Spagna, Vox e i fondi pubblici dirottati alla fondazione: “Spese opache”. Bufera interna all’estrema destra
- Postato il 31 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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La Fondazione Disenso, braccio ideologico di Vox e diretta dal suo leader Santiago Abascal, è finita nel mirino mediatico e politico dopo la pubblicazione dei bilanci del 2023. Secondo i documenti resi pubblici, l’organizzazione avrebbe destinato oltre 1,2 milioni di euro a “spese per il personale” e più di 1,5 milioni ad “altre spese”, cifre ben superiori a quelle dichiarate da fondazioni legate ad altri partiti come Popolari e PSOE.
La bufera scoppia con un’inchiesta condotta da laSexta, in cui mostrava lo spostamento di capitali e le spese da capogiro del partito di estrema destra. L’ex portavoce di Vox nelle Baleari, Idoia Ribas, ha accusato la direzione nazionale di aver dirottato fondi pubblici del gruppo parlamentare regionale verso la Fondazione Disenso: “Esiste un sistematico trasferimento che finisce per alimentare la cassa di Disenso”, ha denunciato definendo il meccanismo una “truffa piramidale” e accusando la cúpula del partito di voler “accumulare denaro pubblico sotto la copertura della fondazione”. Interpellato dai giornalisti, Abascal non ha negato i numeri. Anzi, ha rivendicato: “Ho trasferito 7 milioni di euro alla fondazione, e se potessi ne trasferirei sessantasette”. Una frase che, invece di spegnere le polemiche, ha acceso il dibattito sull’uso dei fondi pubblici destinati ai partiti e alle loro strutture parallele.
Sul piano legale, la situazione resta grigia. In Spagna, i partiti possono finanziare fondazioni affiliate purché queste svolgano attività coerenti con i loro fini politici o culturali. Ma, come osserva il magistrato Joaquim Bosch, “il problema non è la legalità formale, ma la mancanza di trasparenza e di controlli effettivi su come vengono spesi quei fondi”. Le fondazioni, infatti, non sono sottoposte agli stessi obblighi di rendicontazione dei partiti politici. Inoltre, fonti critiche sostengono che Abascal abbia assunto la carica di “presidente vitalizio” della Fondazione Disenso, condizione che lo renderebbe insostituibile anche se lasciasse la guida di Vox.
Secondo i dati, Disenso avrebbe gestito quasi 11 milioni di euro dalla sua nascita nel 2020: un flusso economico impressionante per un’organizzazione relativamente giovane. Ufficialmente nata per promuovere il “pensiero conservatore iberoamericano” e costruire ponti tra movimenti affini in Spagna e America Latina, la fondazione è diventata il cuore dell’internazionale ultra guidata da Vox, insieme alla rete Foro Madrid, che riunisce partiti di estrema destra latinoamericani.
Ma le critiche non arrivano solo dall’opposizione. L’ex deputata di Vox Macarena Olona, da tempo in rotta con Abascal, ha chiesto maggiore chiarezza: “La trasparenza è una condizione minima per chi pretende di rappresentare la rigenerazione morale della politica spagnola”. Dal canto suo, Vox difende la legittimità delle operazioni finanziarie. In una nota ufficiale, il partito ha denunciato “una campagna di diffamazione orchestrata dai media progressisti”, sostenendo che le spese di Disenso “rispondono a progetti culturali, editoriali e di formazione politica” senza dare ulteriori dettagli.
Ma la tempesta politica è ormai scoppiata anche in Parlamento. Socialisti, Sumar e Podemos hanno chiesto al ministero della Giustizia di aprire un’indagine. Il portavoce socialista Patxi López ha commentato duramente: “È inaccettabile che un partito che si riempie la bocca di patriottismo utilizzi denaro pubblico per alimentare una fondazione privata al servizio del proprio leader. Vox deve spiegare fino all’ultimo euro”. Da Sumar, la ministra Yolanda Díaz ha parlato di “uno scandalo che rivela la vera faccia della destra estrema”, accusando Abascal di “fare il moralista con i soldi degli altri”. Ancora più tagliente la reazione di Podemos: “Vox è la prova vivente che il fascismo, quando tocca il potere, si trasforma in corruzione”, ha dichiarato Ione Belarra chiedendo la “revoca immediata dei fondi pubblici” alle fondazioni legate ai partiti.
Intanto, all’interno di Vox monta il malcontento. I dirigenti territoriali accusano la direzione di un uso “personalistico” delle risorse, e cresce il sospetto che la “macchina del dissenso” sia in realtà un sistema di potere e denaro concentrato attorno al leader. In un contesto di crescente sfiducia verso le élite, il caso Disenso rappresenta un banco di prova per il discorso “anticasta” di Vox. Il partito che ha costruito la propria immagine denunciando la corruzione altrui, ora si trova a dover rispondere delle stesse ombre: opacità, gestione clientelare e distanza tra retorica e realtà. Che le accuse trovino conferma o meno lo diranno le indagini, ma una cosa è certa: la patina di purezza morale di Vox e di Abascal è ormai incrinata. E questa volta, a finire sotto processo, non è “la casta”, ma chi voleva distruggerla.
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