Trump al lavoro sullo Scudo di Abramo. Mauritania verso Israele?
- Postato il 13 luglio 2025
- Esteri
- Di Formiche
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Secondo quanto rivelato in esclusiva da Semafor, la Casa Bianca avrebbe esplorato la possibilità di un incontro tra il presidente mauritano Mohamed Ould Ghazouani e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu durante il mini vertice Usa-Africa in corso a Washington. Tuttavia, l’ambasciatrice della Mauritania negli Stati Uniti, Cisse Mint Cheikh Ould Boide, ha smentito categoricamente che tale incontro sia stato pianificato, definendo le indiscrezioni “fake news”. In una dichiarazione rilasciata a Sahara Media, ha inoltre precisato che, in presenza del presidente in visita ufficiale, solo l’ufficio comunicazione della presidenza è autorizzato a rilasciare dichiarazioni pubbliche.
Il presidente Ghazouani si trovava a Washington per partecipare a un vertice ristretto con altri quattro leader dell’Africa occidentale: Gabon, Guinea-Bissau, Liberia e Senegal. L’obiettivo dichiarato della Casa Bianca è orientare i rapporti con questi Paesi verso logiche di investimento e cooperazione economica, piuttosto che di semplice assistenza. La partecipazione di Mauritania, Guinea-Bissau, Gabon, Senegal e Liberia ha offerto all’amministrazione Trump l’occasione per consolidare legami strategici su dossier quali transizioni democratiche, lotta al narcotraffico, gestione dei flussi migratori e sviluppo del settore privato.
Un funzionario a conoscenza dell’agenda del vertice ha riferito a Semafor che l’ipotesi di un incontro tra i leader mauritano e israeliano era stata valutata, ma allo stato attuale risulta non confermata. Fonti ufficiali statunitensi e mauritane, inclusi la Casa Bianca e il dipartimento di Stato, non hanno rilasciato commenti ufficiali.
La Mauritania, membro della Lega Araba, ha interrotto i rapporti diplomatici con Israele nel 2010, in seguito all’operazione militare israeliana a Gaza nota come Piombo Fuso. I rapporti si erano sviluppati a partire dalla fine degli anni ’90 sotto la presidenza di Muʿāwiyah Aḥmad Ould al-Taya, con l’apertura di ambasciate in entrambe le capitali e una serie di investimenti israeliani nei settori delle telecomunicazioni e dell’estrazione mineraria, incluso il litio. Tuttavia, la normalizzazione è sempre stata impopolare all’interno del Paese, dove il sostegno alla causa palestinese è fortemente radicato. Le tensioni interne sul tema contribuirono alla crisi politica che sfociò in un colpo di Stato.
Oggi la Mauritania rientra nel gruppo di nove Paesi africani che non riconoscono Israele o hanno sospeso le relazioni bilaterali. Il ritorno di Trump alla Casa Bianca ha riacceso le speculazioni su una possibile seconda ondata di accordi di normalizzazione, in continuità con la strategia degli Accordi di Abramo. Secondo fonti arabe, anche Siria e – con maggiore cautela – Libano, sarebbero coinvolti nei piani americani per un allargamento del cosiddetto “Scudo di Abramo”.
In particolare, alcune testate arabe hanno evidenziato la comparsa del volto del presidente siriano Ahmed al-Sharaa in una recente campagna promozionale israeliana, alimentando interrogativi su un possibile riavvicinamento tra Damasco e Tel Aviv in cambio della revoca delle sanzioni e dell’avvio della ricostruzione. Tuttavia, permangono ostacoli significativi, come la questione delle alture del Golan e la persistente opposizione interna. Anche per il Libano, alcuni analisti evidenziano una pressione diplomatica crescente, ma la frammentazione politica e il ruolo di Hezbollah rendono al momento poco probabile una normalizzazione.
Sui social media, la semplice ipotesi di un incontro tra Ghazouani e Netanyahu ha suscitato reazioni di forte ostilità tra i cittadini mauritani, con critiche che evocano una frattura insanabile tra il presidente e il suo popolo qualora la normalizzazione venisse effettivamente avviata.
Parallelamente, Trump ha rafforzato la propria attività diplomatica su più fronti: dai tentativi di mediazione nei conflitti tra Ucraina e Russia, tra Israele e Hamas, e nella crisi tra Repubblica Democratica del Congo e Rwanda, fino a una possibile iniziativa per fermare la guerra civile in Sudan. Il premier israeliano Netanyahu ha recentemente proposto la candidatura di Trump al Premio Nobel per la Pace, elogiandone “la dedizione eccezionale e costante alla promozione della pace, della sicurezza e della stabilità nel mondo”.