Ti ricordi… La Grotteria: “Quando arrivai ad Ancona persero le valige. Comprai le scarpette al mercato e feci due gol”
- Postato il 25 luglio 2025
- Fatto Football Club
- Di Il Fatto Quotidiano
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“Mi sono fermato a 49”. No, non sono gol e in realtà è una bugia. Bugia insostenibile poi se si trattasse di gol: mai visto un attaccante che se li toglie. Gli anni sì, invece, e oggi ne compie 49 Cristian Alejandro La Grotteria, bomber argentino, con un passato da calciatore in Italia e un presente da allenatore. Pure le origini sono italiane, ma questo per gli argentini non è certo una novità. Cristian nasce e cresce a La Plata: “In un’Argentina in pieno sviluppo – ricorda – dove molte strade erano sterrate e tutte avevano gruppi di bambini come me che giocavano a pallone”. Gioca e studia Cristian, va al liceo e gioca nel Gimnasia, poi in un derby si accorge di lui l’Estudiantes e lo prende: ha fisico, corsa e tecnica. “El Pincha” lo porta in biancorosso.
“A 18 anni avrei voluto iscrivermi all’università, mi sarebbe piaciuto fare l’equivalente dell’Isef per diventare istruttore sportivo, ma poi ho scelto di rimanere nel calcio”. Ma le difficoltà sono dietro l’angolo, con i genitori di Cristian che divorziano: “E io – racconta La Grotteria – che ero il più grande di quattro fratelli dovevo prendermi cura della mia famiglia. Ho iniziato a lavorare in un supermercato ma ho fatto cadere una bottiglia d’olio e mi hanno licenziato”. Allora ci riprova col pallone: con l’Estaciòn Quequen, una squadra dilettantistica che però gli garantisce un buono stipendio, seppur molto lontano da casa. Ma se in campo Cristian fa sfracelli, ancora una volta il fato entra in tackle, col presidente che si toglie la vita a causa dei debiti.
L’attaccante torna a La Plata e questa volta il destino gli sorride: mentre si allena da solo in un parco incontra la squadra dell’Estudiantes e il suo vecchio allenatore, torna in biancorosso. “Che squadra che era quella: c’era Martin Palermo, la Brujita Veron, Scaloni che poi è diventato campione del mondo da allenatore. Quell’esperienza mi ha dato tanto sia come calciatore che come uomo, mi ha permesso di viaggiare tanto che non è secondario. Se li sento ancora? Sì, abbiamo una chat con quelli del ’74”.
Per trovare più spazio scende di categoria e nel 1998 arriva la chiamata dell’Ancona: “Un procuratore italiano mi ha portato lì ed è stato incredibile già dall’inizio: non sapevo una parola d’italiano e mi hanno subito perso le valige, non si sa come erano arrivate in Spagna e io ero in Italia. Quando sono arrivato avevo la partita il giorno dopo, ma non avevo niente: sono sceso in un mercatino di quelli che fanno la domenica e ho comprato delle scarpette di qualità scadente, il pomeriggio vado in campo e faccio due gol: poi ho scoperto che ero in prova, ma dopo quei due gol sono stato tesserato”.
Un’esperienza che ricorda ancora con piacere: “Ancona è fantastica, mi ha accolto come un figlio: feci il gol salvezza, ho segnato nel derby, un’esperienza meravigliosa davvero”. Poi Palermo, con trasferimento record da due miliardi: “Sì, quell’anno Crespo fu il più pagato in A, io in C. In rosanero ho trascorso tre anni bellissimi, sono tifosi che ti fanno sentire il loro amore tutto il giorno e ancora oggi me lo dimostrano”. In quel periodo potrebbe spiccare il volo: “Fui vicino alla Roma, poi ci andò Bombardini. Si parlò di uno scambio col Napoli ma poi non se ne fece nulla”. Dopo Palermo Cristian è passato al Padova e alla Spal dove ha chiuso la carriera, oggi è rimasto in Veneto e allena i giovani (nell’ultima stagione è stato a Venezia): “Cosa gli consiglio? Di divertirsi e poi pensare al resto. Anche se spesso si sente che a differenza mia oggi non si giochi più in strada: mancano le giocate e il coraggio”. E oggi sarebbero 51 per Cristian: “Li festeggio a cena con mia figlia, come sempre. E sono 49, non 51, mi raccomando”.
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