Tanger Med, il porto del Mediterraneo che cambia le rotte del commercio mondiale
- Postato il 22 settembre 2025
- Di Panorama
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Lo Stretto di Gibilterra è da secoli sinonimo di confini e incroci: bastano 14 chilometri d’acqua per separare il continente africano dall’Europa. Ma oggi questa lingua di mare è molto più di una barriera naturale: è il crocevia della globalizzazione, la rotta che unisce l’Atlantico al Mediterraneo e che vede transitare ogni anno 130.000 navi, quasi 400 al giorno. Un flusso che trasporta oltre 60 milioni di container e milioni di passeggeri, e che da vent’anni ha trovato nel porto di Tanger Med il suo epicentro. «L’opportunità era lì, bastava darle una visione chiara e coerente – ricorda Tarik Dourasse, Chief di Tanger Med –. Lo Stretto è la seconda rotta mondiale dopo Malacca. Con le direttive reali, il progetto è stato guidato fin dal primo giorno con ambizione, determinazione e continuità. È questa la chiave del successo».
Dal 2007, quando venne inaugurato il primo terminal dopo soli quattro anni di lavori, il porto del Marocco ha scalato le classifiche globali. Oggi è il primo scalo dell’Africa per l’ottavo anno consecutivo e, da cinque anni, anche il primo del Mediterraneo, superando porti storici come Barcellona, Marsiglia, Genova o il Pireo. A livello mondiale ha raggiunto la 17ª posizione, con oltre dieci milioni di container movimentati. Il salto non è solo quantitativo, ma soprattutto qualitativo. Prima del progetto, il Marocco occupava il 65° posto nelle classifiche internazionali sulla connettività commerciale. Oggi è collegato a più di 80 Paesi e oltre 200 porti. «Per un investitore – osserva Dourasse – significa certezza di accesso ai mercati. Chi produce qui sa che potrà spedire i propri beni in tempi rapidi, connettendosi a un network globale».
Un modello integrato unico
Tanger Med non è solo un porto: è un ecosistema integrato che unisce piattaforme industriali, logistiche e aree franche. Un unicum che ha permesso di attrarre investimenti su larga scala, generando oltre 130.000 posti di lavoro diretti e un impatto pari all’1% del PIL nazionale. L’industria automobilistica ne è il simbolo. Renault ha scelto di insediarsi nel 2012 con il più grande stabilimento dell’Africa e del Medio Oriente, capace di produrre 400.000 veicoli l’anno. Stellantis ha seguito con un impianto da 200.000 unità. Insieme esportano 600.000 auto all’anno, tutte imbarcate a Tanger Med. «Attorno a queste fabbriche – spiega Dourasse – si è sviluppato un ecosistema di 1.400 aziende, dai fornitori di componentistica alle imprese aeronautiche, elettroniche e agroalimentari. Non è più assemblaggio: qui si produce davvero».
Geopolitica delle rotte
L’ascesa di Tanger Med ha una valenza che va oltre l’economia. Significa ridisegnare le rotte globali e posizionare il Marocco come hub di collegamento tra Europa, Africa e Asia. Oggi oltre il 35% del traffico diretto all’Africa occidentale passa da qui, mentre quasi un terzo riguarda l’Europa. La rotta est-ovest, che porta i container dalla Cina all’Europa in tre settimane, trova nello Stretto un passaggio obbligato. «Prima di Tanger Med – ricorda Dourasse – le merci marocchine transitavano da porti esteri, persino da Rotterdam, con costi e tempi maggiori. Oggi il Paese ha un porto in grado di accogliere le navi da 24.000 container, lunghe 400 metri. È un cambiamento epocale». La centralità dello scalo ha modificato anche gli equilibri regionali: il 29% del traffico gestito è europeo, il 35% africano, il 24% asiatico e il 15% transatlantico. Tanger Med è diventato così il principale snodo euro-africano, riducendo la dipendenza da scali del Nord Europa e offrendo all’Africa occidentale un hub competitivo.

Efficienza e reputazione
Il porto non si è limitato a crescere in dimensioni. Ha costruito una reputazione di efficienza che lo ha reso appetibile ai grandi armatori. La Banca Mondiale lo colloca al terzo posto al mondo per performance. «Gli operatori cercano porti dove attraccare con il minimo sforzo e il massimo risparmio – spiega Dourasse –. Tanger Med offre proprio questo, grazie a processi snelli e capitale umano al 100% marocchino». Il modello di governance ha giocato un ruolo chiave: un’agenzia speciale con prerogative statali ha semplificato procedure e ridotto la burocrazia. Il partenariato pubblico-privato ha portato 13 miliardi di euro di investimenti, due terzi dei quali privati.C’è anche un’altra dimensione che rafforza la portata geopolitica del progetto: la sostenibilità. «Tanger Med è oggi un porto verde – sottolinea Dourasse –. L’elettricità fornita alle navi è al 100% rinnovabile. Abbiamo installato il primo impianto di pannelli solari galleggianti su una diga, che riduce l’evaporazione dell’acqua e produce energia pulita». Il Marocco ha fissato obiettivi ambiziosi in termini di decarbonizzazione e produzione di idrogeno verde, e il porto ne è la vetrina. Questo rende Tanger Med non solo un hub logistico, ma anche un laboratorio di transizione ecologica in una regione che sarà cruciale per le sfide climatiche del futuro.
Verso il 2030
Lo sguardo ora è rivolto al 2030, quando il Marocco ospiterà i Mondiali di calcio insieme a Spagna e Portogallo. L’espansione del terminal passeggeri è già in corso: oggi gestisce 3 milioni di persone l’anno, con picchi estivi di 40.000 passeggeri al giorno. Ma le previsioni parlano di numeri destinati a raddoppiare. Parallelamente cresce il traffico merci: 2.000 camion al giorno attraversano il porto, trasportando prodotti agricoli, tessili e componenti industriali verso l’Europa. Dietro questi dati si nasconde un messaggio strategico. «Abbiamo scelto di non essere un semplice scalo di trasbordo – conclude Dourasse –. Il nostro obiettivo è integrare il porto con il Paese, collegarlo con autostrade, zone franche e industrie. Solo così il Marocco diventa protagonista della globalizzazione, e non un passaggio secondario». Dalla sponda sud del Mediterraneo, Tanger Med ha riscritto la geografia dei commerci. Non più periferia, ma centro di un mare che da millenni è stato scenario di rotte, conquiste e incontri. Oggi il futuro della globalizzazione passa da qui, in quel tratto di mare dove Atlantico e Mediterraneo si incontrano e due continenti si sfiorano.
