Trent'anni dalla svolta di Fiuggi, la destra tra Berlusconi e la sfida delle riforme

  • Postato il 31 gennaio 2025
  • Di Agi.it
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Trent'anni dalla svolta di Fiuggi, la destra tra Berlusconi e la sfida delle riforme

AGI - Sono trascorsi 30 anni dalla svolta di Fiuggi, che decretò l'addio al Movimento sociale italiano e battezzò la nascita di Alleanza Nazionale, sotto la guida di Gianfranco Fini. Da allora la destra italiana ha compiuto altri passi, una strada, per dirla con le parole di Ignazio La Russa, disseminata di "tante sliding doors", che l'hanno condotta fino alla guida del Paese e ad essere primo partito in Italia.

 

Non è più, quindi, il tempo di guardare al passato, di avere nostalgia di quel momento, esorta lo stesso Fini, la destra "non stia in una posizione di difesa". Al contrario, deve avere "il coraggio, deve osare e rischiare", deve essere "il punto di riferimento di politiche riformatrici".

 

A trent'anni di distanza, i protagonisti di quella stagione si interrogano, assieme ai nuovi protagonisti della stagione attuale, su quali nuovi passi compiere, senza rinnegare il cammino fatto ma non commettendo l'errore di restare con lo sguardo rivolto all'indietro. L'occasione la offre la Fondazione Tatarella con il convegno ospitato al Senato "Alleanza Nazionale, a 30 anni dalla nascita di governo".

 

Tra gli oratori, oltre a Fini, la seconda carica dello Stato Ignazio La Russa, il ministro Adolfo Urso e il responsabile organizzativo di Fratelli d'Italia Giovanni Donzelli. Ed è proprio lui - che si rammarica per non aver avuto l'occasione di conoscere di persona Pinuccio Tatarella - a offrire una lettura degli ultimi 30 anni e a citare uno dei coprotagonisti della storia del centrodestra italiano, Silvio Berlusconi. Donzelli premette: "Non voglio essere frainteso, Berlusconi ci manca, manca il suo sole in tasca, la sua genialità, il suo essere empatico, la sua capacita' di tenere unite tutte le anime" di quell'area politica.

 

"Ma dire che Berlusconi ha sdoganato la destra è un falso storico, perché la svolta della destra è stata quella di capire il momento" topico che aveva di fronte nel 1993, ovvero quando cambio' la legge sull'elezione diretta nei comuni, e da lì arrivò la candidatura di Gianfranco Fini per il comune di Roma e "Berlusconi, che era arguto, ci mise il cappello sopra, ma il fenomeno era partito. Gli italiani si stavano dividendo tra destra e sinistra. Non è grazie a Berlusconi che la destra è cresciuta".

 

"Grazie a Berlusconi la destra ha vinto le elezioni, ma - osserva Donzelli - la nascita di Forza Italia è stata anche un freno alla nascita di una destra di governo già allora, un freno al partito della nazione", come è adesso Fratelli d'Italia. "Ne ha rallentato i tempi, perché gli elettori di quell'area di destra avevano già FI da votare". Infine, Donzelli rivendica "i cambiamenti storici compiuti" "non perché ce lo chiedeva la sinistra", da cui "non accettiamo patenti di democraticità", "non abbiamo nessun problema ad ammettere che l'antifascismo è stato un momento essenziale, ma la sinistra deve capire che non basta essere antifascisti per essere democratici".

 

Anche La Russa è certo del fatto che la destra abbia tutte le carte in regola per stare dove è arrivata, sempre "a testa alta", scandisce ricordando lo slogan che comparve sui manifesti di FdI alla prima sfida elettorale delle europee subito dopo la sua nascita. Uno slogan che volle Giorgia Meloni e che "ancora oggi ci caratterizza". Per il presidente del Senato, pero', se è "vero che non è stato Berlusconi a sdoganare la destra, perché lo hanno fatto i nostri padri con il loro esempio di come si fa politica, il loro comportamento e la loro onestà quando la questione morale era il tema centrale, è altrettanto vero che senza Berlusconi noi saremmo si' potuti essere già allora primo partito, ma avrebbe vinto la sinistra".

 

Dunque, "dobbiamo guardare al nostro passato e al nostro presente, ma anche al nostro futuro, a testa alta". E se per Urso con Meloni a palazzo Chigi "l'Italia è diventata il faro che indica la rotta all'Europa", per Fabrizio Tatarella ora manca solo l'ultimo passo, "l'elezione di un presidente della Repubblica proveniente dalla destra italiana".

 

Ma è soprattutto alle sfide che la destra ha ora di fronte che Fini invita ed esorta a guardare. Partendo dal presupposto che "chi si colloca a destra non lo fa perché vuole ottenere vantaggi personali, di carriera o di potere" ma perche' il fine ultimo della destra è sempre stato 'l'amore per l'Italia'", spiega citando Almirante.

 

"Siamo stati pronti a cogliere le opportunità che la storia ci ha presentato" e quando Tangentopoli "travolse l'intero sistema, la destra che era all'esterno dei palazzi aveva il giusto biglietto da visita 'noi siamo altro'". Ma la vera svolta arrivo' nel '93 con la legge Segni sui comuni, ricorda ancora Fini, che consenti' all'elettore di scegliere e si elessero sindaci nostri. E adesso che la destra è al governo, "non stia in una posizione di difesa", ma al contrario "sappia incidere con le riforme", anche della seconda parte della Costituzione, "il che non mi scandalizza".

 

Sappia far "ritrovare una precisa identità" contro la crisi valoriale dell'Occidente, senza indietreggiare sul terreno dei diritti, a partire da quelli civili, ma compreso il tema dell'immigrazione, "sacrosanta battaglia ma altrettanto sacrosanto il tema dell'integrazione". Insomma, conclude Fini, "avere nostalgia di An non ha senso, bisogna avere il coraggio di osare e rischiare". 

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Agi.it

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