Tra la gente davanti al palco, sotto ogni striscione, una storia

  • Postato il 11 maggio 2025
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Tra la gente davanti al palco, sotto ogni striscione, una storia

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Alla manifestazione di Catanzaro, Sanità, Calabria alza la testa, da Polistena e da Villa San Giovanni rivendicazioni e vicende tristi


LA piazza è quella delle grandi adunate politiche, la piazza tanto per dirne una di Enrico Berlinguer in un 8 marzo di oltre 40 anni fa. Quando la gente straboccava fino alle viuzze del centro storico. Ma era Berlinguer! La piazza è quella delle migliaia di persone che se non sono migliaia sembra vuota. Altra epoca, altra storia.

Ma alle 2 e mezzo del pomeriggio, finalmente caldo (ma con il vento che a Catanzaro non manca quasi mai e rende tutto più sopportabile) oggi – sabato 10 maggio – è quasi già piena! Una meraviglia! Un trionfo di bandiere rosse della Cgil (grandissima) è il primo colpo d’occhio. Poi fai fatica ad entrare tanta è la gente. In primissima fila San Giovanni in Fiore e Bocchigliero. Le bandiere dei Mille papaveri rossi contro l’abbandono dei piccoli paesi circondano una bara simbolica piazzata proprio sotto il palco: dice del pericolo che corrono Bocchigliero e tutti i paesi piccoli e grandi delle aree interne (i 2/3 terzi dell’intera regione). «Se qualcuno si sente male dove andiamo? Facciamo tutti la fine di Serafino Congi».

Quelli di San Giovanni in Fiore sono di fianco e annuiscono. Hanno tutti la maglietta simbolo della lotta che nella capitale silana è in atto da mesi. Quando dal palco più tardi salirà a parlare la moglie di Serafino la piazza tremerà per l’emozione.

Ma piazza Prefettura è tutto un fiorire di storie, piccole e grandi, anche di striscioni improvvisati e cartelli scritti malamente a mano che fanno fatica ad illustrare per intero le varie situazioni. È un quadro di un dolore sordo che non è più muto, vuole parlare, vuole gridare, vuole finalmente esserci. Una giovane donna gira per tutta la piazza con una foto a colori della madre e una sola scritta: “Siamo tutti Cettina”. Dietro c’è la storia terribile di Cettina Repaci. Ne parliamo qui sotto.

Da corso Mazzini, intanto, arriva il corteo di Polistena. Sono tantissimi davvero e combattivi. Li bloccano le troupe televisive per interviste. Non hanno peli sulla lingua e dal palco più tardi, Marisa Valensise, la loro leader, non le manderà a dire. «Possiamo stare zitti per il diritto che non ci viene dato e per la presa in giro continua?».

Alle 4 la piazza è stracolma, arrivano alla spicciolata i sindaci ma per iniziare aspettano gli organizzatori che sono andati a incontrare il prefetto per illustrargli la piattaforma.

Da Serra San Bruno sono venuti per dire una cosa semplice semplice: chiudere l’ospedale di Serra è un delitto. «Lo sai che facciamo da noi? Quando stai male ti metti a pregare San Bruno». Che è il santo protettore di quel magnifico paese dove vivono ancora i certosini, nella Certosa simbolo del posto e di una millenaria storia. Tutti convengono su un punto che segna la drammaticità del mancato diritto alla salute in Calabria: «Il pubblico è morto» mi grida un ragazzo con una bandiera del Partito Comunista Rivoluzionario. Ma anche il privato non se la passa meglio.


Sì, ci sono anche i politici ma soprattutto sindaci ed ex sindaci, alcuni sono saliti sul grande palco ma altri si aggirano tra la gente. Forse sanno che alla fine della fiera la loro responsabilità dopo la grande giornata di ieri è esponenzialmente cresciuta.

Gianni Speranza ha fatto il sindaco di Lamezia Terme per una decina d’anni. Ora è con un cappellino della Cgil in testa e mi fa l’osservazione forse più acuta, mentre dal palco e da sotto il palco si comincia ad urlare “Andiamo tutti a Roma”. «Il fatto che c’è tanta gente e che sia venuta da fuori, significa – dice Speranza – che c’è una grande potenzialità. Una voglia di lottare, di stare assieme, di contare». Vicino a lui una ragazza annuisce: viene da Acri e scopro dopo che il padre anni fa è stato sindaco di quel paese. «Sono venuta perché l’ho letto sul giornale. Ma la politica che fa?».
Il pomeriggio tira tardi. Santo Gioffrè e Vittoria Morrone infiammano gli animi dal palco («diciamo che la Sanità Pubblica non è cosa Vostra»), ma nessuno ha voglia di andare via e di mollare le bandiere. Verso le 7 e mezza della sera Mimmo Cavallaro finisce di suonare. È stata una piazza di 6 ore di lotta, che da molto tempo non si vedeva. Ma è solo un punto di partenza.

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