Tennis, silenzi e abusi. Julie ha un segreto è straordinario cinema in purezza

  • Postato il 24 aprile 2025
  • Archivio
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 2 Visualizzazioni

Tacere invece di parlare. Il silenzio che prende il posto della parola. Julie ha un segreto è espressività visiva in purezza. In fondo, per un’ora e 33 di film, il regista belga Leonardo Van Djil osserva e attende una possibile confessione senza che questa mai si esplichi verbalmente. Julie (Tessa Van den Broeck) è una giovane talentuosa promessa del tennis travolta dall’improvviso suicidio di una compagna di sport altrettanto promettente. Ombre si aggirano sulla figura del maturo allenatore di entrambe, tal Jeremy. Direttrici ed insegnanti del prestigioso collegio dove Julie studia e si allena rigorosamente invitano le ragazze, e nella fattispecie la protagonista, a testimoniare sul tipo di rapporto avuto con il coach. Mentre Jeremy viene prima sospeso e poi indagato, Julie tra un duro allenamento, una gara cruciale e i compiti in classe, sceglie di rimanere in silenzio senza però disdegnare di incontrare Jeremy di nascosto in un bar e a dialogare con lui al telefono.

C’è di che rimanere stupefatti di fronte allo stile con cui Van Djil affronta questo lungo, doloroso, inesausto silenzio della sua protagonista. Pur esponendo una storia in maniera temporalmente lineare e narrativamente convenzionale (la famiglia, la scuola, la vita con le compagne, il tiramolla con il nuovo allenatore, qualche spiraglio aperto sul vecchio coach), Van Djil gira in 35mm optando per un’inquadratura a macchina da presa fissa; ripresa spesso laterale o alle spalle della protagonista mentre macina sudore, fatica e gioca mirabilmente sui campi di tennis, talvolta ad una inusuale distanza (figura intera o campo lungo), per poi intervallare l’agonismo pubblico con primi piani più intimi sempre laterali, dettagli del viso che emergono da una palette di colori grigio scuri (Nicolas Karakatsanis) di vibrante misteriosa intensità.

L’idea affascinante che soggiace all’intera operazione è affidarsi all’obbligante inquadratura/ritaglio di spazio nel quale la protagonista, tutta mezze frasi, rari sorrisi, robotica serietà, sembra, confondendosi con la macchina sportiva infallibile che deve diventare, non patire alcun peso interiore da gettare all’esterno cercando una sbracata catarsi. Attenzione però: non c’è noia all’orizzonte ma una tensione invisibile, impercettibile, continua e composta, che pare illuminarsi nell’esplosione impossibile di verità trascinata da lampi atipici di commento musicale firmati Caroline Shaw. Del resto la fotografia di Karakatsanis mette in ombra, e gradualmente proprio nasconde i tratti, sia dell’orco Jeremy e lentamente dei genitori e dei luoghi occupati da Julie per arrivare ad una sorta di astratta rappresentazione del suo silente distaccato isolamento interiore. Van den Broeck è una vera giocatrice di tennis e si vede (e si sente). In sala con I Wonder.

L'articolo Tennis, silenzi e abusi. Julie ha un segreto è straordinario cinema in purezza proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti