Ci sono i diari segreti con il lucchetto di quando eravamo bambini, i taccuini rilegati per sentirsi un po' scrittori di altri tempi, i quaderni con copertine e fogli colorati: qualunque forma abbiano, i diari sono preziosi testimoni della vita di chi sceglie di affidare alle loro pagine pensieri, ricordi, speranze.
Rileggere dopo anni le disavventure adolescenziali può essere magari imbarazzante e ripercorrere fasi complicate può turbare, però quando si prendono carta e penna per registrare esperienze ed emozioni ci stiamo facendo del bene, perché stando alla scienza tenere un diario è un'ottima ricetta per il benessere psicologico.. SCRITTURA TERAPEUTICA. Le prove sono ormai tantissime: scrivere i pensieri della giornata viene raccomandato per esempio alle persone che stanno affrontando malattie difficili, perché è dimostrato che può migliorare la qualità di vita.
Una ricerca pubblicata dai ricercatori della Honam University di Gwangju (Corea del Sud) ha sottolineato che le donne con un tumore al seno che tengono un diario mostrano un minore stress e anche una maggiore resilienza rispetto a quelle che non lo fanno, e dati simili sono emersi anche da studi condotti su persone con patologie mentali.. Scrivere in pandemia. I diari sono venuti in aiuto a tanti anche in uno dei periodi più difficili della storia recente: durante la pandemia di Covid-19 ricercatori dell'Università del Connecticut e della Syracuse University (Usa) lanciarono il Pandemic Journaling Project, che in due anni ha raccolto circa 27.000 contributi da oltre 1.800 persone di 55 Paesi.
Obiettivi: avere uno spaccato reale di quel che è accaduto nel mondo e aiutare le persone a stare meglio, registrando su carta – ma anche in immagini o audio – i pensieri e il vissuto di quel momento complicato.. EMOZIONI SU CARTA. Anche nella normalità dell'esistenza, tuttavia, soffermarsi a riflettere e mettere nero su bianco i pensieri fa bene. Il primo a sottolinearlo fu James Pennebaker, psicologo sociale statunitense, degli anni '80 del secolo scorso. «Dimostrò che scrivere è positivo perché costringe a rendere più oggettive le emozioni, a dare una logica ai pensieri, a fare uno sforzo cognitivo di elaborazione del vissuto», spiega Antonella Delle Fave, docente di psicologia dell'Università di Milano e presidente eletto della Società Italiana di Psicologia Positiva. «Certo, magari c'è chi, come James Joyce, riferisce un flusso di coscienza senza preoccuparsi troppo della successione degli eventi, ma di solito quando si tiene un diario ci si sforza di dare coerenza al racconto interiore, analizzando che cosa si prova. Farlo ci porta inevitabilmente a "guardarci da fuori", a distanziarci dalle emozioni provate, e questo ci aiuta a comprenderle e viverle meglio».. GUARDARSI DA FUORI. Scrivere insomma è un modo per crescere, ma anche per attribuire significati ai nostri comportamenti, alle reazioni, a quello che ci succede: non è un caso, dice Delle Fave, se «molte persone colpite da una malattia scrivono libri per testimoniare la propria esperienza. È un modo per dare un senso a ciò che accade e condividerlo. Nel diario in genere l'interlocutore siamo noi stessi, ma il potere curativo è identico. Prendere un po' le distanze da quanto ci accade e descrivere le emozioni serve a regolarle, ad assumere comportamenti "adattativi" per esempio in situazioni difficili come una malattia, un lutto, la perdita del lavoro. In momenti negativi della vita si può cadere in automatismi del comportamento e del pensiero che non aiutano a superare le difficoltà; tenere un diario può essere un modo per controbilanciare questa tendenza. Non a caso è un'attività che viene spesso consigliata nella psicoterapia cognitivocomportamentale».. Diario della gratitudine. Questo anche perché pare sia un'ottima leva per pensare a quanto c'è di positivo nella nostra vita. Lo psichiatra e psicoterapeuta Giovanni Fava, dell'Università di Bologna, ideatore dell'approccio della terapia del benessere in cui si dà particolare enfasi agli episodi che fanno star bene, consiglia proprio di tenere un diario su cui appuntare, a fine giornata, ciò che è accaduto di brutto ma soprattutto di bello, per acquisire una consapevolezza più completa di quello che ci succede e riuscire a vederne sempre anche gli aspetti gradevoli.
Qualcosa di simile lo propone il fondatore della psicologia positiva, lo psicologo statunitense Martin Seligman, con il "diario della gratitudine": prendersi un po' di tempo per individuare i bei momenti di ogni singola giornata ed esserne grati è un ottimo mezzo per entrare in connessione con sé stessi e per stare meglio. Lo provano decine di ricerche, su persone di ogni età: uno degli studi più recenti, condotto da esperti dell'Università di Portland (Usa), ha dimostrato che tenere un diario della gratitudine è molto efficace per ridurre ansia e stress negli studenti universitari.. ABITUDINI E ATTITUDINI. Ma il diario è utile anche quando va tutto bene. «Attenzione però, tenerne uno è salutare ma non obbligatorio», sottolinea Delle Fave. «Ci sono tante persone che non prenderebbero mai carta e penna in mano ma che si schiariscono le idee con altre attività, dalla pittura alla corsa: va benissimo lo stesso. Ognuno può e deve trovare il suo modo per riflettere e dare ordine a pensieri ed emozioni. Anche perché non esiste un modo giusto, pure se si decide di scrivere: c'è chi può trovare proficuo appuntarsi qualcosa appena svegli al mattino, magari trascrivendo un sogno, e chi riesce a riflettere meglio soprattutto alla sera prima di dormire. Va detto che sono le donne, di solito, le più assidue nel tenere un diario: gli uomini tendono a esprimere meno le emozioni e quindi per loro è anche più difficile trascriverle. Questa differenza però non ha motivi biologici, è soltanto frutto della nostra cultura»..