Truffe ad anziani, 13 arresti. “Vogliono arrestare suo figlio, ci dia tutto”: così agiva la banda sulle vittime spaventate

  • Postato il 22 giugno 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Tredici persone, accusate di appartenere a una banda specializzata in truffe agli anziani, sono state arrestate tra Napoli e provincia, dai carabinieri dei comandi provinciali di Genova e del capoluogo campano. Il frutto di un’inchiesta che ha portato a fermare il sodalizio criminale capeggiato da una coppia, Alessandro D’Errico e Antonietta Mascitelli, con precedenti di polizia. Un vero e proprio meccanismo, studiato nei particolari e ripetuto più volte. La truffa iniziava con “chiamate filtro” per individuare la vittima, poi interveniva il “telefonista” che convinceva l’anziano preso di mira a consegnare il denaro. A quel punto entrata in azione il “trasfertisti” che passa a riscuotere i soldi o l’oro. Sono audio terribili quelli che registrano le truffe della banda. Voci di anziani soli e spaventati, finiti nella rete di truffatori, ma pronti a tutto per evitare che i loro figli possano finire in galera.

I carabinieri questa mattina hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Tribunale di Genova su richiesta della Procura, nei confronti di 13 soggetti, tutti originari del Napoletano, per associazione per delinquere finalizzata alle truffe in danno di anziani. L’indagine denominata “Pomelia” è stata effettuata dal Nucleo Operativo della Compagnia di Genova San Martino, coordinata dalla Procura della Repubblica genovese. Sono stati contestati agli indagati complessivamente 43 episodi di truffe pluriaggravate (28 consumate, 15 tentate) perpetrate sull’intero territorio nazionale nel periodo settembre 2023 – marzo 2024, per un conseguito profitto illecito complessivo superiore a 330mila euro.

Come funzionavano le truffe

La banda era appunto strutturata con una componente logistica che si occupava di fornire veicoli e telefoni cellulari nonché di mettere a disposizione dei locali (utilizzati come veri e propri call center) per l’organizzazione; i cosiddetti “telefonisti” che si occupavano di individuare e contattare le vittime, coordinando i complici presenti nei pressi dell’abitazione degli anziani; una componenteoperativa” che si occupava di recarsi presso l’abitazione della vittima per farsi consegnare denaro o monili in oro.

Il modus operandi ha seguito due schemi ricorrenti, alternando due tecniche. La prima è quella del finto maresciallo dei Carabinieri e/o avvocato, che riferisce telefonicamente che un prossimo congiunto dell’anziano (generalmente figlio, nipote o coniuge) ha provocato un incidente stradale in cui è rimasta gravemente ferita la controparte, paventando la necessità del versamento di una somma di denaro per evitare serie ripercussioni giudiziarie al parente. La seconda è quella del finto parente (figlio o nipote), che riferisce della necessità di versare una somma di denaro per definire la vincita di un concorso pubblico (anche nelle Poste Italiane) o la consegna di un pacco, paventando in caso contrario il rischio di esclusione dal concorso o la mancata consegna del plico.

Dopo essere entrato in contatto con la vittima, il telefonista paventata la necessità di denaro, convincendo l’anziano preso di mira a recuperare tutto il contante e l’oro in suo possesso che devono essere versati nel minor tempo possibile, ad un complice presentato come amico o conoscente del parente dell’anziano. Per evitare che la vittima potesse mettersi in contatto con le forze dell’ordine o con parenti, il telefonista, fino a quando il “corriere” non avrà ritirato il denaro, continua ininterrottamente a intrattenere al telefono l’anziano, rimarcando la gravità dei fatti e il poco tempo disponibile per risolvere la situazione. In questo modo riesce ad avere un controllo totale del truffato dal punto di vista psicologico e delle azioni da lui compiute.

Gli organizzatori si occupavano di tutti gli aspetti di dettaglio: prima di tutto veniva decisa la zona da colpire, individuando B&B dove far soggiornare i ‘trasfertisti‘, che partivano da Napoli già nel pomeriggio/sera della domenica per poi rimanere fuori città generalmente fino al sabato. In secondo luogo, venivano individuate le modalità di spostamento prevedendo l’utilizzo, oltre treni e taxi, anche di auto a noleggio per facilitare gli spostamenti nella zona d’azione e raggiungere nel minor tempo possibile l’abitazione della vittima.

Il collegamento tra i “telefonisti” che chiamano da Napoli ed i “trasfertisti” avveniva attraverso telefoni cellulari dedicati di vecchia generazione, con utenze intestate a cittadini extracomunitari irreperibili, oppure utilizzando smartphone in abbinamento ad utenze intestate a “teste di legno“, comunicando solo mediante social network e chat varie. La truffa iniziava con “chiamate filtro“, ovvero telefonate di brevissima durata ad utenze fisse della località, che i promotori decidevano di prendere di mira per quella giornata. Tali telefonate, avevano l’unico scopo di individuare preventivamente le utenze in uso ad anziani o quelle ancora attive tra le innumerevoli utenze a disposizione. Queste telefonate sono di brevissima durata, il tempo necessario al truffatore per capire se la voce appartenga ad una persona anziana. Fatta questa scrematura tra le innumerevoli utenze prese come bersaglio, viene valutato se sia opportuno proseguire nell’esecuzione della truffa, dando il numero ad uno dei due promotori che gestiscono la fase successiva. Un ulteriore complice fa da connettore tra i “telefonisti” ed il “trasfertista” che già si trova nelle città scelta quale obiettivo. I due a capo della banda venivano chiamati rispettivamente “zio” e “zia“.

“Voglio aiutare mio figlio”: le intercettazioni

“Come le posso dare una mano? Io ora non capisco proprio niente, io voglio aiutare mio figlio“: è una donna che piange al telefono, mentre il malvivente le dà indicazioni e le chiede la somma di “8.500 euro” perché “il giudice sta premendo per l’arresto: dobbiamo fare presto”. A un’altra anziana, una donna spiega che deve pagare in contanti, ma che dopo quei soldi le saranno restituiti. “Signora, lei non ha fatto il bonifico, deve pagare in contanti alla consegna, i soldi le verranno restituiti“, dice la donna alla vittima. “Spero che sia così – la risposta dell’anziana – Sennò io mi devo uccidere“. A un’altra vittima, uno dei truffatori raccomanda di “togliersi pure la catenina d’oro che ha al collo”. Poi le domanda: “Ha preso tutti gli oggetti in oro? Il peso quanto è in totale?”. “È 215 grammi“, risponde la vittima. “Ma lei ha atri oggetti? Deve prendere tutto, aggiunga tutto quello che ha”. A un’altra vittima che chiede se può sentire l’altro figlio per farsi dare una mano, uno dei malviventi risponde che “Non abbiamo tempo, ora le mando una mia collaboratrice“. Nel corso delle indagini, i militari dell’Arma hanno intercettato anche una conversazione tra due truffatori. Un uomo, parlando al telefono, spiega che all’anziano preso di mira “ci devi cambiare pure il pannolino mo’ che arrivi, sta pieno di soldi, vediamo di fare una cosa veloce”. E l’altra risponde: “Sono a 2.5 km, semafori e macchine. Mi mancano 12 minuti, voi tenetelo al telefono”.

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