Tregua di Gaza a un passo dal crollo mentre crescono le accuse reciproche tra Hamas e Israele

  • Postato il 24 novembre 2025
  • Di Panorama
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Il fragile accordo di cessazione delle ostilità nella Striscia di Gaza, definito grazie alla mediazione di Washington, rischia di svanire da un momento all’altro. Hamas ha affermato di voler abbandonare l’intesa e, nelle ultime ore, si è lanciato in uno scontro verbale con Israele su chi avrebbe violato per primo la tregua. Secondo quanto rivelato da fonti citate da Al Arabiya, emissari del movimento palestinese hanno comunicato ai negoziatori statunitensi Steve Witkoff e Jared Kushner che l’intesa sarebbe “giunta al termine” e che il gruppo sarebbe “pronto allo scontro”. Il messaggio, riferiscono le stesse fonti, è stato accompagnato da un avvertimento: Gaza “non farà la fine del Libano”, formula con cui Hamas respinge l’idea di un cessate il fuoco prolungato senza contropartite. La tensione è salita dopo due giorni di operazioni israeliane nella Striscia, culminate sabato con l’uccisione di cinque comandanti di Hamas. L’organizzazione ha definito gli attacchi una palese rottura degli impegni presi. Le Forze di difesa israeliane (IDF), però, ribaltano l’accusa: sarebbe stato un combattente di Hamas a introdursi in un corridoio umanitario e ad aprire il fuoco contro i soldati israeliani, provocando l’inasprimento degli scontri.

Di fronte alle notizie secondo cui Hamas avrebbe notificato agli emissari USA la fine dell’intesa, il portavoce Ezzat al-Risheq ha provato a smorzare la portata della vicenda, sostenendo che il gruppo non avrebbe mai annunciato la fine dell’accordo. Ha però ribadito di aver chiesto ai mediatori internazionali e all’amministrazione statunitense di “obbligare Israele a rispettare i termini pattuiti”, sollecitando Gerusalemme a rendere pubblico il nome del presunto militante responsabile dell’episodio contestato dalle IDF. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha reagito puntando il dito contro Hamas, indicandolo come unico responsabile dell’instabilità della tregua. In un comunicato diffuso dal suo ufficio su X, il leader israeliano ha affermato che Gerusalemme sta applicando gli accordi “in modo completo”, mentre esponenti di Hamas avrebbero attraversato più volte la linea di separazione da quando la tregua è entrata in vigore.

Secondo il Times of Israel, anche la Casa Bianca avrebbe considerato legittime le operazioni militari israeliane di sabato, ritenendole una risposta a una precedente violazione attribuita a Hamas. Fonti statunitensi citate dal quotidiano affermano che la leadership del movimento palestinese starebbe faticando a esercitare un controllo effettivo sui propri uomini dispiegati nella Striscia. Dalla firma dell’accordo, datato 10 ottobre, i report di scontri lungo Gaza si sono moltiplicati quasi quotidianamente. Giovedì Israele ha lanciato un’ulteriore serie di attacchi, che secondo fonti locali controllate da Hamas avrebbero provocato la morte di 27 persone. Il bilancio complessivo dei palestinesi uccisi dall’inizio della tregua, secondo le stesse fonti, ha superato le 300 vittime, dato che però non distingue mai tra civili e miliziani.

L’esercito israeliano, che mantiene il controllo su più della metà del territorio della Striscia, sostiene che Hamas avrebbe violato più volte la “linea gialla”, la fascia di separazione tracciata fisicamente con barriere e segnaletica colorata. Le IDF indicano almeno tre episodi gravi, inclusi scontri costati la vita a due soldati israeliani. La Casa Bianca non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali sulla possibile rottura della tregua. Tuttavia, una fonte statunitense ha spiegato al network israeliano Walla che, pur non essendosi ancora ritirato formalmente dall’intesa, Hamas avrebbe fatto capire che non può accettare ulteriori operazioni militari israeliane. Nel frattempo, secondo l’emittente libanese Al Mayadeen, vicina a Hezbollah, una delegazione guidata dal dirigente di Hamas Khalil al-Hayya si sarebbe recata al Cairo per confrontarsi con diversi Paesi arabi e cercare sostegno nel “rafforzamento della posizione palestinese” nei confronti di Israele. Sempre ieri Le Forze di Difesa israeliane hanno confermato di aver colpito a Beirut, su indicazione dell’intelligence, eliminando Haytham Ali Tabataba’i, capo di Stato Maggiore di Hezbollah e figura centrale dell’apparato militare del gruppo. Militante sin dagli anni ’80, Tabataba’i aveva guidato la Forza Radwan, diretto le operazioni in Siria e ricoperto ruoli chiave durante la guerra contro Israele, fino a diventare il principale responsabile delle operazioni dopo la neutralizzazione di buona parte dei vertici dell’organizzazione.

Dopo l’Operazione «Frecce del Nord», era stato nominato Capo di Stato Maggiore, con il compito di ricostruire la macchina militare di Hezbollah, coordinare le varie unità e rilanciare le capacità operative del gruppo. Considerato una delle menti militari più esperte e influenti del movimento sciita, era anche inserito nella lista dei ricercati dagli Stati Uniti, che offrivano fino a 5 milioni di dollari per informazioni utili alla sua cattura. L’ufficio del Primo Ministro israeliano ha confermato che l’operazione, condotta «nel cuore di Beirut», è stata autorizzata da Benjamin Netanyahu su proposta del Ministro della Difesa e del Capo di Stato Maggiore dell’IDF. Israele ha ribadito che continuerà a colpire i tentativi di Hezbollah di riorganizzarsi e riarmarsi, «ovunque e in qualsiasi momento», pur affermando di rispettare gli accordi con il Libano. Il Ministro della Difesa Israel Katz ha promesso un’azione continua contro qualunque minaccia proveniente dal nord, sostenendo che chi attacca Israele «verrà amputato». Dal Libano, il presidente Joseph Aoun ha condannato il raid, definendolo una prova della mancata volontà israeliana di fermare le ostilità, e ha invitato la comunità internazionale a intervenire per mettere fine agli attacchi e ripristinare la stabilità.

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Panorama

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