Trasversalità, soft skill e strategia: così il legale d’impresa si trasforma in un facilitatore di business
- Postato il 8 luglio 2025
- Professionals
- Di Forbes Italia
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“La crescita personale non è mai casuale; è sempre il risultato di un impegno consapevole”. Nel racconto di Monica Cetrullo, head of legal di Covivio S.A., risuonano le parole di Jim Rohn, imprenditore e speaker motivazionale statunitense. Con lei abbiamo parlato della figura del legale d’impresa, anche alla luce di un libro sul tema, di fresca pubblicazione, al quale ha contribuito.
Cominciamo dall’inizio. Cosa fa il legale d’impresa?
È frequente che in contesti aziendali strutturati si inserisca la funzione legale, con dipartimenti più o meno ampi a seconda dei casi. Il legale d’azienda è sempre stato considerato una funzione tecnica che risponde quando interpellato. La verità è che la figura del legale in azienda – sia esso un head of legal o un general counsel – sta assumendo una posizione sempre più centrale nel contesto aziendale. Questa figura non può più limitarsi a ‘dare pareri’, ma deve sapersi integrare pienamente nel contesto aziendale, mantenendo saldo il proprio ruolo di tutela, ma anche agendo come facilitatore dei processi interni, in modo costruttivo, non oppositivo.
In Italia esiste un riconoscimento normativo per la funzione di responsabile legale in azienda?
(Sorride) Tutt’altro, si potrebbe parlare di un disconoscimento normativo. Ironia a parte, chi proviene dalla libera professione e decide di intraprendere un percorso come legale interno è tenuto a richiedere la cancellazione dall’albo degli avvocati, in quanto la posizione di legale è ritenuta incompatibile con l’iscrizione all’albo.
Alla luce dell’evoluzione del ruolo e vista l’esperienza di altri paesi, anche in Italia potrebbe essere utile avviare una riflessione. Una disciplina aggiornata, che valorizzi questa figura e le permetta di mantenere la propria identità professionale, sarebbe certamente un passo in avanti verso un modello più moderno e aderente alla realtà delle imprese.
A proposito di Albo, lei ha un’esperienza pregressa in studi legali. Che tipo di esperienza è stata per lei e quali sono le differenze (se ve ne sono) col contesto aziendale?
Sì, prima di entrare in azienda ho avuto la fortuna di svolgere il maggior periodo di pratica forense nello Studio Legale Schiona, in Pescara, uno studio legale storicamente radicato nel territorio, noto per il rigore tecnico e l’approccio sartoriale al cliente. È lì che ho imparato il valore della preparazione, della chiarezza espositiva e del rispetto per la professione, avendomi trasmesso una visione etica e al tempo stesso concreta del ruolo dell’avvocato.
Successivamente, trasferitami a Milano, ho completato la pratica forense presso Cocuzza Studio Legale, una boutique italiana a vocazione internazionale con sede nel cuore della città, dove sono poi rimasta per diversi anni. È stata un’esperienza estremamente formativa, che mi ha arricchita sotto il profilo professionale e umano, lasciandomi un profondo senso di appartenenza e riconoscenza. Negli anni di maggiore formazione, è fondamentale imparare bene a far le cose. Ricordo ancora con chiarezza quanto mi sia spesa, all’interno di quest’ultimo studio, per avere l’opportunità di occuparmi sia del contenzioso, che dello stragiudiziale, inclusi dossier complessi e operazioni strutturate. Sentivo che acquisire esperienza in entrambe le aree sarebbe stato essenziale per ampliare il mio bagaglio di competenze e per muovermi in contesti diversi. Anche lavorare con più soci contemporaneamente si è rivelato estremamente arricchente: ciascuno aveva il proprio stile, il proprio approccio, e da ognuno ho potuto imparare moltissimo. E, col senno di poi, so di aver fatto la scelta giusta.
Rispondendo alla sua domanda, le differenze tra lo studio legale e il contesto aziendale sono molte, ma vorrei partire da questo presupposto: per me lo studio legale è stato la base fondamentale per affrontare con consapevolezza il passaggio in azienda. Lo studio ti forma, ti allena, ti insegna il rigore della professione. In studio ti senti spesso al centro, soprattutto se sei in un ambiente che crede in te. In azienda, il centro non sei più tu: è il business. Il legale aziendale entra in gioco nei momenti necessari, quando c’è un problema da risolvere o una decisione da prendere.
Tuttavia, mi sento fortunata a lavorare per Covivio in cui, seppur il dipartimento legale sia formalmente una funzione di staff, ho potuto costruire un rapporto solido con i colleghi diventando – spero – una figura di riferimento, integrata nel contesto aziendale. La mia porta è sempre aperta e io sono sempre pronta al dialogo; in ufficio a volte scherziamo quando diciamo che fuori la mia porta ci vorrebbe il ‘numerino’ come all’ufficio postale! Battute a parte, mi sento fortunata a guidare il dipartimento legale, pur essendo consapevole che c’è sempre spazio per migliorarsi.
Insiste molto sull’importanza di apprendere senza sosta, con una tensione al miglioramento continuo che accomuna chi ha una forte motivazione interna.
L’esperienza maturata fin qui mi consente di avere un approccio a tutto tondo al contesto aziendale in cui mi trovo. Ad esempio, quando formulo una clausola penso sempre che debba ‘reggere’ davanti ad un giudice. Ho anche la fortuna di lavorare a stretto contatto con un ceo dinamico e attento al valore delle persone, una cco di grande competenza e umanità, nonché con colleghi di elevata professionalità non solo per la qualità del lavoro che svolgono, ma anche per la passione, la disponibilità e il senso di squadra che mettono in campo ogni giorno.
Dunque, in azienda il lavoro è più articolato?
In azienda non puoi limitarti a “scrivere un parere e basta”: i problemi vanno seguiti fino in fondo, accompagnando i colleghi nella risoluzione, senza mai perdere il focus sul valore aggiunto che il legale può (e deve) offrire. Questo è il vero punto di svolta rispetto al consulente esterno. Infine, il legale interno – e a fortiori l’head of legal – deve sapersi muovere trasversalmente, comprendendo anche aspetti non strettamente giuridici: nel mio caso, ingegneria, finanza, architettura… è un lavoro di connessione continua.
Lei è tra i contributor del libro Professione General Counsel: come è nato e di cosa tratta?
Si tratta di un libro edito da Giuffrè Lefebvre, corale. L’iniziativa è partita nell’ambito della General Counsels Association – fondata dall’avvocato Francesco Wembagher insieme ad altri soci – di cui faccio parte come socia e come membro del comitato Nomine e Struttura. L’associazione riunisce ad oggi oltre 80 professionisti che ricoprono funzioni di head of legal, general counsel o legal manager. Il libro è frutto dell’iniziativa dell’avvocato Tiziana Lombardo, socia della General Counsels Association, insieme all’avvocato Alessandro Barzaghi, partner di Cocuzza Studio Legale.
È una raccolta di esperienze, riflessioni e consigli su una figura professionale in rapida evoluzione: il responsabile legale d’azienda. Si affrontano temi che vanno dal ruolo/caratteristiche, alla comunicazione/relazioni, ai consigli per chi vuole intraprendere questo percorso.
In cosa è consistito il suo contributo?
Riguarda il tema della trasversalità, un concetto che sento molto mio: mi interfaccio continuamente con gli asset manager, gli ingegneri, gli architetti e le questioni da trattare sono spesso le più disparate. Non è possibile restare in punta di piedi dietro lo spioncino della porta per vedere cosa succede fuori, ma occorre sedersi con loro, ascoltarli, parlare e, soprattutto, fare domande (tante). La trasversalità ha diverse, forse infinite, sfaccettature: tocca anche i temi della comunicazione, del sapersi porre senza intimorirsi davanti ai soggetti apicali dell’azienda, tocca l’elasticità mentale e le necessarie soft skills nella gestione del dipartimento legale stesso. Inoltre, trasversalità significa ‘andare oltre’, ossia vivere il contesto lavorativo con atteggiamento positivo e in modo costruttivo, senza lasciarsi trasportare da polemiche.
Tornando a lei, come guarda al futuro?
Con il sorriso e con una forte motivazione a migliorare, sempre. L’apprendimento non si esaurisce mai, e credo sia fondamentale mantenere viva la curiosità, la voglia di mettersi in gioco e di esplorare nuove competenze. Questa visione è perfettamente in linea con il contesto dinamico e internazionale in cui opero ogni giorno in Covivio, dove l’evoluzione continua del business richiede flessibilità, apertura e spirito di innovazione. Guardando avanti, uno dei miei principali obiettivi è crescere ulteriormente sul piano delle soft skills, in particolare nella gestione del team legale. Credo molto nel valore dell’ascolto, nell’empatia e nella capacità di riconoscere e valorizzare le persone con cui si lavora. Credo nel fare squadra, in uno stile di collaborazione che favorisca il dialogo come base per conseguire risultati solidi e duraturi.
L’articolo Trasversalità, soft skill e strategia: così il legale d’impresa si trasforma in un facilitatore di business è tratto da Forbes Italia.