Trielina nella falda, bufera sulla Regione Basilicata
- Postato il 6 giugno 2025
- Notizie
- Di Quotidiano del Sud
- 1 Visualizzazioni

Il Quotidiano del Sud
Trielina nella falda, bufera sulla Regione Basilicata
Inquinamento da trielina. La procura di Potenza chiude l’inchiesta sull’inquinamento dei terreni sotto l’azienda: fra i tredici indagati ci sono sei funzionari regionali tra cui il direttore Busciolano. Nuovo sequestro per l’area chiusa nel 2008
POTENZA – Ci sono anche sei funzionari di Regione Basilicata e Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica tra gli indagati per l’inquinamento da trielina della falda acquifera sotto la vecchia fabbrica di separatori per batterie della Daramic srl, a Tito Scalo. Incluso il direttore generale del Dipartimento ambiente della Regione, Michele Busciolano, già capo di gabinetto del governatore Vito Bardi.
INQUINAMENTO DA TRIELINA, GLI SVILUPPI DELL’INCHIESTA
Sono questi gli ultimi sviluppi dell’inchiesta dei pm di Potenza che ieri mattina hanno delegato ai carabinieri del Nucleo operativo ecologico di eseguire un nuovo sequestro dell’area su cui insisteva la fabbrica chiusa nel 2008. Un sequestro preventivo finalizzato alla confisca che segue il sequestro probatorio di maggio di due anni da.
TRIELINA, NEI TERRENI DELLA FALDA
«Il sito, su cui sin dal 1997 operava l’unica compagine italiana dell’omonima multinazionale statunitense leader nel mercato della produzione di componenti per separatori di batterie, si stende su una superficie paesaggisticamente vincolata di 48 mila metri quadri all’interno del Sito inquinato d’interesse nazionale (Sin, ndr) del comune di Tito». Così in una nota diffusa dal procuratore facente funzioni, Maurizio Cardea, evidenziando che la trielina, o tricloroetilene trovato nei terreni e nella falda dell’area sequestrata «noto per le sue proprietà mutagene e cancerogene utilizzato nel ciclo produttivo della Daramic»», era stato scoperto già nel 2005 «in concertazioni superiori ad un milione e quattrocentomila volte oltre i limiti stabiliti dalla legge».
LE PAROLE DEL PROCURATORE
Il procuratore ha ricordato che «nel 2010 la sede titese della multinazionale Daramic cessava tutte le attività in Italia e attraverso un’atipica operazione di leverage byout veicolava più di 19 milioni di euro oltralpe sottraendoli alle risorse destinate alla bonifica». Quindi ha spiegato che «da quest’ultima operazione finanziaria, portata a termine con una società veicolo con sede nel Nord Italia, nasceva la Step One srl che (…) ancorché gravata dall’obbligo di bonifica, nel suo solo lustro di vita agiva senza perseguire alcun progetto imprenditoriale fino ad approdare inevitabilmente al fallimento con il conseguente abbandono di ogni misura di contenimento dello stato di inquinamento».
IL SEQUESTRO DELL’AREA
Cardea ha aggiunto che oltre all’esecuzione del sequestro ieri, giovedì 5, è stata avviata anche la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari «nei confronti di 13 indagati: 6 funzionari pubblici e 7 appartenenti al management, tra cui due residenti oltralpe e 2 curatori fallimentari, tutti indiziati – a vario titolo – dei reati di disastro ambientale aggravato omessa bonifica e discarica abusiva».
INDAGINI AVVIATE NEL 2023
Il procuratore ha anche riepilogato l’esito delle indagini avviate nel 2023 dal Noe di Potenza, «dalle quali si appurava la mancata rimozione di una sorgente primaria di contaminazione da tricloroetilene la cui attività avrebbe significativamente compromesso e deteriorato la falda acquifera ben oltre i confini del Sin poiché è stata rinvenuta la presenza della citata sostanza con valori 110 volte superiori al limite di legge anche in aree a vocazione agricola e persino nel corpo idrico superficiale dell’affluente sinistro del Basento: il torrente Tora».
I SOPRALLUOGHI
« Le indagini, condotte attraverso accurati sopralluoghi, corpose analisi documentabili e numerose intercettazione telefoniche, hanno consentito di raccogliere una serie di elementi investigativi non solo a carico dei dirigenti delle società sopracitate ma anche di alcuni funzionari pubblici che, pur conoscendo la gravità dell’inquinamento e l’inerzia del soggetto responsabile, in violazione di un obbligo giuridico avrebbero omesso di sostituirsi ad esso e attuare le procedure di bonifica». Prosegue la nota diffusa ieri mattina, giovedì 5 giugno.
TRIELINA, L’IMPORTANZA DELLA RELAZIONE TECNICA
Cardea ha sottolineato, infine, l’importanza della relazione tecnica prodotta da un collegio di consulenti nominati dalla procura «che ha accertato l’esistenza di un disastro ambientale aggravato connesso ad uno stato di compromissione, e deterioramento, irreversibile delle matrici acque sotterranee e superficiali causato dalla trielina la cui eliminazione richiederebbe interventi e/o provvedimenti eccezionali e costi particolarmente elevati».
SEQUESTRO DELL’EX DARAMIC
Ieri, giovedì 5 giugno, sul nuovo sequestro dell’area dell’ex Daramic è intervenuto pubblicamente il segretario dei Radicali lucani Maurizio Bolognetti, tra i primi a denunciare la situazione.
«Non so se ridere o piangere». Ha dichiarato il radicale lucano. «Di certo mi viene in mente che tutte le cose che stanno emergendo ora erano già contenute nella mia prima denuncia depositata in procura. Era il 2009. Son trascorsi solo 16 dalla denuncia e circa 18 da quando inizia ad occuparmi di quel sito. Attendo ancora oggi chiarimenti su quel che emerge da una mia video-inchiesta nella quale l’allora sindaco di Tito (P. Scavone) affermava che nella famigerata vasca fosfogessi ci avevano stoccato fanghi petroliferi. Probabilmente la risposta giungerà tra altri 16 anni».
Il Quotidiano del Sud.
Trielina nella falda, bufera sulla Regione Basilicata