottolineando che Mosca “è pronta a fare tutto ciò che è in suo potere per raggiungere questo obiettivo”. Una mossa che conferma il miglioramento delle relazioni tra Stati Uniti e Russia iniziato con l’arrivo del tycoon alla Casa Bianca.
Poche ore prima che Peskov parlasse, Bloomberg riferiva che la Russia avrebbe accettato di assistere l’amministrazione Trump nei contatti con l’Iran su varie questioni, tra cui il programma nucleare della Repubblica islamica e il sostegno garantito da Teheran a milizie armate in alcuni Paesi in Medio Oriente. Secondo le fonti consultate dall’agenzia, il presidente degli Stati Uniti avrebbe espresso questo interesse direttamente al presidente russo Vladimir Putin in una telefonata del 12 febbraio e il segretario di Stato Usa Marco Rubio e il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ne avrebbero discusso nei colloqui in Arabia Saudita il 18 febbraio. Secondo il sito Iran International, Lavrov avrebbe poi condiviso i dettagli dell’incontro con Araghchi durante un incontro a Teheran, circostanza prima confermata e poi smentita dallo stesso Araghchi.
All’inizio del mese Trump aveva firmato un “Memorandum presidenziale sulla sicurezza nazionale” che ripristinava la “massima pressione sul governo della Repubblica islamica” allo scopo di negare all’Iran “ogni via per dotarsi di un’arma nucleare“. Un provvedimento che contrastava con il post pubblicato poche ore dopo su Truth: “Voglio che l’Iran sia un paese grande e di successo – premette il tycoon – ma non deve avere l’arma nucleare. Le notizie secondo cui gli Stati Uniti, lavorando in collaborazione con Israele, faranno a pezzi l’Iran”, SONO MOLTO ESAGERATE (scritto in maiuscolo, ndr). Preferirei di gran lunga un accordo di pace nucleare verificato, che consentirà all’Iran di crescere e prosperare pacificamente. Dovremmo iniziare a lavorarci immediatamente e organizzare una grande celebrazione in Medio Oriente quando sarà firmato e completato. Dio benedica il Medio Oriente!”, concludeva il capo della Casa Bianca.
L’apertura di Peskov arriva dopo che ieri a Teheran si è dimesso il vicepresidente Mohammad Javad Zarif, tra i politici iraniani più noti anche a livello internazionale, considerato il suo ruolo per arrivare all’accordo sul nucleare iraniano, noto come Jcpoa, nel 2015 quando era ministro degli Esteri. Il diplomatico ha dichiarato di essersi dimesso su consiglio del Capo della Magistratura, Gholam-Hossein Mohseni Ejei, per contribuire ad alleviare la pressione sull’amministrazione di Masoud Pezeshkian, il politico “riformista” eletto presidente la scorsa estate. Zarif ha dichiarato che tornerà “a insegnare all’università per evitare ulteriori pressioni sull’amministrazione” di Pezeshkian, che per il momento non ha ancora deciso se accettare o meno le dimissioni.
Da quando era stato nominato, Zarif aveva incontrato l’opposizione dei deputati più conservatori che ritenevano il suo incarico illegale, in quanto suo figlio è nato negli Stati Uniti e sarebbe cittadino di entrambi i Paesi, mentre la legge non permette a chi ha parenti con doppia cittadinanza di ricoprire posizioni di governo sensibili. Alcuni analisti ritengono, però, che tra i motivi delle dimissioni di Zarif ci sia anche il fatto che Pezeshkian abbia annunciato che non intende avere colloqui con gli Usa, dimostrando di avere ceduto alle pressioni dei conservatori vicini all’Ayatollah Ali Khamenei, che aveva esplicitamente vietato negoziati con gli Stati Uniti, mentre nei mesi scorsi il presidente aveva dimostrato apertura rispetto a possibili colloqui con gli Usa ed era stato eletto dopo una campagna elettorale dove aveva promesso che con la sua amministrazione l’Iran sarebbe stato più aperto a contatti, anche con l’Occidente.
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