Tanti auguri Alex Zanardi! Il bolognese compie 58 anni accudito da una famiglia che non smette di amarlo

  • Postato il 23 ottobre 2024
  • Di Virgilio.it
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Lottare, sempre. Nelle cose di tutti i giorni, con quella vita che ad Alex Zanardi da Bologna ha preteso sempre un prezzo altissimo. Oggi però c’è spazio solo per i sorrisi: l’ex pilota di Formula 1, nonché trascinatore di tante spedizioni italiane ai giochi paralimpici, compie 58 anni e il mondo dello sport a tinte tricolori non può che tributargli la doverosa dose di affetto. Perché sebbene da qualche anno Alex sia uscito un po’ dal radar, resta comunque uno dei pilastri dello sport nazionale, anche per la forza e il coraggio che ha avuto nell’affrontare tutte le montagne che la vita terrena gli ha messo davanti.

Immerso nel calore della propria famiglia

Alex oggi è coccolato dall’affetto dei cari. Da quel maledetto 19 giugno 2020 sono passati più di 4 anni e il tempo è come se si fosse davvero fermato, anche se le lancette scorrono inesorabili. L’ultima beffarda croce che la vita gli ha messo davanti l’avrà forse fiaccato nel corpo, ma non nello spirito. Dopotutto, la “staffetta tricolore” che proprio Zanardi aveva voluto per ripartire dopo le settimane dure del Covid era sembrata l’ennesima grande dimostrazione di una mente sempre in movimento, decisa a portare un sorriso e un segno di speranza davanti a tutti coloro che avrebbero avuto il piacere e la fortuna di condividere con lui quei momenti.

Dal dicembre del 2021, dopo mesi trascorsi a fare la spola tra un ospedale e l’altro, Alex è tornato a casa, dove la moglie Daniela e il figlio Niccolò non gli fanno mancare nulla. Nessuna apparizione pubblica, solo il calore dei proprio familiari: la medicina (da sempre) migliore per poter alleviare i propri dolori.

Come è nata la passione per i motori

Quella di Zanardi rimane una storia fuori dall’ordinario. Figlio di un idraulico e una sarta (Dino e Anna), figlio soprattutto della passione per i motori, sviluppata sin da bambino, quando i genitori traslocarono da Bologna centro a Castel Maggiore. Gli esordi nei kart col papà al seguito, unico finanziatore, poi nel 1988 il grande salto in Formula 3 italiana con l’aiuto di Max Papis, che lo prende sotto la sua ala e lo aiuta a crescere.

Alex si fa notare soprattutto in Formula 3000, dove si ritrova spesso a battagliare con Michael Schumacher, un altro al quale il destino ha riservato una seconda parte di vita decisamente beffarda. Nel 1991 arriva la grande occasione: Eddie Jordan lo fa salire il Formula 1, sostituto a fine stagione dell’altalenante Roberto Moreno. Le buone prestazioni offerte da Zanardi non sono sufficienti a garantirgli la conferma, perché Jordan ha bisogno di finanziamenti e lui non è un pilota “con la valigia” (cioè che porta sponsor).

La Minardi a metà stagione gli offre un sedile, poi però la vera opportunità arriva nel biennio 1993-1994 al volante di una Lotus, con la quale coglie il primo e unico punto iridato della carriera (all’epoca andavano a punti solo i primi 6).

Te la do io l’America (e l’ho trovata!)

Le porte della Formula 1 si chiudono nel 1995, e ad Alex viene in mente un’idea (per l’epoca) rivoluzionaria: traslocare armi e bagagli in America. La Formula Carta (o Indy) da quelle parti soppianta per popolarità la F1 e il bolognese trova in Chip Ganassi e il suo team il grimaldello per farsi largo in mezzo ai colossi statunitensi.

Il terzo posto finale nel campionato di debutto (1996) è il segnale che qualcosa sta per accadere: nei due anni successivi Zanardi conquista il titolo, impressionando per regolarità e velocità. Gli americani lo applaudono, ma il richiamo della Formula 1 nel 1999 è troppo forte: lo riporta in Europa la Williams, non più dominatrice come negli anni precedenti (adesso la lotta per il mondiale è un affare a due tra Schumacher e Hakkinen), ma pur sempre macchina di grande fascino.

Eppure lasciare gli USA si rivela una scelta sbagliata: zero punti, tante incomprensioni e un addio senza rimpianti. Passa un anno a riflettere, poi nel 2001 torna in Formula Cart, con il team di Mo Nunn. Ma i risultati sono ben diversi da quelli della prima era a stelle e strisce.

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Il primo grave incidente al Lausitzring

Il peggio però deve ancora venire: il 15 settembre 2001, nella tappa europea al Lausitzring, una maledetta pozza d’olio lo fa andare in testacoda mentre sopraggiunge Alex Tagliani, che lo centra in pieno. L’incidente è brutale, la diagnosi pure: amputazione di entrambe le gambe, ma la morte è sconfitta grazie anche al tempestivo intervento dei soccorritori.

Tre mesi dopo, alla premiazione dei Caschi d’Oro, Zanardi si mostra sorridente, grato alla vita per la seconda possibilità offerta. Continuerà a correre con auto modificate appositamente per un’altra decina d’anni, ma nel frattempo si fa largo un’altea meravigliosa idea.

La seconda vita nella handbike, il secondo incidente

Perché per chi ha la passione nel sangue, anche senza un motore c’è sempre competizione. Ed è qui che Alex si spinge oltre: decide di diventare atleta paralimpico della handbike, la bici dove i pedali si muovo con le braccia, anziché le gambe. La scintilla scocca alla maratona di NY del 2007, dove chiude quarto.

Da quel momento in poi, Zanardi diventa il volto del mondo paralimpico: al debutto ai mondiali 2011 conquista l’argento, ma lo stesso anno trionfa a NY, preparando il terreno per la prima olimpiade della sua vita. E a Londra, nel 2012, è un’apoteosi: doppio oro a cronometro e nella prova in linea, argento con la staffetta. Due ori e un argento anche a Rio, quattro anni più tardi. E in mezzo (e dopo) altri 12 ori, 4 argenti e un bronzo mondiali.

È una storia meravigliosa, di riscatto ma anche di forza e resilienza. Fino a quel maledetto 19 giugno 2020, quando la voglia di far ripartire l’intero movimento si trasforma nell’ennesima prova da superare. Da allora Alex se lo godono in famiglia, e forse doveva andare così: ha dato talmente tanto agli altri che anche la vita s’è mostrata invidiosa.

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