Torino guida l’Italia nei Corridoi Lavorativi per i Rifugiati: firmato il primo protocollo territoriale
- Postato il 31 ottobre 2025
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- Di Quotidiano Piemontese
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TORINO – La Sala delle Colonne di Palazzo Civico ha fatto oggi da cornice alla firma del Protocollo territoriale per l’attuazione dei Corridoi Lavorativi per i Rifugiati, un passo decisivo per consolidare il ruolo di Torino e del Piemonte come laboratori nazionali di innovazione sociale e integrazione lavorativa.
Alla sottoscrizione hanno preso parte un ampio fronte istituzionale e civile: Città di Torino, Regione Piemonte, Prefettura di Torino, Unione Industriali Torino, UNHCR – Agenzia ONU per i Rifugiati, Arcidiocesi di Torino, Fondazione Compagnia di San Paolo, Reale Foundation, Fondazione Don Mario Operti, Agenzia Piemonte Lavoro, IRES Piemonte, Diaconia Valdese, Talent Beyond Boundaries e Pathways International.
Un modello di integrazione e sviluppo
Il protocollo locale dà attuazione al Protocollo nazionale sui Corridoi Lavorativi firmato lo scorso giugno con il sostegno del Ministero degli Affari Esteri, del Ministero dell’Interno e del Ministero del Lavoro, e mira a favorire l’ingresso regolare e sicuro in Italia di rifugiati qualificati, rispondendo al tempo stesso al fabbisogno occupazionale di imprese e territori.
Con questa firma, Torino si conferma città pioniera di modelli innovativi di accoglienza e inclusione. Il progetto dei corridoi lavorativi torinesi è stato infatti riconosciuto come best practice globale dal Mayors Migration Council, che ha premiato la città con un finanziamento del Global Cities Fund per ampliare le iniziative di integrazione.
Sessanta rifugiati in arrivo per i settori chiave
Sono sessanta i rifugiati selezionati in Colombia, Egitto, Uganda e Giordania che arriveranno nei prossimi mesi per essere impiegati in comparti strategici come l’aeroportuale, la cantieristica navale, l’informatica e l’oreficeria.
Grazie al protocollo, nuove imprese piemontesi potranno accoglierli e valorizzarne le competenze, costruendo un modello virtuoso di collaborazione tra pubblico, privato e terzo settore.
Un approccio sostenuto da norme e visione internazionale
I Corridoi Lavorativi rientrano nel cosiddetto “percorso extra-quota” introdotto dalla legge 50/2023, che consente alle imprese italiane di selezionare e formare rifugiati all’estero, garantendo un ingresso regolare tramite visto di lavoro.
Si tratta di un approccio coerente con il Global Compact on Refugees e sostenuto da UNHCR e dal Governo italiano, che riconoscono in questi strumenti un mezzo efficace per unire sicurezza, dignità e sviluppo economico.
Dal 2015, oltre diecimila rifugiati hanno beneficiato di percorsi regolari verso l’Italia attraverso corridoi lavorativi, universitari o umanitari.
Le voci dei protagonisti
«Torino è la prima città in Italia a firmare un protocollo locale dedicato ai Corridoi Lavorativi per i Rifugiati – ha dichiarato la vicesindaca Michela Favaro – rinnovando il proprio impegno a costruire una comunità in cui il lavoro è al centro dei percorsi di inclusione e sviluppo. È un modello che unisce solidarietà e competitività, creando un’economia più giusta, inclusiva e sostenibile».
Per Chiara Cardoletti, rappresentante UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino, «la firma di oggi dimostra che è possibile unire solidarietà e crescita economica, offrendo alle persone rifugiate opportunità sicure e alle imprese italiane le risorse umane qualificate di cui necessitano».
«Il lavoro è da sempre un acceleratore di integrazione economica e culturale – ha sottolineato Marco Gay, presidente dell’Unione Industriali Torino – e in un contesto di grandi trasformazioni tecnologiche ed emergenze geopolitiche, valorizzare il capitale umano è la vera chiave per la crescita».
Anche il mondo filantropico conferma il proprio impegno. «Accoglienza e sviluppo del territorio possono camminare insieme – ha affermato Rosanna Ventrella, vicepresidente della Fondazione Compagnia di San Paolo – perché mettere al centro le persone e il valore del lavoro significa costruire autonomia e futuro».
Sulla stessa linea Virginia Antonini, general manager di Reale Foundation, che parla di «un progetto che incarna i valori di inclusione e dignità, e che dimostra come la collaborazione tra pubblico e privato possa generare valore condiviso per l’intera comunità».
Per Giulio Di Blasi di Pathways International, il protocollo torinese «è già diventato un modello replicabile in altri Paesi, un approccio sistemico che unisce innovazione e solidarietà».
Infine, Gianluca Barbanotti della Diaconia Valdese ricorda come «questa iniziativa offra una narrazione alternativa della migrazione, che supera la logica della paura e promuove i diritti e gli interessi di tutti».
Torino come laboratorio europeo di inclusione
Con la firma del protocollo, Torino consolida la propria posizione di avanguardia europea nell’integrazione dei rifugiati attraverso il lavoro, dimostrando che le vie legali di ingresso possono trasformarsi in strategie di sviluppo umano ed economico.
Come ha sottolineato Daniele Albanese, responsabile dei programmi europei di Talent Beyond Boundaries, «questo protocollo dimostra che l’integrazione lavorativa non solo è possibile, ma rappresenta una strategia vincente per il futuro del territorio».
Un futuro che, a Torino, si costruisce con le persone, con il lavoro e con la convinzione che l’inclusione sia la forma più concreta di innovazione.
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