Sul “sentiero dei selfie” in Val Gardena è stato installato un tornello a pagamento
- Postato il 30 luglio 2025
- Notizie
- Di SiViaggia.it
- 1 Visualizzazioni

La montagna era di tutti, o almeno così pensavamo. Poi è arrivata l’estate 2025, il caldo record, l’assalto turistico e l’installazione di un tornello per combattere l’overtourism. Proprio così: in Val Gardena, lungo il sentiero del Seceda, ribattezzato “il sentiero dei selfie”, è scattato l’ingresso a pagamento. Serviranno cinque euro per passare, ad eccezione di residenti e bambini che potranno transitare gratuitamente. La notizia divisiva ha fatto schierare le persone su due fronti e dopo una protesta simbolica e la rimozione temporanea non si torna indietro: il tornello è attivo e per transitare servirà versare la propria quota.
Tornello a pagamento in Val Gardena
Tutto è cominciato con un tornello: un ingresso meccanico che sembra uscito da una metropolitana e che invece è stato installato a 2.400 metri, in uno dei punti più panoramici delle Dolomiti, patrimonio Unesco.
A spiegare l’iniziativa in un’intervista riportata da Ansa è Georg Rabanser, uno dei quattro proprietari dei pascoli lungo il sentiero del Seceda. L’iniziativa è nata come grido d’aiuto per denunciare i danni del turismo di massa: prati rovinati, rifiuti abbandonati, disturbo della quiete con droni e altri comportamenti scorretti. Il versamento di cinque euro nasce come provocazione temporanea, ma è diventato definitivo dopo che comune e regione non sono intervenuti per gestire l’overtourism.
Sul fronte opposto, l’Apt di Santa Cristina prende le distanze dalla scelta dei contadini. Secondo la dichiarazione riportata da Ansa, l’Apt sostiene abbiano installato il tornello solo perché gli impiantisti hanno rifiutato di pagare un indennizzo. Sottolineando poi come quatto ranger presidino il territorio mostrando un notevole miglioramento della situazione con un maggiore rispetto dei sentieri.
Arno Kompatscher, in qualità di presidente della Provincia autonoma di Bolzano, ha raccontato una possibile illegittimità per l’installazione, evidenziando che per muoversi in questa direzione sarebbe servita un’autorizzazione paesaggistica, trattandosi di zona protetta.
Lasciando da parte la legalità o meno di questa iniziativa, Kompatscher torna sul concetto di overtourism in montagna che non può essere gestito con un unico provvedimento di questo tipo ma servono tetti massimi di accesso, app e infrastrutture per poter gestire il flusso al meglio.

La montagna a numero chiuso
La questione va ben oltre il tornello. Il cuore del problema è la sostenibilità: fino a che punto le destinazioni alpine possono reggere l’impatto del turismo di massa, amplificato dai social, dalle funivie, dalle low-cost?
I “turisti del selfie”, come li chiamano ormai anche gli amministratori, salgono in funivia, scattano, postano e ripartono. Ma dietro il post virale resta un prato calpestato, un rifiuto, una convivenza difficile per chi vive e lavora lì tutto l’anno. Per questo, l’idea di una gestione più rigida degli accessi, magari con slot orari, ticket digitali, tetti giornalieri e prenotazioni online, non è più un tabù. Anzi, potrebbe essere l’unica via.
Certo, nessuno vuole trasformare la montagna in un parco lussuoso inaccessibile ma nemmeno in un parco del divertimento dove tutto è concesso: la bellezza ha un prezzo. E la libertà, forse, ha bisogno di qualche regola in più.