Tomori espulso, stupido Var: rispettare il protocollo anche a costo di falsare una partita
- Postato il 10 febbraio 2025
- Calcio
- Di Il Fatto Quotidiano
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Passi per l’incapacità dei nostri arbitri, ormai ci siamo abituati. Possiamo accettare per rassegnazione perfino la malafede, declinata non nella forma del complotto (quelli in stile Calciopoli si spera non tornino più) ma della semplice sudditanza psicologica, che esisterà sempre. Ma davvero non c’è niente di peggio della stupidità. È stato il solito weekend di orrori arbitrali in Serie A. Non è nemmeno una novità, infatti non è il caso di parlare del clamoroso rigore non fischiato per il fallo di mano di Gatti, con tanto di check completato al Var, che ha sfilato la vittoria al piccolo Como per consegnarla alla grande Juventus in crisi e bisognosa di punti: un episodio come ce ne sono stati e ce ne saranno ancora. Basta prendere Torino-Genoa, campionario di strafalcioni da una parte o dall’altra, o l’assurda espulsione di Marianucci in Empoli-Milan, per averne conferma. Questi sono solo errori come tanti. È l’altro cartellino rosso della partita, quello di Tomori, che lascia esterrefatti.
Minuto 54, punteggio sullo 0-0: Colombo, attaccante dell’Empoli, va via in contropiede, partendo in posizione irregolare. È palese già ad occhio nudo ma il guardalinee non tira su la bandierina, fa bene perché questo dicono le direttive: nel dubbio lasciar giocare, così che poi possa essere il Var a valutare. L’azione prosegue, Tomori entra in ritardo e stende l’avversario: secondo giallo e rosso inevitabile. Peccato che il fallo sia stato commesso su un giocatore in fuorigioco, quindi non avrebbe mai dovuto nemmeno verificarsi: in campo se ne rendono immediatamente conto tutti, non solo il diretto interessato, anche l’imbarazzo di arbitro e assistente è evidente. Ma nessuno fa nulla. Il Var non può intervenire perché da regolamento può essere utilizzato solo in caso di espulsione diretta e non di doppia ammonizione.
Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere. Per fortuna il Milan ha vinto, evitando che un’assurdità del genere condizionasse il risultato (certo, anche per la solita compensazione dell’arbitro Pairetto, che dopo pochi minuti ha ripristinato la parità numerica, ma questa è un’altra storia). Qui non si tratta più dell’errore marchiano, del favoritismo o presunto tale. Siamo proprio allo sbagliare sapendo di sbagliare. C’è un evidente buco nel protocollo, che andrà sanato il prima possibile: se si fanno proseguire le azioni dubbie per avere la possibilità di intervenire a posteriori, com’è diventata buona prassi dall’avvento del Var, bisogna poi però poter cancellare tutte le conseguenze di quell’azione, come appunto un cartellino giallo, o un calcio d’angolo, o qualsiasi altra cosa ne derivi ingiustamente, altrimenti diventa un vantaggio troppo grande per chi attacca. Ma non è nemmeno tanto questo il punto. Quanto il comportamento del pessimo Pairetto: chiunque abbia a cuore il gioco del pallone non può in coscienza avallare un torto soltanto per tenere il punto su un astruso protocollo. Invece qui abbiamo un arbitro, cioè il garante delle regolarità della competizione, che accetta di commettere consapevolmente un errore e condizionare un risultato pur di non contraddirsi. Nella loro logica, è meglio falsare una partita piuttosto che fare uno strappo alla regola. È il trionfo della forma sulla sostanza, della burocrazia, dell’ingiustizia. Il manifesto del sistema arbitrale italiano.
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