Tajani: “La detenzione di Alberto Trentini non è una rappresaglia di Maduro”. L’appello online per liberarlo
- Postato il 16 gennaio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Alberto Trentini è detenuto in Venezuela dal 15 novembre e da allora la famiglia del cooperante di Venezia non riceve sue notizie. Non sa dove sia, come stia, se abbia o meno con sé i farmaci salvavita di cui ha bisogno. Ma se la madre del 45enne, Armanda, spiega che il figlio “ora è ostaggio di quel Paese, ma è solo una pedina“, il ministro degli Esteri Tajani rassicura: la sua detenzione “non è una rappresaglia di Maduro, stiamo lavorando e non è il momento delle polemiche”. Trentini era arrivato nel Paese sudamericano il 17 ottobre per una missione con l’ong Humanity e Inclusion e il 15 novembre, mentre stava raggiungendo Guasdualito dalla capitale Caracas – secondo la ricostruzione dei familiari assistiti dall’avvocato Alessandra Ballerini – è stato fermato ad un posto di blocco, insieme all’autista della ong. Dalle informali e scarse informazioni ricevute dai parenti, sembrerebbe che pochi giorni dopo il fermo Alberto sia stato trasferito nuovamente a Caracas e, ad oggi, risulta trattenuto senza che gli sia mai stata contestata formalmente nessuna imputazione. Intanto è stata lanciata una petizione online sulla piattaforma change.org dagli amici dell’operatore umanitario veneziano, che chiedono il rilascio di Alberto Trentini. In poche ora ha già raggiunto migliaia di firme.
La famiglia vuole “forzare il silenzio”, sollecitando le istituzioni per liberare al più presto il cooperante. L’appello della madre del giovane cooperante veneziano è sempre più disperato e la Farnesina è mobilitata sul caso. Anche la Commissione interamericana dei diritti umani (Iachr) è intervenuta, sollecitando le autorità venezuelane a fornire informazioni e a garantire i contatti con i famigliari, ritenendo che il 45enne si trovi in una situazione di “gravità e urgenza”. Sulla vicenda, oltre ad un’interrogazione urgente lanciata da alcuni deputati del Pd, Tajani ha precisato di avere convocato “l’incaricato d’affari del Venezuela per protestare con forza per la mancanza di informazioni sulla detenzione e per contestare l’espulsione di tre nostri diplomatici da Caracas“. Gli elementi della detenzione riportano, almeno dal punto di vista procedurale, a quanto avvenuto alla giornalista Cecilia Sala tenuta in carcere per ventuno giorni a Teheran senza un sostanziale capo di accusa. Sullo sfondo della vicenda di Trentini il contesto politico del Venezuela, in particolare il clima ostile che riguarda oppositori, semplici dissidenti del presidente Maduro o persone ritenute sospette, che è peggiorato negli ultimi mesi. Il suo arresto è avvenuto dopo le elezioni presidenziali che si sono tenute e luglio e che hanno visto la riconferma di Maduro al terzo mandato, mentre il giuramento è avvenuto il 10 gennaio. A denunciare poi alla propria ong quella situazione complicata nel Paese sarebbe stato lo stesso Trentini, manifestando – il giorno prima dell’arresto – l’intenzione di dimettersi in un messaggio whatsapp diretto ad un collega della propria organizzazione.
“Nel pieno rispetto della sovranità territoriale del governo bolivariano e senza voler interferire nella diplomazia delle relazioni tra Italia e Venezuela, chiediamo la liberazione di Alberto affinché possa tornare a casa e all’affetto dei suoi familiari e amici”, affermano in una nota l’avvocata Ballerini e i familiari. “Io e mio marito siamo nell’angoscia. Mio figlio – spiega la madre di Trentini – era solito durante ogni sua missione mandarci un messaggio e la localizzazione del luogo in cui arrivava. Questa volta non abbiamo saputo niente. Lui è speciale per tutto quello che ha fatto in questi anni, aiutando gli altri. Mi diceva sempre che la più grande soddisfazione era vedere il sorriso delle persone che aiutava, gente, i caminantes in fuga dal Venezuela che arrivavano da loro con le scarpe sbriciolate”.
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