Theodoros

  • Postato il 30 ottobre 2024
  • Di Il Foglio
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Theodoros

La trama, in un libro come questo, è il meno. Il nocciolo di Theodoros è semplice: la vita avventurosa di un personaggio realmente esistito, Teodoro II di Etiopia, negus dal 1855 al 1868, suicida per non cadere nelle mani degli inglesi che lo hanno sconfitto. Di suo, Caărtaărescu aggiunge un’immaginaria infanzia e giovinezza di Teodoro nei Balcani. Ma, detto questo, non si è detto niente.

 

Perché, come sempre, la forza di Cărtărescu è tutta nella scrittura e nell’immaginazione. Una scrittura rutilante, iperbolica, eccessiva, in cui il periodo più breve dura almeno mezza pagina (impossibile esemplificare, la più breve delle citazioni esaurirebbe lo spazio della recensione), che spazia in una frase dai registri più crudi ai più eruditi, che sciorina vocaboli da ogni campo dello scibile, compresi molti talmente locali o specialistici da essere intraducibili. Un’immaginazione lussureggiante, in cui le arsure dell’Etiopia si alternano ai geli della Valacchia, in cui rimedi contro il verme solitario fatti di coleotteri e funghi e urina di capra si mescolano a citazioni dal Kebra Nagast, il libro sacro degli etiopi, in cui storie improbabili ma realmente accadute – come quella di Joshua A. Norton che nel 1859 si proclamò imperatore degli Stati Uniti – si intrecciano con le imprese semileggendarie dei briganti transilvani, in cui la violenza più selvaggia si mischia inestricabilmente alla religiosità più arcaica, in cui storie si attorcigliano ad altre storie e ogni personaggio apre un nuovo spazio e un nuovo racconto che porta sempre più lontano e poi puntualmente torna ad annodarsi al tronco principale.

 

Insomma, difficile dire che Theodoros di Caărtăarescu sia un romanzo. Difficile anche dire che cosa sia. Forse una saga, una saga fantasmagorica che fonde miti greci e racconti orientali, leggende balcaniche e teologia bizantina, che spazia dalle orde tartariche ai valzer viennesi importati in Grecia al tempo di re Ottone d’Asburgo e dai gironi infernali delle miniere di sale di Turda alle disquisizioni dei Padri della Chiesa sulle nature di Cristo, una saga in cui personaggi e vicende storiche acquistano contorni surreali e i personaggi di fantasia hanno la concretezza della carne e del sangue, in cui i miti sembrano realtà e la realtà acquista contorni mitici.

 

No, non è un romanzo, Theodoros di Caărtăarescu. Del resto, si può scrivere un romanzo in cui a tratti la voce narrante si rivela essere nientemeno che la voce dello Spirito santo?

   

Mircea Cartarescu
Theodoros
il Saggiatore, 712 pp., 29 euro

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Il Foglio

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