Tasca, il frate vescovo, si racconta in un libro: “Numero ignoto, Chi sei? Papa Francesco”
- Postato il 2 novembre 2025
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“Tasca, il frate vescovo che sogna una Chiesa attrattiva e accogliente”: con questo titolo Repubblica ha presentato la recensione di Erica Manna del libro di Franco Manzitti “Il frate vescovo “.
L’articolo esordisce con una citazione divertente.
Una sera, mentre era in refettorio per la cena, gli squilla il cellulare. Numero sconosciuto. “E io non rispondo ai numeri sconosciuti…Mi secco anche un po’. Dieci minuti e quel numero suona di nuovo… Ci penso e gli rispondo seccato perché non si fa cosi. Dico al microfono con tono duro: lo sono padre Marco Tasca e lei chi e? Risposta: sono Papa Francesco”.
Ha inizio cosi, dopo aver visitato tutti i conventi dei francescani in sessantasette Paesi del mondo e aver deciso di partire per il Cile come missionario, la nuova avventura di monsignor Marco Tasca, arcivescovo di Genova.
A raccontarne la traiettoria che lo ha portato da una casa contadina di Sant’Angelo di Piove di Sacco, nella bassa padovana, ultimo di nove fratelli, alla consacrazione in piazza della Vittoria in pieno covid, è un libro: Un frate vescovo, La Chiesa, Genova e i francescani minori conventuali.
Mons. Tasca racconta a Manzitti

Un ritratto-intervi sta edito da De Ferrari, realizzato da un cronista di razza come Franco Manzitti: nel 1975 tra i fondatori della redazione genovese de Il Giornale, capocronista de Il Secolo XIX dal 1981 al 1986 e dal 1987 al 1989, va poi a dirigere Il Lavoro che nel 1992 riesce a trasformare nell’edizione ligure di Repubblica.
Edizione di cui sarà caporedattore, con un breve stacco, fino al 2009.
“Resto frate” è la frase manifesto che accompagna lo stile di Marco Tasca: che racconta a Manzitti di aver iniziato a capire una città di cui “non conoscevo neppure una strada” grazie alla pratica dell’ascolto: facendosi guidare dalla parola “insieme”.
A dormire in convento
Il dialogo con Manzitti ha inizio in uno dei saloni storici di piazza Matteotti, nel cuore della curia genovese: e già qui Tasca ha messo in atto una piccola rivoluzione tranquilla, scegliendo non abitare in curia come i suoi predecessori, ma di vivere con “i miei frati” in convento ad Albaro.
Intervallata dalle parole pubbliche di Tasca (Lettere alla Chiesa, messaggi alla diocesi, discorsi alla città), che spesso definisce “pensieri ad alta voce” in cui tratteggia le emergenze del lavoro e della forbice sempre più ampia delle diseguaglianze, le sfide economiche, l’intervista tocca temi profondamente attuali. Dalla crisi della Chiesa al suo ruolo nella societa civile (“ho sollecitato la nascita di una consulta diocesana per la pastorale del lavoro”), dalle contrapposizioni dialettiche interne alla chiesa genovese del passato fino alle sfide di una sempre più rapida secolarizzazione.
“Credo che il prete debba diventare l’uomo della comunione – sottolinea Tasca – la comunità cristiana deve diventare attrattiva, accogliente e deve combattere il pettegolezzo, una delle cose più brutte, la divisione tra nol”. E rimarca: per evangelizzare, oggi, ci vuole “quella che mi piace chiamare la fantasia dello spirito
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