Tribunale condanna Rsa, negò ad una donna l’ultimo saluto al marito morente durante il Covid
- Postato il 7 ottobre 2025
- Cronaca
- Di Blitz
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Nel gennaio 2021, in piena emergenza sanitaria, la signora Rosa Anna visse uno dei momenti più dolorosi della sua vita. Suo marito Pietro, ospite di una Rsa a Novara, stava per morire. A causa delle rigide restrizioni imposte per contenere il contagio da Covid-19, alla donna fu negata la possibilità di salutarlo per l’ultima volta. Nonostante le sue accorate richieste e le mail inviate alla direzione della struttura, nessuna risposta arrivò in tempo. Solo alle 14.12 ricevette la chiamata che annunciava il peggioramento irreversibile del coniuge; quando giunse alla casa di riposo, Pietro era già morto. Le venne concesso di vedere la salma, ma Rosa Anna rifiutò, ritenendo inutile un saluto ormai privo di significato. Il dolore di non poter accompagnare il marito negli ultimi istanti di vita segnò profondamente la donna, che con lui aveva condiviso oltre cinquant’anni di vita.
Il riconoscimento del “danno da mancato commiato”
Il caso è giunto al Tribunale civile di Novara, dove il giudice Giuseppe Siciliano ha stabilito un principio destinato a fare giurisprudenza: l’esistenza e la risarcibilità del “danno da mancato commiato”. La Rsa è stata condannata a risarcire la signora Rosa Anna con 5.000 euro, per averle “discrezionalmente impedito o comunque di fatto non consentito l’accesso” al marito morente. Nella sentenza si riconosce che quel momento di saluto è essenziale per l’elaborazione del lutto, rappresentando un passaggio simbolico e umano di grande importanza. La negazione di tale possibilità, soprattutto in assenza di motivi insormontabili, può dunque configurare un danno morale risarcibile.
Le motivazioni del giudice e il valore umano del commiato
Il giudice ha sottolineato come il suo ruolo non sia solo quello di verificare la corretta applicazione delle norme, ma anche di valutare se l’esercizio di un potere discrezionale sia avvenuto in modo proporzionato e ragionevole. Nel caso in esame, la Rsa ha agito con un “eccesso di prudenza”, impedendo un atto umano e affettivo che non avrebbe compromesso la sicurezza generale. Per spiegare l’importanza del diritto al commiato, il magistrato ha richiamato un esempio eloquente: se la legge riconosce il risarcimento per una “vacanza rovinata”, non può negarlo a chi soffre per non aver potuto dire addio al proprio coniuge.
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