Troppi cibi ultraprocessati? Lo studio che rivela il forte aumento del rischio di polipi precancerosi al colon
- Postato il 17 novembre 2025
- Lifestyle
- Di Blitz
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Negli ultimi anni si parla sempre più spesso di cibi ultraprocessati e dei loro effetti sulla salute. Snack confezionati, merendine, bevande zuccherate, carni lavorate e piatti pronti sono ormai parte della routine quotidiana di milioni di persone, ma la ricerca scientifica continua a sollevare dubbi importanti su come questi prodotti possano influenzare il nostro organismo.
Un nuovo studio pubblicato su Jama Oncology ha acceso i riflettori su un aspetto particolarmente delicato: il possibile legame tra un consumo elevato di alimenti ultraprocessati e l’aumento del rischio di sviluppare polipi adenomatosi, lesioni precancerose che possono essere un campanello d’allarme per il tumore del colon-retto. I risultati non solo confermano, ma amplificano un trend già osservato negli ultimi anni: ciò che mangiamo può incidere profondamente sulla nostra salute intestinale, soprattutto nelle fasce d’età più giovani.
Cosa ha scoperto lo studio pubblicato su Jama Oncology
La ricerca è stata condotta analizzando i dati del grande studio prospettico Nurses’ Health Study II, che segue da decenni la salute di migliaia di infermiere americane. In questa specifica analisi, gli scienziati hanno monitorato 29.105 donne sotto i 50 anni, osservandone le abitudini alimentari e la comparsa di eventuali polipi precancerosi nell’arco di oltre 24 anni.
Durante il periodo di osservazione sono stati documentati più di 1.100 casi di adenomi convenzionali e quasi 1.600 lesioni precancerose di tipo “seghettato”, entrambe considerate potenziali precursori del cancro del colon-retto.
L’elemento che ha attirato maggiormente l’attenzione è la quantità di cibi ultraprocessati consumati quotidianamente dalle partecipanti: nella media rappresentavano circa il 35% dell’apporto calorico totale, con punte di 10 porzioni al giorno nelle consumatrici più assidue.
Il risultato principale? Le donne che mangiavano più cibi ultraprocessati presentavano un rischio maggiore del 45% di sviluppare polipi adenomatosi rispetto a chi ne consumava solo tre porzioni al giorno.
Un dato che non può passare inosservato, soprattutto perché la tendenza riguardava donne giovani, una fascia d’età in cui il cancro del colon-retto è in aumento a livello globale.
Perché gli ultraprocessati possono influenzare la formazione di polipi

Lo studio non si limita a evidenziare un’associazione, ma apre la strada a riflessioni cruciali sui potenziali meccanismi in gioco. I cibi ultraprocessati sono spesso poveri di fibre e nutrienti, ma ricchi di zuccheri semplici, sale, grassi saturi, additivi, conservanti e dolcificanti artificiali. Elementi che, nel lungo periodo, possono:
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alterare il microbiota intestinale;
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favorire processi infiammatori cronici;
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stimolare la crescita cellulare anomala;
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contribuire a un aumento di peso e a una resistenza insulinica.
Anche se servono ulteriori approfondimenti per comprendere con esattezza quali componenti degli ultraprocessati incidano di più sul rischio, la ricerca di Jama Oncology conferma che l’impatto non è trascurabile — e soprattutto, che tende ad aumentare con la quantità consumata.
L’effetto osservato, infatti, segue un andamento lineare: più ultraprocessati vengono assunti, maggiore sembra essere la probabilità che si formino lesioni precancerose.
Il contesto globale: perché se ne parla sempre di più
Il tema degli ultraprocessati non riguarda soltanto gli Stati Uniti. L’allarme è ormai internazionale.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha avviato un percorso per definire linee guida specifiche sul consumo di alimenti ultraprocessati, riconoscendo che la letteratura scientifica evidenzia un’influenza significativa di questi prodotti sul rischio di diverse malattie croniche.
Anche in Italia il fenomeno è in crescita. Un recente rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, pubblicato su Frontiers in Nutrition, mostra che quasi un quarto delle calorie giornaliere proviene da alimenti ultraprocessati. Una percentuale più bassa rispetto a quella osservata nello studio americano, ma comunque sufficiente a sollevare preoccupazione.
La dieta mediterranea, spesso citata come modello di riferimento, rischia oggi di essere compromessa da un crescente ricorso a prodotti industriali sempre più diffusi nella spesa quotidiana.
Perché la relazione resta significativa anche dopo le correzioni
Un aspetto molto importante messo in evidenza dallo studio è che l’associazione tra ultraprocessati e polipi precancerosi è rimasta significativa anche dopo aver corretto i dati per numerosi fattori che potrebbero spiegare il rischio, tra cui:
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indice di massa corporea;
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diabete di tipo 2;
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livelli di attività fisica;
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apporto di fibre, calcio e vitamina D;
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qualità generale della dieta;
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consumo di alcol.
Questo significa che il legame osservato non può essere spiegato semplicemente da uno stile di vita poco sano: i cibi ultraprocessati sembrano avere un ruolo indipendente e diretto sulla salute del colon.
Cosa dicono gli esperti: un segnale che non va ignorato
Il dottor Andrew Chan, autore senior della ricerca e gastroenterologo del Mass General Brigham Cancer Institute, ha sottolineato che i dati raccolti sono coerenti con quanto si osserva clinicamente. Negli ultimi decenni, infatti, i casi di tumore del colon-retto diagnosticati in persone sotto i 50 anni sono in aumento, mentre il consumo di ultraprocessati è cresciuto in parallelo.
Chan evidenzia come molti pazienti giovani affetti da tumore del colon-rettale seguano in apparenza una dieta equilibrata, ma consumino comunque una quantità significativa di prodotti industriali. Per questo motivo, secondo gli autori, identificare con precisione i fattori di rischio per il tumore a esordio precoce è uno degli obiettivi prioritari della ricerca.
La situazione in Italia
Anche se in Italia i livelli di consumo sono inferiori rispetto a quelli statunitensi, la progressiva diffusione dei cibi ultraprocessati sta trasformando le abitudini alimentari.
Il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità segnala un trend in costante crescita e sottolinea come i cibi industriali occupino ormai una parte stabile della dieta, soprattutto nei giovani e nelle famiglie con ritmi di vita frenetici.
La crescente popolarità di snack salati, sostituti dei pasti, merendine farcite e bevande zuccherate fa intravedere un potenziale scenario simile a quello descritto dallo studio di Jama Oncology. Il rischio, dunque, è concreto anche nel nostro Paese.
Ultraprocessati e tumore del colon-retto: cosa possiamo fare davvero?
La ricerca non suggerisce di eliminare radicalmente ogni tipo di prodotto confezionato, ma invita a una riflessione sul peso che gli ultraprocessati stanno acquisendo nella dieta moderna.
Ridurne gradualmente il consumo e privilegiare cibi poco lavorati, ricchi di fibre e nutrienti naturali, può essere una strategia utile non solo per la salute dell’intestino, ma per tutto l’organismo.
Tra le scelte quotidiane che possono fare la differenza:
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preferire pasti cucinati in casa;
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scegliere cereali integrali anziché prodotti raffinati;
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aumentare il consumo di legumi, frutta e verdura;
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limitare il ricorso a snack industriali e bevande zuccherate.
Piccoli cambiamenti, se mantenuti nel tempo, possono contribuire a ridurre l’esposizione a ingredienti e additivi potenzialmente problematici.
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