Tassi sui mutui in rialzo causa svendita dei titoli di Stato Usa. La Casa Bianca cerca il successore di Powell

  • Postato il 15 aprile 2025
  • Economia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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L’ondata di vendite che la scorsa settimana ha travolto i bond statunitensi, affossandone i prezzi a un ritmo che non si vedeva dal 2001 e facendo salire il rendimento dei Treasury trentennali oltre il 5%, mostra i primi temuti effetti sul mercato dei mutui. A danno delle famiglie che puntano a comprare casa. Venerdì scorso il tasso medio su un mutuo a tasso fisso trentennale ha toccato il 7,1%. Oggi, 15 aprile, è al 6,86%, 20 punti base in più rispetto a una settimana fa. Per un prestito immobiliare di 15 anni l’aumento è stato di 14 punti, al 6,20%. La tendenza è legata all’andamento dei titoli sovrani Usa, che a causa dell’incertezza scatenata dalle aggressive politiche commerciali di Donald Trump gli investitori sembrano non considerare più un rifugio sicuro in cui rifugiarsi quando ci sono turbolenze sul mercato azionario.

Una crisi di fiducia – con pesanti ripercussioni anche sulle quotazioni del dollaro – che ha poi innescato la liquidazione di grandi quantità di titoli da parte di fondi speculativi che operano guadagnando sulla differenza tra prezzo dei bond e i relativi contratti future. E, quando la volatilità aumenta, devono a chiudere rapidamente le posizioni e vendere a man bassa i titoli in portafoglio amplificando la pressione al ribasso sui prezzi. Ancora incerto se dietro la slavina ci sia stata anche la mano di Paesi sovrani che hanno deciso di mettere sotto pressione la Casa Bianca per ottenere, come poi è effettivamente accaduto, una sospensione dei dazi reciproci annunciati il 2 aprile. Dopo le ipotesi su un coinvolgimento della Cina, secondo detentore mondiale di debito pubblico statunitense, da qualche giorno circola un’indiscrezione relativa al ruolo del neopremier canadese Mark Carney, che avrebbe orchestrato l’operazione coordinandosi con Giappone e Ue.

Certo è che l’effetto domino ha colpito gli aspiranti mutuatati e i titolari di piani pensionistici 401(k), che hanno subito forti perdite visto il calo congiunto dei listini azionari e del valore delle obbligazioni federali. Il Segretario al Tesoro Scott Bessent continua comunque a minimizzare le “svendite” sul mercato obbligazionario, smentendo che dietro ci siano governi stranieri. Intervistato da Bloomberg durante una visita ufficiale a Buenos Aires, il fondatore della società di investimento Key Square Capital Management ed ex stretto collaboratore di George Soros ha garantito di avere a disposizione una fornitissima “cassetta degli attrezzi” con cui affrontare il problema, a partire dal programma di riacquisto dei titoli più datati ancora sul mercato. In passato, ricorda Bloomberg, operazioni simili sono state condotte – ma per obiettivi di politica monetaria – principalmente dalla Federal Reserve, che durante la crisi finanziaria del 2008 e la pandemia da Covid 19 è intervenuta acquistando grandi quantità di debito pubblico sul mercato secondario.

Il mandato del numero uno della Fed Jerome Powell scade nel maggio 2026 e il titolare del Tesoro ha fatto sapere che già in autunno inizieranno i colloqui con i candidati alla sua successione. Donald Trump, che nel 2018 l’aveva scelto come governatore, l’ha più volte tirato per la giacca sollecitandolo a tagliare con più vigore i tassi di interesse. Mossa che potrebbe diventare obbligata a fronte dei chiari rischi di una recessione causata dalla guerra commerciale. Al tempo stesso però i dazi tenderanno a rinfocolare l’inflazione, cosa che metterà la Fed davanti a un dilemma: muoversi per sostenere la produzione rendendo più conveniente il credito o restare alla finestra per non dare ulteriore carburante all’aumento dei prezzi.

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