Trasformare una tenda in uno spazio politico: nel libro della ricercatrice Dalla Negra, il ruolo delle donne palestinesi dopo il 1948

  • Postato il 13 gennaio 2025
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Noi palestinesi insegniamo la vita anche dopo che loro ci hanno occupato l’ultimo cielo” (tratto dalla poesia di Rafeef Ziadah). Dopo il 7 ottobre 2023 sui social compare, tra i tanti, il video di una giovane ragazza che in precedenza era stata un’influencer. La giornalista e ricercatrice Cecilia Dalla Negra, durante la presentazione del suo nuovo libro alla Libreria Tuba di Roma il 15 dicembre scorso, l’ha descritta seduta attorno a un fuoco, con tutti i bambini e le bambine accanto, mentre racconta loro la storia di Gaza prima dell’offensiva israeliana. Dalla Negra ha spiegato di aver visto ciò che aveva studiato in tutta la produzione teorica palestinese: le donne che, dopo il 1948, si sono trovate a trasmettere la memoria e l’identità collettiva ai bambini e alle bambine, raccontando della Palestina prima della colonizzazione sionista. L’autrice ha visto dunque ripetersi concretamente quella storia: una giovane donna che si assume il peso di tutto il mondo, quel mondo che per lei è stato distrutto, e cerca di raccontare alle nuove generazioni che cosa fosse la loro terra prima di essere investita da una violenza senza precedenti.

Il 7 ottobre ha rappresentato sicuramente uno spartiacque nel dibattito pubblico italiano, oltre che mondiale, e ha aperto a un surplus di informazioni e libri prodotti dal mondo occidentale. Ma esiste un buco di informazione e di conoscenza, per quanto riguarda il nostro Paese e panorama editoriale italiano, che i dieci anni di studio e di esperienza di Cecilia Dalla Negra hanno contribuito a colmare grazie al suo libro pubblicato da Astarte. L’autrice si è mobilitata per restituire ai lettori un patrimonio collettivo messo insieme nel corso di quasi un secolo dalle donne palestinesi.

La prima lezione di post-colonialismo e inclusione che la ricercatrice ci offre, la ritroviamo nel titolo del volume: Questa terra è donna, movimenti femminili e femministi palestinesi. “Questa terra è donna” fa riferimento ai versi di Fadwa Tuqan, una poetessa palestinese il cui lavoro è quasi del tutto sconosciuto in Italia, mentre “movimenti femminili e femministi” fa capire come la categoria femminista non può essere esaustiva, perché ci sono donne che la rifiutano in quanto prodotto di processi tipicamente occidentali, importati e imposti senza alcuna considerazione delle specificità contestuali.

L’autrice accompagna il lettore attraverso un filo cronologico che parte con la descrizione di una fotografia del 1929 che immortala “una delle prime manifestazioni che le donne palestinesi organizzano a Gerusalemme”. In quegli anni nascono le prime testimonianze, tra cui le primissime biografie delle “pioniere proto-femministe palestinesi” che raccontano su carta la loro storia per poterla consegnare alle generazioni future. Queste fonti difficilmente si trovano sistematizzate, per motivi di natura politica. Innanzitutto c’è un problema di accesso ai saperi: la maggior parte della documentazione è all’interno degli archivi accademici a cui non tutti hanno accesso. Qui si trovano saggi, articoli scientifici, reperti fotografici e non, che sono stati archiviati e catalogati grazie ad esempio al Centro Femminista dell’Università di Birzeit e l’Institute for Palestine Studies. Il secondo motivo è che la resistenza palestinese è stata raccontata come una storia agita dagli uomini perché la voce femminile ha subito una triplice rimozione: in primis da parte di un soggetto coloniale egemone, poi da una società che come tutte ha degli spaccati patriarcali e infine dalla categoria mediatica e giornalistica che ritagliava spazi piccolissimi per la loro voce. Eppure l’azione femminile era ben presente a partire dall’inizio del secolo.

Il libro si struttura in un modo tale per cui è possibile studiare cronologicamente la genesi e l’evoluzione dei movimenti femminili e femministi dal 1900 ai giorni nostri, come è anche possibile immergersi nell’approfondimento di un singolo capitolo storico, trasformando così l’opera in una mappa che il lettore può esplorare come desidera, uno strumento di comprensione di questa storia poco raccontata dal mondo occidentale.

Dalla Negra riesce a cogliere e a trasmettere la forza generativa di questi movimenti che hanno coltivato nelle comunità prospettive di speranza. Esempio ne è il 1948 con la Naqba e l’inizio degli anni ’50 quando le donne palestinesi hanno stretto fra le proprie mani la loro agency per poter ridefinire il proprio ruolo. Una compagine di donne in movimento che unisce le proprie forze per rivendicare il diritto a essere parte di un movimento di liberazione nazionale rispetto a una colonizzazione sionista sempre più pervasiva. Nonostante siano finite nei campi profughi interni al territorio e in quelli limitrofi di Giordania, Siria e Libano, e nonostante la necessità di farsi carico delle proprie comunità senza avere gli spazi che si erano ritagliate prima, cambiano il paradigma ridisegnando lo spazio di casa. La casa, quale che sia, diventa un sito di resistenza dove le donne sono chiamate a tenere insieme la memoria e l’identità collettiva sottoposta al tentativo di annientamento. Le palestinesi si organizzano sia all’interno di strutture tradizionalmente politiche (nei movimenti, nei partiti, nelle fazioni, nei sindacati, nei comitati) sia in spazi dalla dimensione più intima, ma non per questo meno politica, ossia quella dei nuclei comunitari e familiari, delle case, delle tende, della terra.

Cecilia dalla Negra, nella cornice di popular politcs e oral history del suo libro, spiega come le donne hanno costruito questi spazi, innescato questi processi, superato gli ostacoli attraverso le più creative forme di lateral-thinking, ma soprattutto come hanno conservato e trasmesso a generazioni di palestinesi e al mondo questo loro patrimonio collettivo di pratiche, di amore e resistenza.

Il libro sarà presentato il 18 gennaio alla libreria Griot di Roma e il primo febbraio alla libreria L’ornitorinco a Firenze

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Il Fatto Quotidiano

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