Stalin a Jalta nel 1945 divise in due l'Europa

  • Postato il 4 febbraio 2025
  • Di Agi.it
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Stalin a Jalta nel 1945 divise in due l'Europa

AGI - Dietro le formule ipocrite adottate nella più importante conferenza dei “grandi” nel Novecento si celava lo spregiudicato progetto politico di Stalin di esportare con la forza il comunismo in metà Europa, obiettivo fallito da Lenin un quarto di secolo prima.

 

A Jalta in Crimea, dal 4 all'11 febbraio 1945, nell'incontro tra i leader delle tre principali nazioni che stavano militarmente sconfiggendo Hitler e il terrore nazista, veniva disegnato in linee generali l'assetto del mondo alla fine della guerra. Il dittatore sovietico, al di là delle dichiarazioni di principio, riuscì abilmente a piantare il cuneo che gli avrebbe consentito di decidere le sorti di nazioni che formalmente sembrava liberare ma sostanzialmente occupava con la forza.

 

Il presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt, forse perché gravemente malato (sarebbe morto due mesi dopo), non ebbe la lucidità di neutralizzare le ciniche trame staliniane; Winston Churchill, che quelle trame invece le aveva ben individuate da tempo, tant'è che era contrario allo sbarco in Normandia, non aveva invece la forza per poterle disfare. Ogni tentativo angloamericano di smagliare la rete sovietica, a Jalta si era peraltro scontrata con il sistematico diniego della delegazione diplomatica del Cremlino su ogni aspetto nodale della discussione. 


L'intesa a Malta per un fronte comune 

Che i due statisti alleati sapessero bene a cosa andavano incontro è confermato dal fatto che avevano avuto un incontro preliminare il 2 febbraio 1945 a La Valletta, capitale di Malta, che era possedimento britannico. A Roosevelt e Churchill non era sfuggito che il luogo del summit era stato fissato di proposito in territorio sovietico, anche per dimostrare la posizione di forza di Stalin dopo l'offensiva generale sul fronte orientale che aveva portato l'Armata Rossa a un centinaio di chilometri da Berlino. La Polonia era di fatto occupata dai sovietici, così come Estonia, Lettonia e Lituania; l'Ungheria stava per cadere. Gli angloamericani erano da poco riusciti a sventare il disperato tentativo di Hitler di rigettarli a mare con la controffensiva della Ardenne che li aveva tenuti impegnati a dicembre e gennaio, e adesso la situazione era tale da spingerli a non accelerare troppo nell'attacco al cuore del Reich. I due statisti, a ogni modo, avevano concordato di fare fronte comune sulle prevedibili richieste di Stalin.   
  
I giochi diplomatici e le diverse visioni del mondo 
  
Il destino di centinaia di milioni di europei e gli equilibri del dopoguerra vennero quindi decisi nei bei palazzi dell'aristocrazia zarista che si affacciavano sul Mar Nero. Churchill e i britannici, forse non a caso, vennero alloggiati lontano dalla delegazione sovietica e da Palazzo Livadija. La diplomazia statunitense era arrivata ben preparata alla trattativa, ma dietro il protocollo permaneva l'inconciliabilità della visione del mondo e delle regole della pace.

 

Roosevelt, utopisticamente, riteneva di poter stabilire a tavolino le condizioni di «cinquanta anni senza conflitti» attraverso un organismo sovranazionale al posto della fallita Società delle nazioni del suo predecessore Woodrow Wilson, e con gli Usa superpotenza al posto dell'Inghilterra. Churchill era probabilmente consapevole che l'impero britannico non sarebbe stato più lo stesso e il ruolo della Gran Bretagna sarebbe uscito assai ridimensionato su scala planetaria.

 

Stalin sapeva di avere l'occasione storica di imporre il sistema comunista sulla punta delle baionette. Mancava il francese Charles De Gaulle, non invitato come si aspettava a pretendeva, che nel dopoguerra avrebbe alimentato la versione spartitoria della Conferenza di Jalta e il sostanziale “via libera” al totalitarismo sovietico. Il cui abbozzo risaliva però alla Conferenza di Mosca del 1944 tra Churchill e Stalin, quando erano state stabilite percentuali di influenza su una serie di Stati europei. Roosevelt aveva recisamente respinto quell'intesa, decidendo con i suoi esperti che tutto sarebbe stato deciso in Crimea, separando Churchill e Stalin e dettando una linea americana che nelle risultanze non fosse né a favore né contro l'Urss con la quale andava trovata comunque una forma di coesistenza. 
  
Le decisioni dei “Tre grandi” sul riassetto postbellico 

Il tentativo di coinvolgere l'Urss in un pluralismo democratico era stato consegnato a una dichiarazione sulla libertà dell'Europa consacrata da successive elezioni in tutti i territori liberati dal nazismo e promuovendo per aprile una conferenza San Francisco per l'istituzione delle Nazioni Unite (Onu).

 

La Germania andava disarmata e smilitarizzata, e occupata militarmente dalle quattro potenze vincitrici in attesa di stabilirne il destino. Stalin fu irremovibile dal pretendere onerose riparazioni di guerra, diversamente da Churchill e Roosevelt. Entro tre mesi dalla resa del Reich l'Urss sarebbe entrata in guerra contro il Giappone supportando così gli americani sul fronte del Pacifico, avendone in contropartita diversi territori che espandevano l'Urss e vendicavano la sconfitta della Russia zarista nel 1905. Ma su mezza Europa la partita l'avrebbe dominata Stalin.

 

Il destino della Polonia tradita e la Cortina di ferro 
  

La seconda guerra mondiale era scoppiata, come riportano i documenti diplomatici, per «garantire l'integrità e l'indipendenza» della Polonia. Regno Unito e Stati Uniti avevano riconosciuto il governo polacco in esilio a Londra e i polacchi avevano dato un contributo troppo spesso taciuto sulle sorti del conflitto. Stalin aveva invece creato il Comitato di Lublino, formato solo da comunisti, da lui riconosciuto legittimo rappresentante della nazione, e aveva perseguitato i combattenti dell'Armia Krajowa fucilandoli, imprigionandoli e deportandoli, mentre a Jalta sbandierava di volere una "Polonia potente, libera e indipendente" amica dell'Urss.

 

Sui suoi confini a Jalta non si raggiunse alcuna intesa, il che significherà di fatto mano libera nello “spostamento” geografico verso occidente della Polonia, alla quale non sarà restituita né l'integrità né l'indipendenza. Stalin si prenderà infatti i territori già annessi nel 1939 col patto Ribbentrop-Molotov di spartizione in combutta con Hitler. Tutto dimenticato. Nella dichiarazione sull'Europa liberata i “Tre grandi” si impegnavano a ricostruirla su basi democratiche passando da comitati di coalizione partitica di unità nazionale e da libere elezioni. Che non ci saranno. Nella trappola di Stalin caddero una dopo l'altra Polonia, Ungheria, Bulgaria, Romania e Cecoslovacchia. I tre Paesi baltici furono direttamente annessi, mezza Germania occupata dall'Armata Rossa che ci rimarrà fino al 1989. E sull'Europa calò la Cortina di ferro. 
  

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Autore
Agi.it

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