Ti ricordi… Sergio Clerici, “El Gringo” a cui rubarono una Bmw e poi chiesero scusa

  • Postato il 7 novembre 2025
  • Calcio
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 1 Visualizzazioni

Un pallonetto spietato e preciso: a quasi 35 anni “El Gringo” spara ancora e lo fa, riagguantando la Fiorentina al Dall’Ara in un freddo pomeriggio di novembre di cinquant’anni fa. “El Gringo” è Sergio Clerici, in Italia già da quindici anni, ancora pericolosissimo a 35 anni, con la maglia del Bologna. Chiarissime origini italiane da parenti toscani e meneghini, ma nato a San Paolo, dove gioca praticamente a tutto: a calcio sulla spiaggia, ovviamente, ma pure a basket, volley, calcio a cinque, hockey (dove arriva anche in Serie A). In realtà in Brasile si chiama Clerice, per un errore all’anagrafe, e in campo è Serginho.

E studia pure Serginho, alternando lo sport al ginnasio: ma è bravo con la pelota ai piedi e un amico calciatore gli procura un provino all’Internacional, che ovviamente va bene, e così a sedici anni inizia una carriera che per l’epoca è da considerare lunghissima. Passa alla Portoguesa santista, contemporaneamente fa il servizio militare, e in una partita a guardarlo c’è un osservatore del Lecco. È il 1960 e in Italia vanno di moda gli oriundi: Sergio lo è davvero e viene acquistato dalla società lombarda per il tramite di un imprenditore italiano che opera lì in Brasile, solo che per arrivare in Italia deve aspettare il Natale complici gli obblighi militari.

Al suo arrivo c’è freddo, tanto freddo, un freddo che un diciottenne brasiliano non può immaginare, tanto che il presidente Ceppi vedendolo arrivare in abiti non certo adatti all’inverno del Nord Italia, gli compra un po’ di abbigliamento pesante. Non basta però: Sergio in sei mesi segna due volte, una alla Lazio e una al Bologna. Il Lecco va agli spareggi salvezza e Clerici fa gol nel 3 a 3 contro l’Udinese, un punteggio che basta a salvare i lombardi. Ma l’anno dopo la musica non cambia, anzi: Sergio, che per i tifosi è diventato “El Gringo”, complice la passione dilagante per i film western all’epoca, segna una sola volta e il Lecco stavolta in B ci finisce per davvero.

Il presidente Ceppi però si è affezionato a quel ragazzo, e nonostante la corte di numerose squadre, a partire dal Milan di Nereo Rocco, lo trattiene anche in B. Sergio intanto migliora il suo score: prima cinque gol in Cadetteria, poi dieci, poi venti e poi diciotto, stavolta utili per riportare la squadra in Serie A. Dopo un campionato a Lecco arriva il Bologna di Gipo Viani, anche stavolta Ceppi non vorrebbe cedere El Gringo, ma è lo stesso Sergio desideroso di affrontare un’esperienza diversa, in una squadra più ambiziosa a pregarlo di lasciarlo andare.

La stagione non è molto positiva però, e Clerici va in gol solo quattro volte, e usato come pedina di scambio per portare a Bologna Beppe Savoldi dall’Atalanta. Segna nove gol, ma anche stavolta non resta, passando al Verona: due stagioni, diciotto gol, e ormai i trent’anni che arrivano. Lo vuole fortemente Liedholm a Firenze: Clerici è un centravanti che non segna moltissimo ma è duttile, aiuta la squadra, fa giocare bene i compagni e dunque piace ad allenatori con idee innovative per l’epoca.

In più a un gran fisico, in anni in cui a trent’anni si era considerati vecchi lui corre ancora come un ragazzino, perciò lo chiama Vinicio a Napoli. All’ombra del Vesuvio vive le migliori stagioni dal punto di vista realizzativo con trenta gol in due stagioni, instaurando un feeling particolare con la tifoseria: gli rubarono una Bmw, riportata dopo una notte con tanto di scuse “Non sapevamo fosse tua”.

Il Napoli sfiora lo Scudetto, e Ferlaino per provare a vincerlo decide di prendere Beppe Savoldi, ancora una volta El Gringo è la pedina di scambio e torna a Bologna. Stavolta accende la piazza, segnando 15 gol in due stagioni, seppur ormai trentacinquenne e passando poi alla Lazio, prima di chiudere la carriera in Canada, da capocannoniere del campionato. Tornerà in Brasile come allenatore, prima al Palmeiras e poi al Santos.

E così, tra un pallonetto e un sorriso, Sergio Clerici si è preso il suo posto nella memoria del nostro calcio. Non un fuoriclasse da copertina, ma un uomo vero, di quelli che hanno attraversato gli stadi d’Italia lasciando dietro di sé la scia semplice e luminosa della passione. “El Gringo” venuto dal Brasile con la valigia leggera e la neve negli occhi: uno che ha continuato a sparare pallonetti anche quando il tempo sembrava dirgli di smettere.

L'articolo Ti ricordi… Sergio Clerici, “El Gringo” a cui rubarono una Bmw e poi chiesero scusa proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti