Spiagge vuote a luglio? Ecco tutti gli aumenti: +36% per i voli nazionali, +11% per i traghetti. Rimini prima per rincari
- Postato il 11 agosto 2025
- Economia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Mentre dal Veneto alla Romagna i balneari lamentano una stagione più che fiacca, i dati definitivi dell’Istat sull’andamento dei prezzi a luglio confermano la tesi delle associazioni dei consumatori: molti italiani potrebbero aver ridotto le ferie all’osso – o aver preferito altre destinazioni – a causa dei forti rincari che hanno colpito sia gli alimentari e i generi di prima necessità sia beni e servizi legati alle vacanze. Da un’elaborazione del Fattoquotidiano.it sugli indici mensili dei prezzi al consumo per l’intera collettività emerge che, come a giugno, gli aumenti più corposi hanno riguardato i voli. Ma subito dietro, a trainare i rialzi del “carrello della spesa“, ci sono prodotti come il caffè, il burro, le pesche. E l’inflazione più elevata, tra tutti i Comuni con più di 100mila abitanti, si è osservata a Rimini, epicentro del calo di affluenza accusato dal comparto. Mentre le associazioni di categoria chiedono alla ministra del Turismo Daniela Santanchè “la convocazione immediata di un tavolo straordinario per capire le cause di questa crisi” – che la ministra peraltro nega – le opposizioni attaccano il governo: dal Pd Marco Furfaro denuncia che “il mare delle vacanze popolari si svuota” per via dei “salari da fame e dei prezzi da capogiro”, mentre il leader M5s Giuseppe Conte parla di “tenaglia letale” costituita da “carovita più stipendi da fame” e Marco Grimaldi (Avs) chiede di legare i salari all’andamento del costo della vita.
I rincari di voli e traghetti
L’indice relativo ai voli nazionali, che a luglio 2024 era a 217,6 prendendo il livello dei prezzi del 2015 come base 100, è volato a 295,7: vale a dire che nel confronto anno su anno le tariffe sono salite in media del 35,9% (contro il +5,5% dei voli europei). I trasporti marittimi sono più cari del 10,9% e i pacchetti vacanza nazionali del 10,3%, contro il +3,8% di quelli internazionali. Per i servizi di alloggio si registra un moderato +1,3%, ma chi ha cercato sistemazione in strutture diversi dagli alberghi ha sborsato il 6% in più. Mentre per mangiare in ristoranti e bar si è speso in media il 3,1% in più. E ha sfiorato il 10% il ritocco dei prezzi delle auto a noleggio.
Gli aumenti dei beni essenziali
Guardando all’insieme dei beni e servizi, i maggiori aumenti anno su anno hanno riguardato però beni di largo consumo. Il caffè è rincarato del 23,4%, il cacao e il cioccolato in polvere del 22,8%. Il burro ha visto un’impennata (+16,9%), come le pesche e nettarine (+13,5%), i pomodori (+12,3%) e il raggruppamento che comprende pompelmi, bergamotto e arancio amaro (+17,9%), confermando come le pressioni sui prezzi non abbiano risparmiato nemmeno gli alimenti più comuni. Sui bilanci delle famiglie pesano anche le utenze domestiche, con l’energia elettrica sul mercato tutelato salita del 20,5%. Uscendo dall’insieme dei beni essenziali, chi può permettersi di investire in gioielli e orologi ha dovuto mettere in conto maggiori spese pari al 15%. Nel grafico sotto, i maggiori aumenti degli ultimi dieci anni.
Dove colpisce di più l’inflazione
A luglio la crescita tendenziale dei prezzi è stata trainata ancora dalle regioni meridionali, che hanno registrato un incremento del +1,9%, superiore al +1,7% del Nord Est e al +1,4% del Nord Ovest. L’analisi dei capoluoghi e dei comuni non capoluogo con popolazione superiore ai 150mila abitanti rivela che l’inflazione più marcata si è manifestata a Rimini (+2,8%), seguita da Padova e Napoli (entrambe al +2,3%) e da Bolzano (+2,2%). Aumenti più moderati si sono invece verificati a Reggio Emilia (+0,8%), Aosta e Campobasso (entrambe al +0,7%).
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