Trump accoglie il principe saudita bin Salman: l’intreccio tra i dossier internazionali e le fortune della sua famiglia

  • Postato il 18 novembre 2025
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Sono lontani i tempi in cui, dopo l’omicidio di Jamal Khashoggi, il giornalista saudita dissidente attirato in una trappola il 2 ottobre 2018 nella sede diplomatica di Istanbul dai servizi segreti di Ryad, la comunità internazionale puntava il dito contro il principe ereditario bin Salman. Atteso oggi (ore 17 in Italia) a Washington dal presidente Trump, il leader saudita, ufficialmente, discuterà con il capo della Casa Bianca una serie di “dossier strategici” nei settori della difesa – con un patto sulla sicurezza – dell’energia, dell’intelligenza artificiale. Nei giorni scorsi si è già saputo che gli Usa intendono vendere i jet da combattimento F-35 a Ryad, facendo arrabbiare non poco Israele. Se da un lato lo Stato ebraico ha puntato a normalizzare i rapporti con l’Arabia saudita attraverso gli Accordi di Abramo, la storia insegna a Tel Aviv che fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio.

Quello che le note ufficiali non raccontano, sono gli altri “dossier”: gli affari che riguardano la fortuna della famiglia Trump in ambito internazionale. Un aspetto della collaborazione è costituito dal rapporto tra la Trump Organization e Dar Global, filiale internazionale di Dar Al Arkan, azienda saudita quotata a Londra: gli uffici di Dar Global a New York si trovano al 19° piano della Trump Tower (725 Fifth Avenue). Secondo le dichiarazioni pubbliche riguardanti le operazioni finanziarie, l’anno scorso Dar Global ha versato più di 20 milioni di dollari in diritti di licenza alla Trump Organization.

Il settore immobiliare è centrale: a Jedda e Ryad ci sono già due nuove Trump Towers. Sul sito https://trumptowerinjeddah.com/ si legge: “Dar Global presenta un complesso residenziale di lusso sviluppato in collaborazione con la Trump Organization, che offre viste panoramiche sul Mar Rosso e sul vivace skyline di Jeddah”. Tutto ciò costituisce reato? Assolutamente no. Si tratta di un esempio dei rapporti avviati tra due colossi imprenditoriali. Lo scorso dicembre, durante l’inaugurazione, Eric Trump, terzo figlio di Donald, ha affermato che i progetti in Arabia Saudita e nel Golfo continueranno ad attrarre la Trump Organization grazie alla mentalità della regione. “Ti fa venire voglia di venire qui e fare qualcosa di veramente grande, e in un certo senso ti fa venire voglia di dire ‘no’ ad altri Paesi in cui è impossibile destreggiarsi nel sistema politico”. In Arabia Saudita, a quanto pare, zero difficoltà burocratiche per chi vuole investire.

Ma non ci sono solo i palazzi, anche il settore sportivo suscita interesse: il golf in particolare. L’Arabia Saudita ha lanciato la LIV Golf, una lega per competere con la PGA. Donald Trump ha ospitato nei suoi campi diversi tornei della LIV ed ha partecipato qualche mese fa ad una cena organizzata dalla Lega saudita a Miami. La Casa Bianca nega a ogni occasione che le iniziative imprenditoriali della famiglia Trump siano in conflitto di interessi con l’attività politica del presidente.

Nel gennaio 2024 i deputati democratici che fanno parte della Commissione di vigilanza della Camera hanno presentato un dossier intitolato “La Casa Bianca in vendita”. In questo rapporto si trovano documenti recuperati dall’ex studio contabile di Trump, dai quali emerge che venti governi stranieri, tra cui Cina e Arabia Saudita, hanno pagato almeno 7,8 milioni di dollari durante la prima presidenza di Trump a entità commerciali legate alla sua famiglia, tra cui i Trump International Hotels di Washington, DC e Las Vegas, e le Trump Towers di New York. Nel dossier si metteva in risalto che l’Arabia Saudita avrebbe pagato alle aziende di proprietà di Trump almeno 615.422 dollari durante il primo mandato del tycoon: “Mentre il Regno effettuava questi pagamenti, il presidente Trump ha scelto l’Arabia Saudita come destinazione del suo primo viaggio all’estero, una scelta senza precedenti tra i presidenti degli Stati Uniti”.

Eric Trump ritiene che questa ricostruzione dei democratici sia “folle”, ed ha ricordato che il padre ha donato centinaia di migliaia di dollari al Dipartimento del Tesoro per compensare i guadagni della sua attività con entità straniere. Infine, il terzogenito di casa Trump ha evidenziato che prima dell’inizio del secondo mandato del padre alla Casa Bianca, la Trump Organization ha assunto un consulente etico esterno per risolvere “potenziali conflitti” d’interesse. Insomma, tutto a posto: oggi arriva bin Salman e non vi è dubbio che i dossier internazionali di cui parlare, a iniziare dalla crisi del Medio oriente, saranno numerosi.

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Il Fatto Quotidiano

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