The dialogue Police – Così in Svezia la polizia media anche con i nazisti. Il docufilm a Mondovisioni 2025
- Postato il 4 ottobre 2025
- Cinema
- Di Il Fatto Quotidiano
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Incredibile ma vero. In Svezia dal 2001 è in attività la “Polizia del Dialogo”. Un’unità speciale che prova a garantire in mezzo alla strada e tra le piazze affollate, la libertà di espressione, pensiero e manifestazione per chiunque. Anche i nazisti. Nel caso in cui lo chiedessero potrebbero avere anche loro un momento di free speech tra le vie di Stoccolma, Malmoe o in qualunque città svedese. A controllare la corretta applicazione di un diritto costituzionale troverete Erik, Anna, Jimmy, Semsi, Nicole, Johan. Un team di sbirri gentili, pacati, pronti al dialogo e alla contrattazione che forzando la farlocca massima tollerante di Voltaire darebbe la vita pur di permettere al manifestante di esprimersi.
Il racconto di un anno tipo, quello critico del 2022, per la Polizia del Dialogo ce lo racconta in immagini Susanna Edwards con The dialogue Police – in queste ore in programmazione a Mondovisioni 2025 durante il Festival di Internazionale a Ferrara. Un documentario dall’impianto drammaturgico apparentemente scontato ma che si ricompone continuamente attorno ad un tira e molla di difficoltà e successi dello sparuto manipolo di contrattatori. Una tensione visibile e palpabile che passeggia fisicamente sul confine tra manifestanti e attonita indifferenza, tra protesta rumorosa e agitata attesa.
Quando ad esempio sono gli attivisti di Extinction Rebellion a bloccare il traffico di punta, incatenandosi e incollandosi a cartelloni e striscioni, o addirittura sull’asfalto, le reazioni degli ignari automobilisti sono uguali a quelle viste sul GRA romano con autisti inferociti a strappare cartelli e ad avvicinarsi minacciosi con l’auto in accelerazione verso il corteo immobile. Ebbene i poliziotti addetti al dialogo, con il loro gilet giallo fluorescente, nell’avvisare delle conseguenze di un arresto, smorzano gli animi, tranquillizzano, giocano al rimpallo tra le due fazioni, smussano, limano, sgrassano gli eccessi, in primis per la difesa di chi sta esprimendo le proprie idee.
Poi certo, di fronte a Rasmus Paludan, leader del partito di estrema destra Stram Kurs che brucia il Corano davanti a mercati islamici e ai kebabbari, la fatica è quadrupla. Eppure anche lì, nessuna bestemmia, nessuno sguardo verso il cielo. Il lavoro è lavoro. La Costituzione è la Costituzione. Anche Paludan va lasciato parlare, anche se si crea uno scontro diplomatico internazionale con la Turchia di Erdogan. Con l’aiuto di una decina di operatori, tutti vividamente macchina a mano, Edwards ricompone un quadro professionale indefesso e granitico nella sua efficienza, cortei e lavori preparatori d’ufficio, pur con il neo di un omicidio improvviso che suscita interrogativi apparentemente insormontabili. Anche perché, come spiega il veterano Semsi, dopo 33 anni di servizio la vecchia divisione ideologica elementare in due parti contrapposte è sparita per far spazio ad un “puzzle” di divisioni politiche e religiose spesso difficili da comprendere e gestire.
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