Teppisti a Torino, nome, indirizzo, cellulare, poi tutti a casa: e sogni d’oro anche per gli stupratori romani

  • Postato il 30 novembre 2025
  • Politica
  • Di Blitz
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Ci si chiede: possibile mai che quasi sempre un gruppo di teppisti riesca ad infilarsi in una marcia di protesta e la stravolga in una manifestazione violenta? 
Come mai questi malviventi (chiamiamoli con il nome che meritano) vengono identificati con tanto di nome e cognome per poi ripresentarsi puntuali qualche giorno più tardi, aggredendo la polizia, lanciando sassi, incendiando macchine e spaccando vetrine?

È successo così anche l’altra sera nella redazione della Stampa (il giornale di Torino) deserta per lo sciopero dei giornalisti. Scrive il direttore Andrea Malaguti: “Tutto per aria: libri, giornali sedie”. E anche slogan sui muri che ammonivano “Morte ai giornalisti”. Chi ripagherà questi danni? Ma non è il danaro il “punctum dolens” della scorribanda.
L’interrogativo è un altro, sempre più pressante: perché questi teppisti, il cui nome è ben presente nei fascicoli della polizia, tornano immediatamente liberi per poi ripresentarsi all’appello la volta seguente quando un’organizzazione scende in piazza per una protesta? Delle due l’una: o la macchina della giustizia ha qualche crepa che bisogna subito sanare; oppure alla squadra dei violenti è iscritta una “folla” tale da rendere facile il ricambio.

Teppisti in redazione

Teppisti a Torino, nome, indirizzo, cellulare, poi tutti a casa: e sogni d’oro anche per gli stupratori romani, nella foto la redazione della Stampa
Teppisti a Torino, nome, indirizzo, cellulare, poi tutti a casa: e sogni d’oro anche per gli stupratori romani – Blitzquotidiano.it (foto ANSA)

Prendiamo ad esempio quanto è avvenuto negli uffici del quotidiano piemontese: le indagini subito avviate hanno permesso di identificare una trentina di questi manigoldi. Ebbene, come è finita l’inchiesta? A “tarallucci e vino”, direbbero i napoletani. I responsabili sono stati liberi di tornare a casa e dormire tranquilli nel loro letto per poi essere pronti a rispondere “presente” il giorno in cui verrà deciso  di sconvolgere una città, oltre che bloccarla nei suoi principali servizi.
È una domanda ripetitiva che sorge spontanea ogni volta che si legge o si assiste a quelle che vengono chiamate “violenze squadriste”. È troppo facile dare una etichetta di comodo a quanto avviene spesso e volentieri per poi non andare alla radice del problema.
Di che si tratta è assai semplice capirlo, perché il ritornello è sempre lo stesso. Si marcia tranquilli per un determinato periodo di tempo e poi si scatena il finimondo. Soggetto e sceneggiatura non cambiamo mai: la cronaca la si potrebbe scrivere in anticipo. Ecco perché non si capisce come  questo nucleo di individui non venga messo in grado di non  compiere  più simili scorribande prima ancora che si possano verificare.
Alla fine, la classe politica è tutta concorde nel condannare la violenza. Si usano belle parole, frasi a effetto, si fa a gara per chi è più bravo a trovare gli aggettivi più appropriati. Però, alla fine, tutto rimane come prima e bisogna avere solo la pazienza di aspettare qualche giorno per la prossima “marcia della pace”.

Parole da Brigate Rosse

“Sono dei mascalzoni da isolare”, tuona il ministro Piantedosi, ” I loro slogan sono quelli (Dio ne scampi) delle Brigate Rosse, mai dimenticati”. “L’informazione va salvata”, si ripete ancora: Tutti bravi quando si parla della libertà di stampa. “Piena solidarietà ai giornalisti del quotidiano torinese”, è il coro.

La voce è unanime, tranne quella dell’ ormai arcinota Francesca Albanese, rappresentante speciale dell’Onu per i territori palestinesi, la quale condanna la violenza (la ringraziamo), ma aggiunge.”Sia un monito per chi si occupa di questi problemi”. Tradotto dal politichese vuol dire: state attenti voi uomini e donne dell’informazione a scrivere puntualmente quel che avviene nella striscia di Gaza. In parole semplici: quel che accade nelle città messe a ferro e a fuoco dai teppisti è solo colpa di chi non riporta con fedeltà quel che avviene in Medio Oriente.  Insomma, si distorce la realtà.

Dinanzi a tanta sfacciataggine non ci sono commenti da fare. Solo rivolgersi per l’ennesima volta ai parlamentari di destra, di sinistra o di centro e pregarli di lasciare a casa per un giorno le liti e li divisioni e trovare un accordo che eviti la violenza e inchiodi i responsabii costringendoli ad andare là dove dovrebbero stare. In una parola, un nuovo sacrosanto disegno di legge.
Purtroppo, la meraviglia non ha nè confini, nè limiti. Basta leggere quel che è accaduto in uno dei più prestigiosi licei di Roma: il Giulio Cesare che ha la sua sede in Corso Trieste. Sui muri dei bagni è apparso uno scritto con la lista degli stupri ed il nome di nove ragazze che avrebbero dovuto cedere al desiderio sfrenato di qualche giovanotto. La speranza è che presto vengano individuati tutti i responsabili di un simile sconcio di modo che sia impedito loro di frequentare una scuola di ogni ordine e grado.

 

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Autore
Blitz

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