"Troppo libero, perché per loro il vero pericolo è Musk". Capezzone inchioda Repubblica e compagni

  • Postato il 29 dicembre 2024
  • Di Libero Quotidiano
  • 2 Visualizzazioni
"Troppo libero, perché per loro il vero pericolo è Musk". Capezzone inchioda Repubblica e compagni

Ricapitolando: c'è un regime autoritario che sequestra una nostra concittadina a Teheran, ma per i migliori cervelli della sinistra il problema si chiama Elon Musk. E così, ognuno con il suo stile – più compassato e felpato Marcello Sorgi, più retorico e pomposo Massimo Giannini – due pesi massimi del giornalismo progressista italiano sono ieri scesi in campo contro il capo di Tesla, “colpevole” di avere lasciato a verbale su X un tweet a favore del partito politico AfD (a ben vedere si trattava soprattutto di una messa in guardia contro il rischio islamico e l'immigrazione fuori controllo). E così, dopo la reprimenda del presidente tedesco Steinmeier (analoga a quella indirizzata pure dal Quirinale verso Musk nelle scorse settimane), Giannini e Sorgi hanno scelto la strada di una polemica durissima. Intendiamoci, un argomento reale c'è, e dovrebbe interrogare tutti (progressisti e conservatori, quando si perde e quando si vince): la potenza degli oligarchi della rete è un fatto oggettivo con il quale occorre misurarsi. Auspicabilmente, però, senza isterismi e senza risposte illiberali.

E invece – sia detto con vero rispetto – gli esiti a cui giungono le due nostre grandi firme ci paiono un po' curiosi. Sorgi, che è uomo che conosce bene la politica e la comunicazione, arriva a invocare un'impossibile “par condicio” da applicare ai social network. E – di grazia – come si fa? Contiamo i tweet a disposizione di ogni personalità pubblica? E poi, superata la soglia, sequestriamo il telefonino, oppure blocchiamo il reprobo? Suvvia.

 

 

 

Quanto a Giannini, l'editorialista di Repubblica infila nel solito frullatore tutti gli incubi dell'attuale sinistra: un po' di antico odio verso Milton Friedman, un po' di Netanyahu, un tocco di Trump, una dose di Milei, più l'ombra inquietante dell' “internazionale delle destre”. Per non dire dell'idea balzana di trasformare i Presidenti della Repubblica (a Berlino come a Roma) in altrettanti vigili urbani chiamati ad alzare un'immaginaria paletta per impedire a chicchessia (in questo caso a Musk) di esprimere opinioni. Le quali opinioni potranno essere controverse quanto si vuole: ma allora si oppongano ragionamenti, argomenti, tesi. Non anatemi e scomuniche. Anche perché questa levata di scudi denota più che altro insicurezza e fragilità culturale a sinistra: se infatti, davanti a un'opinione sgradita, non scatta il riflesso di portare buoni argomenti, ma solo un istinto vagamente censorio, allora vuol dire che ci si sente tremendamente deboli. Peggio: si percepisce di non avere alcuna presa sull'opinione pubblica, nessuna capacità persuasiva, nessuna connessione emotiva.

Tra l'altro, a parti invertite, cioè quando tutti i giganti-tech stavano al fianco della sinistra mondiale (senza eccezioni, prima della mossa pro Trump di Musk e Peter Thiel), non risulta che nessuno tra i progressisti si stracciasse le vesti. Al contrario, ricordiamo corrispondenze e commenti osannanti sulla “macchina social” di Barack Obama. Ma si sa: quando uno strumento nuovo è funzionale ai dem, allora è progresso, è modernità, è capacità di stare in contatto con le nuove generazioni. Quando invece è la destra a interpretare meglio alcune opportunità, allora scatta una specie di rifiuto viscerale della novità, immediatamente presentata in una luce cupa.

 

 

 

In una memorabile pagina di Todo modo, Leonardo Sciascia fece ricordare ad un suo personaggio un dipinto di Rutilio Manetti nel quale il diavolo era curiosamente ritratto con gli occhiali. Ecco: uno strumento capace di aiutare gli uomini a vedere meglio doveva per forza essere diabolico. Ma Sciascia – ovviamente – aveva nel mirino l'oscurantismo e i pregiudizi della Controriforma. Mentre l'aspetto bizzarro delle vicende odierne è che il misoneismo, cioè il rifiuto del nuovo, avvenga proprio da parte di coloro che amano definirsi progressisti (oltre che democratici).

Giova ripeterlo ancora una volta a scanso di equivoci: pure i liberalconservatori faranno bene a porsi delle domande sulla turbopolitica del nostro tempo, sul ruolo dei campioni del big tech, sulla compatibilità tra le lentezze istituzionali (eccessive) e la velocità incontrollata (a sua volta talora preoccupante) della comunicazione online. Di tutto si può e si deve discutere, anche immaginando contrappesi e bilanciamenti. Ma l'unica cosa che non si può fare è riprodurre la celebre poesia di Guido Gozzano in cui si descrive il salotto di Nonna Speranza: “Loreto impagliato e il busto d'Alfieri”, “i fiori in cornice”, insomma un piccolo mondo antico che però – tornando alla nostra attualità – appare infinitamente lontano, un'altra era geologica, rispetto a ciò che accade sotto i nostri occhi. Il nuovo mondo non si può fermare solo perché turba i sonni e i sogni dei nostri dem.

 

 

 

Continua a leggere...

Autore
Libero Quotidiano

Potrebbero anche piacerti