Stretta sugli smartphone – Inascoltati gli allarmi dei procuratori Melillo e Gratteri: la maggioranza va avanti alla Camera

  • Postato il 1 ottobre 2025
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 2 Visualizzazioni

Sembrava fosse destinato a finire “in sonno” il ddl sugli smartphone, frutto della coppia Bongiorno-Zanettin. Invece rieccoli i quattro articoli, norma transitoria compresa, che prevedono il via libera obbligatorio del gip alla richiesta del pm non solo per i cellulari, come potrebbe sembrare, ma anche “in materia di sequestro di dispositivi e sistemi informatici o telematici, memorie digitali, dati, informazioni, programmi, comunicazioni e corrispondenza informatica inviate e ricevute”, come recita minuziosamente anche il titolo del primo articolo. Cioè una vera enormità di situazioni che comporteranno più di un contraddittorio obbligato con il gip, nonché il coinvolgimento dei difensori. Ebbene, non solo il ddl ricompare nell’ordine del giorno di oggi della commissione Giustizia della Camera, ma addirittura prevede un appuntamento ancor più decisivo e addirittura assai prossimo, l’esame e il voto nell’aula di Montecitorio già fissato per il 27 ottobre. L’intenzione è dunque quella di mandarlo avanti in fretta.

Del tutto inascoltata l’audizione di fuoco del 27 maggio davanti alla commissione Giustizia della Camera del procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo Gianni Melillo, che aveva messo in guardia il governo dal concreto rischio di “un pericoloso arretramento dell’azione di contrasto della criminalità mafiosa”. Scossa dalle parole di Melillo si era fatta sentire anche la presidente della commissione Antimafia, la super meloniana Chiara Colosimo, che aveva messo al lavoro i suoi magistrati per studiare le possibili modifiche, poi inviate a luglio al collega di partito, nonché presidente della commissione Giustizia della Camera Ciro Maschio, che però non sono mai state divulgate.

E non è mancata poi la voce, altrettanto allarmata, in numerose interviste, del procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, critico anche sull’obbligatorio via libera del gip al sequestro, con il rischio di creare, soprattutto nei piccoli uffici, incompatibilità a catena al punto da paralizzare le inchieste. Al Senato, quando il testo era stato approvato in aula, l’ex pm di Palermo e oggi senatore di M5S Roberto Scarpinato aveva parlato di “un ddl che mette sabbia negli ingranaggi della macchina della giustizia”.

Firmato dalla presidente leghista della commissione Giustizia del Senato Giulia Bongiorno e dal capogruppo di Forza Italia Pierantonio Zanettin, autore a sua volta dell’ormai legge sulle intercettazioni che non possono durare più di 45 giorni, criticatissima dai magistrati per le scontate conseguenze sulle indagini, il ddl era in lista d’attesa dal 19 luglio del 2023, quando i due senatori lo depositarono a palazzo Madama. Era la prima conseguenza dell’inchiesta sulle intercettazioni, voluta proprio dall’avvocato Bongiorno, che aveva audito 46 tra magistrati, avvocati, professori, ma alla fine aveva garantito che non ci sarebbe stata “alcuna stretta” perché, disse allora, “per me le intercettazioni sono irrinunciabili, quindi guai a cancellarle”. Ma annunciò anche che avrebbe aperto un focus sulla microspia Trojan, sulla cosiddetta “pesca a strascico”, cioè un’intercettazione che poi ne produce delle altre, nonché sui diritti degli avvocati. Le prime “mosse” poi sono state due, il ddl Zanettin sul limite dei 45 giorni alle intercettazioni, con l’obbligo di richieste di proroghe “motivate”, e quello congiunto Bongiorno-Zanettin sugli smartphone.

Il testo originale di Bongiorno-Zanettin del luglio 2023, composto di un solo articolo invece dei quattro odierni, era stato affidato alle sapienti mani del relatore meloniano, nonché avvocato, Sergio Rastrelli. Già dal titolo appariva assai meno aggressivo di quello attuale. Parlava di “modifiche al codice di procedura penale in materia di sequestro di dispositivi e sistemi informatici, smartphone e memorie digitali”. Ma prima di essere approvato in aula il 10 aprile dell’anno scorso, dove ha visto l’astensione del Pd, è stato oggetto di un “trattamento” indurente al ministero della Giustizia, dove il Guardasigilli Carlo Nordio lo ha battezzato con la frase che poi ha ripetuto mille altre volte: “Nello smartphone c’è una vita”. Per questo il suo sequestro deve rispettare i limiti della privacy sui contenuti – dalle foto alle cartelle cliniche – che non avrebbero rilevanza ai fini dell’inchiesta giudiziaria. Ma è proprio nelle mani di Nordio, ma soprattutto in quelle del viceministro della Giustizia, nonché avvocato di Bari, Francesco Paolo Sisto, che il ddl ha assunto una veste assai più aggressiva, che ha determinato l’allarme del procuratore Melillo.

Lunga e assai dettagliata la sua relazione di fronte alla commissione Giustizia, dove aveva scelto di recarsi in presenza. Durissime le sue affermazioni. A partire “dalla grave preoccupazione che nasce dall’aver constatato l’inutile pesantezza delle procedure per acquisire, in fase di indagini, i contenuti digitali”. Tant’è che “il testo dispone che tale attività venga svolta attraverso ben tre provvedimenti di sequestro, dei quali due disposti dal gip e uno dal pm”. Ovvio il pericolo, che ovviamente Melillo mette in luce, dei casi di “incompatibilità” dei gip in uffici di medie e piccole dimensioni, al punto da prevedere “un potente moltiplicatore d’incompatibilità”. Ma c’è ben altro. E Melillo lo dice con chiarezza: “Si rischia un pericoloso arretramento dell’azione di contrasto della criminalità mafiosa, in sostanziale spregio dell’impegno, asseritamente da tutti inteso come prioritario e inderogabile, a non indebolire gli strumenti investigativi utilizzabili per arginare la pericolosità di gruppi criminali che hanno ormai nello spazio virtuale il loro fondamentale cardine organizzativo”. Ovvie le gravi difficoltà rispetto alle indagini che vedono coinvolti alteri Paesi. Un ddl dalla “portata paralizzante” soprattutto per il divieto di utilizzare “i risultati delle acquisizioni in procedimenti diversi, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza”. Regola cara, quest’ultima, ai super garantisti di Forza Italia, a partire dal vicepresidente della commissione Giustizia della Camera Enrico Costa, che non manca ogni giorno di segnalare le continue violazioni tramite i suoi mattutini tweet. E proprio Costa, assieme ad Andrea Pellicini, è il relatore del ddl sugli smartphone…

L'articolo Stretta sugli smartphone – Inascoltati gli allarmi dei procuratori Melillo e Gratteri: la maggioranza va avanti alla Camera proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti