Sportello antiviolenza in università, Cambiare Rotta: “Unige apre punto d’ascolto, misura insufficiente”

  • Postato il 26 novembre 2024
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  • Di Genova24
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Generico novembre 2024

Genova. Non si ferma la battaglia di Cambiare Rotta, collettivo studentesco comunista, per l’apertura di uno sportello antiviolenza all’interno dell’Università di Genova. La richiesta è stata avanzata ormai da settimane dopo il caso del professore di Architettura indagato per aver realizzato immagini pornografiche utilizzando l’intelligenza artificiale per sovrapporre il volto di alcune studentesse a corpi nudi e aver diffuso quei fotomontaggi su una chat.

Cambiare Rotta, con il sostegno di un gruppo di docenti e personale di Unige, insieme al Cpo dell’ateneo, ha chiesto un vero e proprio sportello antiviolenza, strutturato e con personale specializzato sia per raccogliere eventuali richieste di aiuto sia per portare avanti progetti di formazione ed educazione all’affettività.

Inizialmente il rettore Federico Delfino non ha voluto dialogare con il collettivo studentesco ma negli ultimi giorni, anche dopo che in consiglio comunale a Genova è stato approvato all’unanimità un ordine del giorno che chiede l’apertura dello sportello, è stata fissata una convocazione. L’incontro si terrà giovedì 28 novembre.

Tuttavia gli studenti di Cambiare Rotta non sono soddisfatti. Criticano l’ateneo sostenendo che tutto c’è che l’ente è intenzionato a fare è la creazione di un punto di ascolto, misura considerata insufficiente. Inoltre vorrebbero che l’incontro del 28 si tenesse in forma aperta, trasparente. Riportiamo integralmente il comunicato di Cambiare Rotta sul tema, che annuncia un nuovo presidio per giovedì mattina alle 10 sotto il rettorato in via Balbi 5.

Nelle ultime settimane studenti, professori, personale amministrativo e tutto il mondo accademico si è unito sotto una rivendicazione comune: far nascere uno sportello antiviolenza a UniGe, uno strumento di tutela minimo ma fondamentale per la componente studentesca, soprattutto dopo i casi di molestie. La mobilitazione delle scorse settimane ha trovato sostegno da tantissime voci e ha trovato supporto e attenzione nella comunità studentesca: così un caso che stava passando nel silenzio ha sollevato un dibattito di livello nazionale. E abbiamo visto così i risultati della nostra lotta: dopo un primo incontro col rettore Delfino, abbiamo ottenuto un secondo incontro che si terrà giovedì 28. Nel frattempo siamo stati invitati a portare la nostra istanza in prefettura a un tavolo di lavoro sulla violenza di genere, fino ad arrivare alla delibera del consiglio comunale che la scorsa settimana ha approvato, una mozione per cui unige si dovrà impegnare a realizzare un centro antiviolenza“.

Se da un lato questa è una gigantesca vittoria, non abbiamo alcuna conferma da parte dell’ università: nonostante ci sia già un progetto pronto e il Comune si sia impegnato a trovare i fondi, parrebbe che Delfino di fretta e furia abbia fatto approvare in Senato Accademico il “punto di ascolto”, misura insufficiente per la grave situazione che viviamo dentro UniGe di cui abbiamo ampiamente parlato. Infatti questo percorso di mobilitazione, se da una parte ci ha dimostrato che solo la lotta paga, dall’altra ha messo alla luce quanto le istituzioni universitarie, rettore in primis, chiudano sistematicamente ogni spazio democratico all’interno dell’università e di partecipazione studentesca. Il progetto di un punto di ascolto è stato proposto, discusso ed approvato in consiglio di amministrazione e in senato accademico, senza essere prima discusso né con gli studenti in mobilitazione né con il comitato pari opportunità, senza rendere pubblico il progetto e quindi portato avanti senza nessuna trasparenza“.

Lo stesso incontro di giovedì, nonostante le nostre innumerevoli sollecitazioni, il rettore ha rifiutato di tenerlo aperto, evitando così di confrontarsi con la comunità studentesca e accademica tutta su una cosa così fondamentale come la necessità di uno strumento contro molestie e ricatti per gli studenti. Dall’altra parte, anche all’interno della delibera comunale non si parla di alcuna condivisione del progetto e di alcuna partecipazione studentesca nel costruirlo. Non possiamo delegare uno strumento e la sua costruzione a chi per anni ha taciuto sui continui abusi che succedono all’interno dei nostri atenei, e per giorni ha rifiutato un confronto anche se eravamo incatenate: non possiamo accettare che di fretta e furia, addirittura senza mettere al corrente gli organi competenti, venga realizzato un progetto simile. Non è sufficiente alla nostra tutela“.

Non solo vogliamo e pretendiamo che il rettore si confronti pubblicamente con la componente studentesca rispetto lo stato dello sportello, ma vogliamo la garanzia di un centro antiviolenza permanente che sia costruito ascoltando le nostre istanze e con la nostra partecipazione, proprio perché sia adeguato alla tutela di noi studenti.Per questo, proprio perché riteniamo fondamentale che sulla nostra pelle non si decida a porte chiuse, giovedì saremo in presidio al rettorato durante l’incontro che ci ha promesso: che venga giù a confrontarsi con la comunità accademica tutta! Ma non solo, ci appelliamo anche alla Giunta comunale che si è, per ora a parole, resa disponibile alla costruzione del Cav, per confrontarsi con noi studenti in presidio: che le belle parole si tramutino effettivamente in fatti, per ottenere e costruire uno strumento che sia effettivamente di tutela, partecipato anche dalla comunità studentesca! Ci vediamo giovedì in presidio alle 10 in rettorato: non vogliamo incontri a porte chiuse, ma che il rettore scenda a confrontarsi con la comunità accademica!“.

Autore
Genova24

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