Tredicesima detassata: cosa cambierebbe per i lavoratori e i conti pubblici
- Postato il 9 settembre 2025
- Di Panorama
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Detassare la tredicesima. La spinta ai salari, centrale nella Manovra in cantiere, potrebbe passare anche da qui. È una delle ipotesi, insieme ad altre sul tavolo della Legge di Bilancio, per alleggerire la pressione fiscale e sostenere i redditi. A lanciare l’idea è stato Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, che ha parlato di un provvedimento “azzardato, ma perché no?”. Una misura che renderebbe più pesanti a fine anno le buste paga di 19 milioni di lavoratori subordinati, ma che impatterebbe non poco sui conti pubblici, visto che il gettito generato oggi dalla tassazione delle tredicesime vale oltre 14 miliardi di euro.
Come funziona oggi la tredicesima e cosa cambierebbe con la detassazione
La tredicesima mensilità è una gratifica economica erogata a dicembre a tutti i dipendenti, sia del settore privato sia di quello pubblico, ma non ad autonomi e partite Iva. Attualmente è soggetta a due tipi di trattenute: i contributi previdenziali e assistenziali a carico del lavoratore e l’Irpef, applicata secondo le aliquote ordinarie (23%, 35% e 43%). La proposta avanzata da Tajani immagina di cancellare o ridurre questa tassazione, trasformando di fatto la tredicesima in una mensilità netta. L’impatto sarebbe notevole: per un lavoratore del ceto medio potrebbe significare centinaia di euro in più in busta paga a dicembre, con un effetto positivo sui consumi proprio durante il periodo delle festività, Quindi un bene per il lavoratore e per il sistema Italia che vedrebbe un’accelerata nei consumi. L’extra in busta a dicembre sarebbe sostanzialmente pari all’Irpef che oggi si paga sulla tredicesima (al netto dei contributi). Per un dipendente nel pieno del secondo scaglione l’impatto supera agevolmente gli 800 euro, e per retribuzioni più elevate può superare i 1.200 euro. Ma il retro della medaglia sono i costi per lo Stato, che sarebbero ingenti. Le tredicesime complessivamente valgono oggi circa 59,3 miliardi di euro e lo Stato ne incassa oggi 14,5 in tasse. Rinunciare a quel gettito equivarrebbe a mettere sul piatto una delle misure più onerose di sempre in tema di riduzione fiscale.
Le altre ipotesi in Manovra per spingere i salari
La detassazione della tredicesima si inserisce in un quadro più ampio di misure allo studio per sostenere i redditi e alleggerire il carico fiscale. Non volendo nemmeno pensare a salario minimo o reddito di cittadinanza il governo punta sulla riduzione delle tasse. Al centro della discussione c’è la rimodulazione dell’Irpef. Una delle proposte più concrete è il taglio di due punti, dal 35 al 33%, per lo scaglione compreso tra i 28 e i 50mila euro, con possibile estensione fino a 60mila. Un intervento che da solo richiederebbe almeno 2,5 miliardi di euro, con stime che arrivano anche a 4 miliardi. Allo stesso tempo si discute della detassazione delle componenti variabili del salario: straordinari, lavoro festivo, notturno e premi di produttività. L’idea è quella di applicare una flat tax ridotta, sull’esempio di quanto già avviene per i premi di produttività. Sul tavolo poi incentivi per il rinnovo dei contratti collettivi scaduti e misure a favore dei cosiddetti “salari poveri”, nella fascia compresa tra 7,5 e 9 euro l’ora.
Resta però l’ostacolo principale: le coperture. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti da Cernobbio nel weekend ha ribadito che la Manovra dovrà mantenere il profilo della “serietà e della prudenza” e che ogni misura sarà subordinata alle disponibilità effettive. Detassare la tredicesima potrebbe dare un segnale forte al ceto medio, ma il costo ingente è “prudente”? Tutto, come sempre, si gioca sull’equilibrio tra ambizioni politiche e vincoli di bilancio.