Stellantis, la lezione del Canada al governo Meloni: minaccia azioni legali per il trasloco di produzione negli Usa
- Postato il 16 ottobre 2025
- Economia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Pronti a tutto pur di difendere gli accordi già presi in passato. Il Canada mostra i muscoli di fronte alla decisione di Stellantis di spostare la produzione di auto già assegnate alle fabbriche del Paese degli aceri. Il governo di Ottawa non è intenzionato a restare in silenzio mentre il gruppo franco-italiano segue i diktat di Donald Trump e investe 13 miliardi di dollari negli Stati Uniti per evitare il rischio dei dazi che affosserebbero i conti nel mercato più redditizio. L’esecutivo guidato da Mark Carney ha agito immediatamente minacciando azioni legali in virtù del sostegno finanziario fornito al gruppo in anni passati: nel giro di poche ore ha recapitato una lettera di fuoco all’amministratore delegato Antonio Filosa dopo aver scoperto che nel maxi-piano, annunciato martedì sera, è previsto il trasferimento della produzione della Jeep Compass da Brampton, in Ontario, alla fabbrica di Belvidere, in Illinois.
I sindacati invitano il governo ad agire
Il governo si è mosso dopo le proteste di Unifor, il più grande sindacato canadese: “I posti di lavoro nel settore automobilistico canadese vengono sacrificati sull’altare di Trump”, ha dichiarato la presidente Lana Payne, invitando Carney “ad usare ora la leva finanziaria del Canada per lottare per la nostra occupazione”. Mentre il premier dell’Ontario Doug Ford ha definito l’annuncio di Stellantis “doloroso” per i lavoratori: “Ho parlato con Stellantis per sottolineare la mia delusione per la loro decisione di dare priorità agli investimenti negli Stati Uniti”, ha sottolineato esortando anche Carney “a difendere i 157.000 lavoratori del settore automobilistico dell’Ontario”.
La lettera della ministra a Filosa: “Inaccettabile”
Una spinta che ha sortito effetti immediati, mentre in Italia da quasi un anno la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro delle Imprese Adolfo Urso ignorano le richieste dei sindacati, nonostante la produzione continui a crollare, gli incentivi vengono ancora distribuiti a pioggia e oltre il 50% dei dipendenti italiani convive con gli ammortizzatori sociali. Senza contare quando, nel dicembre 2023, il presidente della Serbia Aleksandar Vucic annunciò l’assegnazione della Grande Panda al sito di Kragujevac mentre era accanto alla premier, che non disse una parola. La ministra dell’Industria Melanie Joly ha invece subito preso carta e penna e ha inviato una lettera all’ad Filosa nel quale definisce “inaccettabile” lo spostamento dello produzione della Jeep Compass e spiegando che l’azienda sarebbe considerata “inadempiente” in virtù di precedenti accordi legati al sostegno dei governi federale e regionale.
La minaccia legale: “Nuovi modelli o agiremo”
Quindi la richiesta: “Identificate rapidamente nuovi modelli per Brampton”, ha messo nero su bianco Joly chiedendo di garantire un ruolo centrale per la fabbrica e il rispetto dei contratti con i fornitori canadesi. La ministra – secondo la lettera, visionata da Bloomberg – ha anche fatto riferimento a “impegni giuridicamente vincolanti” che Stellantis avrebbe assunto in passato, per lo più legati al sostegno attraverso il Fondo per l’Innovazione Strategica del Canada. “Se Stellantis sceglie di non adempiere ai propri obblighi, agiremo nell’interesse di tutti i canadesi e riterremo l’azienda pienamente responsabile ed eserciteremo tutte le opzioni, compresa quella legale”, ha detto la ministra dell’Industria. Ottawa ha chiesto che il gruppo ”rispetti i suoi obblighi derivanti dai miliardi di dollari di assistenza finanziaria che sono stati concessi negli ultimi decenni”.
Le (solite) rassicurazioni di Stellantis
Nello stabilimento di Brampton si assemblavano la due Dodge (Charger e Challenger) e la Chrysler 300. Poi era arrivata la chiusura nel 2024 per modernizzazione la linea e prepararla all’assemblaggio della Jeep Compass. Già a febbraio, con l’ombra della guerra tariffaria innescata da Trump, il progetto era stato messo in stand-by tenendo con il fiato sospeso i circa 3.000 lavoratori della fabbrica. Ora arriva la definitiva virata verso gli Usa, anche se l’azienda ha assicurato – come continua a fare in Italia – che il Canada “resta un mercato strategico”, intensificherà la produzione nello stabilimento di Windsor – che ha già subito diversi stop temporanei negli scorsi mesi – e ha garantito che su Brampton esistono “ulteriori piani”. Rassicurazioni già ascoltate per i siti italiani. A Meloni e Urso sono bastate, a Carney e Joly no.
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