Terranova: così Tripodi smascherò i voltagabbana del Pci

  • Postato il 11 gennaio 2025
  • Di Libero Quotidiano
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Terranova: così Tripodi smascherò i voltagabbana del Pci

Il tema di valorizzare la cultura alternativa al marxismo è presente a destra non certo da oggi. Personaggi che si impegnarono in tal senso sono ormai del tutto colpevolemnte dimenticati dagli eredi oggi al governo ma pure hanno dato un contributo fondamentale tra gli anni Cinquanta e Settanta del secolo scorso. Tra questi una menzione particolare la merita Nino Tripodi, fondatore dell'istituto nazionale di Studi Politici e Economici (Ispe) che si avvaleva della collaborazione di uomini come Ettore Paratore, Alfredo Cattabiani e Gioacchino Volpe.

A Tripodi è dedicato un libro, Il realismo della politica di Rodolfo Sideri (ed. Settimo Sigillo, che sarà presentato il 23 gennaio nella sede di An in via della Scrofa) che ne ricostruisce la biografia intellettuale a partire dall'attività nei Guf fino al ruolo di direttore del Secolo d'Italia (1979-1983) che vide l'introduzione dell'inserto cultura nel giornale di partito. Morì, forse non a caso, nell'anno, il 1988, che vide la scomparsa anche di Pino Romualdi e Giorgio Almirante.

Si deve all'opera del professor Giuseppe Parlato, uno degli storici della nidiata di Renzo De Felice, la recente riproposizione del più famoso libro di Nino Tripodi che, all'inizio degli anni Ottanta, fece discutere e fu un atto di accusa contro il conformismo della cultura italiana: Intellettuali sotto due bandiere (La scuola di Pitagora editrice). Si scopre nel libro di Tripodi che alcuni studiosi, artisti e scrittori che operarono durante il regime in camicia nera, soprattutto nelle riviste dei gruppi universitari fascisti, già prima della fine della guerra si erano avvicinati al Partito comunista. Tra questi Alicata, Brancati, Alvaro, Rèpaci, Zangrandi, Lajolo, Guttuso, Pintor, Aristarco, Salce, Chiarini, Fortunati, Ingrao, Trombadori, solo per citare i più noti.
Ma si scopre anche che i giovani intellettuali di formazione cattolica, o laico-risorgimentale, o socialista trovarono nel regime e nelle sue organizzazioni la possibilità di esprimere le proprie aspirazioni e ambizioni.

Il libro di Tripodi – che offrì lo spunto al successivo studio di Mirella Serri “I redenti” – ci fa vedere come, fra i “littori”, e cioè i vincitori delle varie sezioni dei Littoriali, figurano nomi di personaggi che avrebbero acquisito notorietà nei decenni della Repubblica democratica, tra i quali Francesco Pasinetti, Leonardo Sinisgalli, Antonio Amendola, Alberto Lattuada, Vittorio Zincone, Enrico Fulchignoni, Vincenzo Buonassisi, Dino Del Bo, Carlo Muscetta, Luigi Meneghello... Scrive Tripodi, spiegando il percorso vissuto da questi aspiranti intellettuali: «I giovani volevano un fascismo universale e su questo piano erano possibili interazioni con il mondo cattolico e con quello comunista. Si trattava di qualcosa che superasse le vecchie ideologie dell'Ottocento e del primo Novecento...». Su questo piano sono molto interessanti anche le pagine sui futuri esponenti di governo della Democrazia cristiana, da Aldo Moro a Fiorentino Sullo, da Mario Ferrari Aggradi e Luigi Gui sino a Giulio Andreotti e Carlo Donat-Cattin, tutti esprimenti adesione al regime e alle ragioni della guerra.

Così come vanno sottolineate le pagine sul Convegno degli scrittori europei di Weimar del 1942, al quale parteciparono anche i giovani Pier Paolo Pasolini e Giaime Pintor. Il primo ne scrisse entusiasticamente sul settimanale del Guf di Bologna, del quale era assiduo collaboratore. E per quanto riguarda il secondo, sul tema lasciò «pagine che fanno dubitare sulla pretesa di una sua critica al fascismo prima della tragica realtà dell'invasione nemica». Questi giovani aspiranti intellettuali aderivano con entusiasmo alle parole d'ordine del fascismo, sottolineò Tripodi, anzi «la camicia nera se la facevano persino di seta e agli stivali applicavano con gusto gli speroni».
 

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Autore
Libero Quotidiano

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