Tassa Zucman, Bayrou smentito anche dagli economisti a lui vicini: nessun esilio fiscale per i super ricchi

  • Postato il 5 settembre 2025
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Non è vero che l’introduzione di una tassa sui super-ricchi farebbe fuggire tutti i grandi capitali all’estero con un impatto disastroso sull’economia della Francia: è la conclusione di uno studio del CAE-Consiglio d’analisi economica (di luglio, ma ripescato dalla stampa francese questa settimana) per il quale l’esilio fiscale degli ultra milionari resta in Francia un fenomeno marginale con conseguenze modeste sugli investimenti.

È dunque un organismo di ricerca indipendente, ma vicino agli uffici del primo ministro, a contraddire lo stesso François Bayrou, che rifiuta di tassare i grandi capitali perché altrimenti, secondo lui, i super-ricchi “fuggono” dalla Francia e che scarta seccamente l’ipotesi di instaurare la cosiddetta “tassa Zucman” per risanare il deficit colossale del Paese. Gli economisti del CAE, studiando le riforme fiscali introdotte negli ultimi dodici anni (tra cui per esempio l’aumento dei contributi sociali sul capitale e la creazione di una quarta aliquota nel sistema progressivo dell’imposta sul reddito introdotte da François Hollande), hanno notato che “le famiglie con alti redditi da capitale espatriano relativamente poco dalla Francia”: solo lo 0,2% dell’1% dei più ricchi – in cui rientrano circa 380 mila famiglie – parte ogni anno, la metà circa delle persone che partono ogni anno nel resto della popolazione, lo 0,38%. Più questa ricchezza proviene dal capitale, si precisa, e minore è la propensione all’espatrio, che cresce invece in chi percepisce stipendi o pensioni molto elevate. Un aumento di 1 punto nella tassazione del capitale si tradurrebbe quindi “a lungo termine”, secondo il CAE, in un esilio aggiuntivo dei patrimoni più alti compreso tra lo 0,02% e lo 0,23%. Insomma l’esilio fiscale sarebbe “relativamente modesto” con un effetto “marginale sull’economia francese” e questo “anche tenendo conto dell’importante peso degli alti patrimoni nell’attività economica e imprenditoriale”. Al contrario, l’espatrio di un azionista ha conseguenze “nefaste” sulla sua azienda, con un calo del 15% del fatturato cinque anni dopo la sua partenza, della massa salariale (-31%) e del valore aggiunto (- 24%).

In Francia, la proposta fiscale che prende il nome di Gabriel Zucman, economista docente all’École normale supérieure di Parigi e direttore dell’Osservatorio fiscale dell’Unione europea, è al centro del dibattito politico in questi giorni, mentre lunedì il premier si gioca la poltrona di Matignon al voto di fiducia in Assemblea sulla manovra per il 2026. La misura prevede un’imposta minima del 2% sui patrimoni superiori ai 100 milioni di euro che riguarderebbe circa 1.800 famiglie francesi, generando consistenti introiti fiscali immediati, tra i 15 e i 25 miliardi di euro all’anno. Da parte sua, Bayrou resta fedele al suo piano di austerità, che prevede 43,8 miliardi di euro di tagli, molti dei quali nella spesa sociale, pur mostrandosi aperto a rivedere alcune misure particolarmente impopolari (per esempio sopprimendo un giorno festivo e non due). Invece la tassa Zucman è al centro del progetto di contro-manovra presentato dal partito socialista lo scorso 30 agosto, che dimezza lo sforzo, portato a 21,7 miliardi di euro, e riduce l’ambizione, portando il deficit della Francia al 5% nel 2026 (contro il 4,6% previsto dal piano Bayrou) e al 2,8% nel 1932 (e non più nel 2029). Con questo contro-progetto di legge di bilancio per il 2026, il segretario socialista Olivier Faure aspira alla poltrona di Matignon, in principio in alleanza con ecologisti e comunisti, senza i radicali di La France Insoumise. La tassa Zucman è anche citata nella “lettera ai francesi” degli ecologisti, che lanciano un appello ad un governo che riunisca “tutta la sinistra”. Ed è stata difesa da Raphaël Glucksmann, leader del movimento social-democratico Place publique, in un’intervista a Libération: “Far pesare lo sforzo prima su quelli che hanno di più – ha detto -, è la base di qualsiasi compromesso possibile”.

“Per la sinistra – ha scritto Le Monde – questa tassa costituisce un gesto politico ideale. Potrebbe al tempo stesso riempire le casse piuttosto vuote dello Stato e ridurre le disuguaglianze”.

Come nota il quotidiano, “l’arricchimento spettacolare” dei super-ricchi di Francia – calcolato di recente da Challenges: tra il 1996 e il 2025, il patrimonio dei 500 imprenditori più ricchi, come Bernard Arnault (LVMH) e Axel Dumas (Hermès), è stato moltiplicato per 14 – “non ha giovato quanto avrebbe potuto alle finanze pubbliche. Diversi studi lo hanno dimostrato: consigliati da eccellenti avvocati e fiscalisti, gli ultra-ricchi sfuggono in parte alle tasse”. Lo studio del CEA nota proprio che “l’ottimizzazione fiscale” ha effetti maggiori degli espatri sulle entrate fiscali della Francia. Di qui la proposta di uno “scudo antiabuso”.

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Il Fatto Quotidiano

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